Crescono i crediti dubbi (sofferenze, incagli, ristrutturati e scaduti) delle banche italiane: a fine 2007 erano il 2,7% dei crediti totali, mentre quest’anno sono arrivati al 9,5%, segnando un aumento del 251% dall’inizio della crisi. Il fenomeno, secondo i dati dell’Ufficio studi Mediobanca, è particolarmente marcato negli ultimi mesi: i crediti dubbi erano il 7% del totale a fine 2011, l’8% a metà dell’anno scorso, l’8,6% a fine 2012, il 9,1% tre mesi dopo, fino al 9,5% di fine giugno.
Il trend non sembra quindi fermarsi. E il fenomeno è evidente anche al contrario. I crediti “in bonis”, cioè quelli verso soggetti che non appaiono a rischio insolvenza, stanno segnando una crescita inferiore rispetto a quelli complessivi (+3% medio annuo dal 2005 contro un aumento del totale dei crediti concessi dalla banche alla clientela del 3,7 per cento). Ma l’incremento secondo Mediobanca sta nettamente frenando negli ultimi anni: nel 2011 il credito complessivo erogato è aumentato di soli 4 miliardi (+0,2%) mentre nel 2012 è stato tagliato di 36 miliardi (-1,8%), con le le grandi banche commerciali che mostrano un calo del flusso dei crediti concessi superiore a quello del sistema nel suo complesso.
La ricerca dell’Ufficio studi di Mediobanca individua in Mps un rapporto crediti dubbi/crediti totali del 12,2%, quindi nettamente superiore alla media, per Unicredit (8,1%) e Intesa (7,6%) leggermente inferiore. L’analisi si estende anche alle attività ponderate per il rischio (Rwa) sulle quali si potrebbe concentrare il prossimo esame della Bce: il loro rapporto con il totale degli attivi è per i principali gruppi italiani molto più alto di quasi tutti i concorrenti europei: a fine 2012 era al 46% per Unicredit, al 44% per Intesa e al 42% per Mps. Con il rischio che l’Europa possa richiedere un aumento del capitale complessivo.