Secondo i legali dei due ex terroristi neri, condannati per l'attentato del 2 agosto 1980, l'avvocatura di Stato ha atteso troppo per la richiesta di un miliardo di danni in sede civile. "E poi quei soldi non li avranno mai"
Valerio Fioravanti e Francesca Mambro non vogliono tirare fuori un solo centesimo per risarcire quanto richiesto dall’avvocatura di Stato per la strage alla stazione di Bologna: oltre un miliardo di euro. Secondo gli avvocati dei due ex terroristi neri ritenuti colpevoli dell’attentato del 2 agosto 1980 i termini sono scaduti. E quei soldi, inoltre, non li hanno e mai li avranno.
Fioravanti e Mambro, condannati per l’attentato che il 2 agosto 1980 ha provocato 85 morti e 200 feriti, tramite i loro legali e con una lunga memoria difensiva, spiegano perché’ si oppongono alla richiesta avanzata dallo Stato nella causa civile. Secondo i calcoli fatti dall’avvocatura di Stato, circa 59 milioni sono dovuti come danno patrimoniale, mentre il grosso della cifra, un miliardo, rientra nel danno non patrimoniale. Su quest’ultima parte si concentrano maggiormente le critiche degli avvocati, perché la valutazione arriva “a seguito di una lunga, ma (a nostro avviso) assai confusa divagazione sugli aspetti della personalità dello Stato che si asserisce essere lesi”. Peraltro lo Stato chiede al giudice di quantificare in maniera più precisa l’entità del danno, vista “la notevole difficoltà di fornire la prova dell’effettiva misura” dello stesso. E come unico supporto della loro richiesta, incalza la difesa, l’avvocatura allega una comunicazione della presidenza del Consiglio dei ministri in cui si legge che “si reputa equa una pretesa creditoria ammontante a un miliardo di euro”.
La difesa si chiede perché l’amministrazione dello Stato “abbia aspettato 18 anni per far valere un diritto economico che si prescrive (al massimo) in dieci”. E “ancora e soprattutto quale sia lo scopo concreto, e prima ancora il senso, che si vuole perseguire con una richiesta risarcitoria di un miliardo e 59 milioni nei confronti di due soggetti da 25 anni nelle mani dello Stato, sia nell’essere che nell’avere”. Nella memoria difensiva si fa presente infatti che Mambro e Fioravanti hanno entrambi un reddito che non supera di molto i 16 mila euro all’anno, e che non posseggono immobili, né hanno depositi di denaro “che consentano una qualsivoglia solvenza”. Quindi, se anche dovessero essere condannati, i due, insieme, “in una vita intera, non riuscirebbero a mettere insieme neanche una millesima parte di quanto preteso”. Senza dimenticare che le pretese dello Stato sono “tardivamente avanzate oltre che, quanto al danno non patrimoniale, genericamente individuate e sommariamente quantificate”. Infatti, visto che Mambro e Fioravanti sono stati condannati con sentenza definitiva della Cassazione il 23 novembre del 1995, la prescrizione di dieci anni per il diritto risarcitorio è scaduta il 23 novembre del 2005. A prescindere infatti dalla gravità del reato, ragionano i legali dei due ex terroristi neri, “gli ipotetici ‘debitori’ non possono soggiacere senza limiti di tempo alla incertezza del se gli ipotetici ‘creditori’ azioneranno mai il diritto”.
“C’e’ un termine – prosegue la memoria – a tale stato di incertezza e indeterminatezza, e il termine, per quanto a noi interessa, è trascorso e decorso senza che alcuna azione sia stata” proposta. Inoltre Fioravanti e Mambro sono “un uomo e una donna liberi, rispettivamente dal 2009 e dal 2012. Perché aspettare che l’intero percorso espiativo penale fosse concluso per (ri)avviare la ruota giudiziale, questa volta civile?”. Nel merito, poi, si legge che riguardo ai danni non patrimoniali, “è onere del danneggiato fornire al giudice di merito i necessari elementi di prova funzionali a dimostrare, sul piano processuale, tanto l’esistenza quanto l’entità delle conseguenze dannose risarcibili”. Ma l’avvocatura di Stato, eccepisce la difesa, “omette non solo di provare, ma anche solo di spiegarci come e in quali termini, in quale modo il ‘diritto all’esistenza dello Stato’ sarebbe stato violato”. Non bisogna dimenticare infatti che la strage alla stazione di Bologna viene indicata dagli storici come “l’ultimo atto terroristico riferibile al cosiddetto periodo stragista“. L’integrità dello Stato risultava già minata da prima, sostiene la difesa, visto che nei dieci anni precedenti alla bomba alla stazione di Bologna “si erano verificati numerosi attentati nei quali rimasero uccise complessivamente 50 persone e ferite 358”.
A Mambro e Fioravanti, insomma, non può essere addossata questa colpa: ecco perché, dicono i loro legali, la richiesta dell’avvocatura di Stato risulta “esorbitante” e “senza alcun supporto probatorio”. Nella parte finale gli avvocati ricordano che i due sono da pochi anni liberi a tutti gli effetti e che non si sono mai sottratti “a quei riflettori puntati su di loro dal 1980. Al contrario, mettendocisi sotto loro stessi con pubblicazioni, interviste, con attività socio-culturali. Senza fini di lucro”. Il tutto “in un percorso di ravvedimento, espiazione, riabilitazione al mondo e alla vita, esemplarmente ineccepibile”. Mambro e Fioravanti, azzardano i legali, “dovrebbero rappresentare proprio quel fiore all’occhiello dell’articolo 27 della Carta costituzionale e del suo fine rieducativo della pena”. Per questo i loro avvocati chiedono che il giudice dichiari prescritto ogni diritto al risarcimento e che rigetti la richiesta dello Stato perché infondata.