Btp, non c’è soltanto l’Italia su cui investire
Le emissioni dei
Btp Italia, come i campionati mondiali di calcio,
stimolano le manifestazioni di patriottismo. Fu così già la prima volta nel marzo del 2012, quando elogi e applausi si sprecarono. Ma chi ha come obiettivo la massima sicurezza, prima di affrettarsi a sottoscrivere la nuova emissione a partire dal 5 novembre, è meglio che rifletta su almeno
tre alternative.
Per cominciare i Buoni Poliennali (ugualmente) del Tesoro indicizzati (Btp-i), che hanno due vantaggi. Primo, la durata non solo quadriennale ma volendo fino al 2041, che offre una protezione sul fronte dei prezzi pure per i lustri futuri. Secondo, il capitale che cresce con l’inflazione, preservando il potere d’acquisto di quanto investito, anche se uno spende gli interessi.
Poi ci sono prestiti analoghi non esposti al rischio-Italia. In particolare quattro tedeschi, con scadenza dal 2016 al 2023, e numerose Oat-ei francesi. Come i Btp-i sono indicizzati ai prezzi dell’Euro-zona, sorvolando su una curiosa emissione dell’ente per la ricostruzione della Germania Est indicizzata a quelli italiani: la Kreditanstalt für Wiederaufbau (KfW) reale 24-11-2015. Per un risparmiatore italiano l’aggancio ai prezzi del Bel Paese è comunque sensato, anche se recentemente l’inflazione italiana si è allineata a quella europea (la crisi morde!) e potrebbe anche scendere sotto di essa.
Ma tale collegamento non è appannaggio dei Btp Italia. Lo incorpora anche una
terza categoria di titoli, poco noti ma preferibili in un’ottica prudenziale. Sono
i buoni fruttiferi postali decennali, indicizzati dall’inflazione italiana. Si sottoscrivono e riscattano senza spese, ma soprattutto senza rischi di prezzo, perché liquidabili qualunque giorno al valore nominale, immuni dalle oscillazioni delle Borse.
Così non capiterà di pagarli 100 e dopo pochi mesi vederli scesi sotto i 93 euro, come avvenne coi primi Btp Italia nel luglio 2012; e nel 2011 anche peggio, con Btp-i di durata simile precipitati a 77 euro.
Né i buoni fruttiferi sono meno sicuri dei titoli del Tesoro, ma semmai di più, grazie alla garanzia aggiuntiva della Cassa Depositi e Prestiti.
Il Fatto Quotidiano, 23 Ottobre 2013
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