A volte ci riempiamo la bocca a sproposito e sgranchiamo il dito indice: ecco, quel programma è un evento. Di eventi o programmi, in questi ultimi mesi, c’è soltanto X-Factor, settima edizione su Sky1. L’evento non lo fa il milione di telespettatori di giovedì scorso, un numero eccezionale per il satellite. L’evento non lo fa nemmeno la pubblicità onnipresente di Enel, a tratti eccessiva se non disgustosa. E l’evento, ancora, non lo fa la presenza col pensiero elementare e senza subordinate di Simona Ventura, visibilmente stanca e perciò quasi invisibile.
L’evento lo fa la gestione del medesimo evento, e Sky non ha sbagliato una mossa. Ha persino investito dei soldi per sbancare Twitter con l’hashtag #xf7: che se lo racconti in Rai, per esempio, pensano che sia una diavoleria Nasa. Dal primo telegiornale dei primi caffè, Sky ha condito l’attesa, spesso con additivi inutili, ma comunque la televisione si è fermata per allevare l’evento, per trascinare il pubblico, per far capire (o convincere) gli italiani-abbonati che stava per accadere qualcosa di irripetibile, sebbene ci siano ancora tante puntate. Addirittura hanno creato un programma di commento al programma-evento: un’evoluzione del dopo-Sanremo che a Canale 5 è diventato il dopo-Morandi.
Spesso non c’è bisogno di inventare chissà quale alchimia inedita per avere successo o per ammaliare il direttore generale, come fa Andrea Vianello a Rai 3, ma è sufficiente saper presentare con attenzione quel che si conserva in frigo, quel che si produce: insomma, quello che mandi in onda. Parlando di eventi, l’unico che un po’ mette a disagio è che su X-Factor siano tutti d’accordo, compreso Aldo Grasso, e questo fa riflettere, non per Aldo Grasso, sia chiaro. Il programma in sé non è cambiato troppo dalla versione di “pubblico servizio” che andava su Rai 2: mentre per viale Mazzini era una spesa ingente e non necessaria, per Sky è esattamente il contrario, cioè una spesa vitale. La scenografia (fantasiosa, pure troppo), gli effetti speciali e la regia mal-di-stomaco-per-mal-di-mare possono sembrare agenti barocchi, ma rendono ancora quella sensazione che la tv satellitare vuole far percepire: oh, ragazzi, qui celebriamo l’evento.
Il quartetto dei giudici ha smarrito Arisa e guadagnato Mika, straordinario, un talento vero. I litigi fra Elio e Morgan, due cantanti che vanno oltre uno spartito, ma sanno rispettare il copione di attaccabrighe, sono l’elemento di attrazione in più. Per ora, la Ventura sembra fuori sincrono. Ma senza decine di giovani cantanti, bravi, X-Factor sarebbe nulla. Anzi, sarebbe Sanremo: dove c’è lo spettacolo e non c’è la canzone. Se X-Factor n. 7 mantiene l’equilibrio tra spettacolo e musica può seppellire per sempre il rituale stanco di Sanremo. Evviva.
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