Doveva essere il partito “del popolo italiano”, la realizzazione di un “sogno” (l’unione dei “moderati”) che doveva “sconvolgere la vecchia politica”. Di più: “un fatto epocale, un vero cambiamento, quasi una rivoluzione”. E il senso di tutto, la bellezza di questa quasi rivoluzione, stava proprio nel nome: “Sono molto felice di sostituire la parola ‘partito‘ con la parola ‘popolo’: è indicativo del fatto che sono i cittadini, gli elettori, gli italiani che hanno in mano il movimento stesso”. Se di rivoluzione doveva trattarsi, però, si è conclusa con la restaurazione e il ritorno all’antico regime si è fondato proprio sulla bellezza di alcuni nomi e la bruttezza degli altri. E così, per colpa di un nome (Pdl) improvvisamente il sogno è finito in frantumi, il nome scelto dagli stessi elettori “non commuove, non comunica e non emoziona”. Ieri, quando ha ufficialmente soppresso il Pdl (fregandosene di Alfano) e con capacità taumaturgiche ha ridato la vita a Forza Italia, l’ha ripetuto: “Quel nome non emozionava. Non mi piaceva per niente l’indicazione che facevano di noi come ‘pidiellino’ o ‘la pidiellina’ o ‘la Pdl’. E poi non c’era più quell’entusiasmo necessario”. E quindi l’alternativa – dopo tanto cercare – si è materializzata nell’illuminazione di riproporre i santi vecchi.
Che Silvio Berlusconi sia capace di dire tutto e poi con la stessa convinzione sostenere il suo contrario non è notizia. Merita attenzione, tuttavia, il fatto che sia riuscito a cambiare idea più volte anche sul nome dei movimenti che ha fondato e guidato, spiazzando via via sia i suoi elettori sia i dirigenti dei partiti, tutti comunque pronti a seguire i cambi repentini di rotta. Così i partiti presieduti dal Cavaliere sono due e due restano visto che da Forza Italia si è passati al Popolo della Libertà e dal Popolo della Libertà si è di nuovo sgommato in retromarcia sulla DeLorean per ritrovarsi – “più belli di vent’anni fa” – in Forza Italia. Così insieme alla resurrezione del partito dagli scantinati escono di nuovo gli scatoloni con bandiere e gadget che ormai apparivano consegnati al settore vintage.
Il predellino delle libertà
Quanto entusiasmo, invece, 6 anni fa. Tutto nacque – ormai è storia – sul predellino di una Mercedes a piazza San Babila, a Milano. E’ il 18 novembre 2007: il centrodestra è all’opposizione ed è pure in difficoltà perché la sconfitta elettorale dell’anno prima ha trasformato la coalizione in un cortile di comari e questo permette al governo di centrosinistra di restare in piedi nonostante la maggioranza basculante di 13 partiti, molti di questi minuscoli. Allora Berlusconi, che da sempre si lamenta della noia di dover rendere conto a qualche alleato, fa di testa sua: annuncia la fine di Forza Italia fondata 13 anni prima e la nascita del Pdl. “Oggi nasce ufficialmente un nuovo grande partito del popolo delle libertà: il partito del popolo italiano”. La causa scatenante? Cinque ore prima Fabrizio Cicchitto era stato fischiato a un convegno della corrente di An di Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri, che pure già allora erano gli ex missini più vicini al Cavaliere. All’annuncio di B. lo stato maggiore di An si irrigidisce: “Prendiamo atto dell’iniziativa lanciata da Berlusconi – risponde Gianni Alemanno – ma An va avanti per la sua strada”.
Aveva giurato: “Forza Italia è insostituibile”
Una settimana dopo, a fine novembre, Berlusconi spiegherà: “Mi è venuto istintivo di dire che è venuto il momento di consolidare quel progetto del grande partito dei liberali e dei moderati sul quale abbiamo lavorato per due anni”. E effettivamente soltanto tre mesi prima cos’aveva detto? Durante le sue consuete vacanze in Sardegna aveva definito Forza Italia un “baluardo della libertà e della democrazia nel nostro paese”, pertanto “insostituibile” (19 agosto 2007). Il cambio di nome e la nascita di un nuovo partito quel giorno, nel vocabolario berlusconiano, erano andate sotto la voce “sfrenate fantasie“. Certo, nel giro di tre giorni si scoprirà che le “sfrenate fantasie” attribuite alla ricostruzione della Stampa in realtà non erano altro che verità granitiche. Il 20 agosto l’Ansa racconta che Berlusconi intende registrare (da un notaio) nome e logo del “Partito delle libertà” che dovrebbe raggruppare tutte le forze del centrodestra. Il 21 tutto viene confermato dallo stesso ex presidente del Consiglio.
“Sono felice della parola popolo: è una scelta dal basso”
Alleanza Nazionale, Udc e Lega si voltano dall’altra parte: di partiti unici non vogliono sentir parlare nemmeno da lontano. Ma Berlusconi accelera fino all’annuncio dall’alto di uno sportello fabbricato in Germania e, meno di due settimane dopo, alle primarie in fretta e furia per scegliere il nome della nuova forza politica. Ai gazebo si presenteranno – secondo le cifre date allora da Forza Italia – circa 3 milioni di persone, il 63% dei quali sceglieranno definitivamente “Popolo della Libertà”. L’alternativa sarebbe stata “Partito della Libertà”. “Metterò una firma su tutti e due i nomi perché sono belli tutti e due” gigioneggia il Cavaliere. Continua a invitare gli alleati a unirsi alla festa, come hanno già fatto per esempio Alessandra Mussolini con Azione Sociale e Gianfranco Rotondi con la nuova Democrazia Cristiana, e l’entusiasmo lo porta a comunicare con trasporto che perfino il “Partito dei Pensionati ha già dato la sua adesione”. “Sono molto felice – chiosa B. – di sostituire la parola ‘partito’ con la parola ‘popolo’: è indicativo del fatto che sono i cittadini, gli elettori, gli italiani che hanno in mano il movimento stesso. Credo perché la gente ha capito che questa nuova forza che nasce dal basso può sconvolgere la vecchia politica: nulla è più imposto dall’alto dalle segreterie dei partiti, tutto potrà venire deciso dalla gente attraverso questo nuovo strumento di democrazia diretta che è la consultazione popolare e che è il referendum popolare”. Alemanno nel frattempo gli rinnova gli auguri, ma – coerente, duro, arcigno – gli ricorda, giura e spergiura che An non entrerà nel Pdl.
I forzisti entusiasti: “Il popolo delle libertà è il nome più bello”
Ma tutto intorno a Berlusconi si stappano bottiglie di spumante. Il presidente della Regione Veneto Giancarlo Galan non si pronuncia perché non gli piaceva neanche Forza Italia e invece vinsero le elezioni. Il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni è più deciso: “Il popolo delle libertà è il nome più bello. Questo nome rende protagoniste le persone riunite in comunità”. Gianfranco Rotondi è della partita “purché nell’uso corrente ci chiamiamo popolari”. Non avverrà mai, invece, forse perché certe vicende con la cultura popolare europea c’entrano come il cavolo a merenda. Il segretario del Pd Walter Veltroni legge l’archiviazione di Forza Italia come “il riconoscimento di una sconfitta e il riconoscimento che si è conclusa una stagione politica”.
Certo, per arrivare alla fusione ufficiale ne passerà di tempo. Clemente Mastella e Lamberto Dini nel 2008 abbattono Romano Prodi, al Senato l’ex missino Nino Strano si ingozza di mortadella come se fosse in un bordello e il centrosinistra poco più tardi finisce in briciole anche dentro le urne. Il Pdl non ancora nato si presenta alle elezioni del 2008 e “asfalta” – lui sì – il Partito Democratico. Il nome piace talmente tanto che prima che inizi il congresso fondativo del marzo 2009 sul sito di Forza Italia ci si fa prendere dall’entusiasmo. Pure troppo: “Avanti popolo… della Libertà”. Berlusconi in quel congresso quasi si commuove, addirittura rilegge il suo primo discorso del 1994, un classico numero da repertorio che regala uno dei tanti déjà vu.
La difesa d’ufficio: “Il nome Pdl non si tocca”
Berlusconi difenderà per diverso tempo quel nome, Popolo delle Libertà. A un elettore che gli scrive su forzasilvio.it, nella primavera del 2010, risponde che il Pdl è un movimento popolare, fondato dagli elettori. “E’ la stessa gente – afferma – che si è recata nei gazebo in tutte le piazze d’Italia per decidere il nome del nostro movimento e ha scelto invece che il nome Partito della Libertà quello di Popolo della Libertà”. Un nome solo, ribadisce, vuol dire unità.
Pochi mesi dopo: “Ho già in mente il nuovo nome”
Passano pochi mesi e tutte le certezze sono già finite in macerie. A Matrix – a inizio autunno del 2010 – annuncia di aver già in mente il nuovo nome del Popolo della Libertà e al diavolo i 3 milioni di elettori, la scelta “dal basso”, il governo “del popolo del centrodestra” e via andando. Sarà un nome “cortissimo, probabilmente una parola sola”. Già spunta il ragionamento sul nome che non commuove (da capire perché il nome di un partito dovrebbe commuovere): “Da un lato l’acronimo non commuove e non emoziona, Forza Italia era Forza Italia, ma non vogliamo né possiamo tornare indietro perché Forza Italia è alle nostre spalle mentre il Pdl è stato voluto dalla gente più che da noi quindi andremo avanti”. E però “il Pdl non ha mai avuto quell’appeal che aveva invece caratterizzato Forza Italia: un nome e uno slogan d’impatto e di presa immediata che fanno difetto al Popolo della libertà”. Ma no: Forza Italia no, no, no e ancora no. “Ho letto sui giornali articoli che mi attribuivano l’intenzione di ritornare al nome Forza Italia – interviene piccato il 23 dicembre 2010 – Non si va mai indietro”.
“Il Pdl non commuove”
Passano gli anni e nulla cambia. 28 ottobre 2011 ripete la nenia: “Il nome Popolo della libertà è stato scelto dai cittadini nei gazebo del 2008 e contiene due parole bellissime: popolo e libertà. Ma nel parlare diventa un acronimo, Pdl, che non commuove, non comunica e non emoziona. Vi posso però anticipare che il nuovo nome non sarà Forza Silvio”. 16 luglio 2012: “Nell’intervista apparsa sul giornale Bild, l’idea del cambio di nome dal Popolo delle Libertà a Forza Italia è stata equivocata trattandosi, com’è logico ed evidente non già di una decisione assunta, ma solo di un’idea, di una proposta, da discutere e da verificare nelle sedi proprie”. E infatti dopo un anno esatto (11 luglio di quest’anno) conferma: “Il nome Forza Italia emoziona di più del Pdl”.
Il valzer dei déjà vu 4 anni dopo
Si arriva all’annuncio finale: si torna a Forza Italia e per sottolineare la portata di un evento che riporta 19 anni indietro Berlusconi fa un video che a molti, di primo acchito, sembra esattamente quello del 1994 – uguale uguale. Invece è nuovo. Ma non è l’unico déjà vu perché è solo l’inizio di un valzer di frasi già sentite. Galan – non più presidente – non sta nella pelle: “Temi concreti, proposte realizzabili,oltre all’entusiasmo una forte consapevolezza. Forza Italia torna in campo nel migliore dei modi, con un intervento forte, un discorso profondo”. Formigoni – non più presidente – pare meno eccitato, ma ammette: “Il Pdl con il senno di poi è stato un errore. Ma ora il nome c’è, Forza Italia, il leader c’è, Silvio Berlusconi, ma sotto c’è bisogno di costruire tutto”. D’Alema – incredibilmente non più parlamentare – si sostituisce a Veltroni: “Il fatto che Berlusconi annunci la nascita di Forza Italia dovrebbe essere preceduto da un video in cui annuncia il fallimento del Pdl”. Gianni Alemanno – non più sindaco di Roma dopo esserlo diventato grazie al Pdl – giura e spergiura che non ne vuole sapere: “E’ urgente creare un soggetto politico che raccolga l’eredità di Alleanza Nazionale impedendo la scomparsa della destra politica in Italia”.
Ma d’altra parte la chiave di tutto la dà Marcello Dell’Utri. E’ il 21 agosto 2007, Berlusconi per la prima volta ha parlato del nuovo nome da dare al partito (ora diventato vecchio). E il senatore da sempre braccio destro del Cavaliere preconizza: “E’ impossibile far finire Forza Italia, ma Berlusconi può fare tutto, da Forza Italia a Forza Enotria: i voti sono suoi”.