Stefano Bollani che improvvisa sull’elettronica, Alessandro Baricco che legge Melville sulla drum’n’bass, musicisti internazionali (Enrico Rava, Billy Cobham, Marcus Miller) impegnati in un memorabile remix di Billie Jean di Michael Jackson. A ideare, dirigere, condividere il tutto, lui, il gentleman dei dj: voce suadente, modi gentili, competenza smisurata.

Questo sono stati RaiTunes e il suo inventore-conduttore Alessio Bertallot. Fino a settembre, quando la trasmissione di culto per gli ascoltatori culturalmente e musicalmente più evoluti è scomparsa dai palinsesti di Radio Rai. Ma non dal cuore e nemmeno dalle orecchie degli appassionati che a migliaia continuano a seguirla direttamente dal salotto del dj. Casa Bertallot si chiama infatti la continuazione di RaiTunes con altri mezzi: quelli personali del padrone di casa, appunto, che dai microfoni e mixer piazzati fra un divano e il tavolo di cucina continua a trasmettere musica e a dialogare con i suoi ascoltatori, in diretta ogni lunedì sera dalle 21.30 e un’altra sera alla settimana, random, su facebook (Casa Bertallot) e su Spreaker più, ovviamente, i podcast, sugli stessi siti, in ogni momento.

Ma la vera novità è un’altra: quella di Bertallot si sta configurando come la prima stazione radio indipendente finanziata, oltre che da lui, dal suo pubblico attraverso un nuovo strumento: il fundraising musicale, già ampiamente diffuso all’estero e funzionante, ovviamente, sul web.

In pratica, chi vuole partecipare al progetto si connette alla pagina e sceglie fra le diverse opzioni. Si va dal Minimal pack di dieci euro al Brand pack da 400 con pacchetti intermedi da 25, 35, 50, 100, 250 euro. Ogni pack ha un bonus proporzionale all’entità della spesa: l’invio di un brano inedito con personale ringraziamento del dj, una t-shirt, una felpa, l’invito speciale per due a una diretta radiofonica del programma con chiacchiere e bottiglia di vino, la promozione sul sito di Bertallot del brand del sottoscrittore. Ci sono poi tre opzioni speciali (1.500, 2.500, 5.000 euro) che prevedono un set del dj o addirittura la trasmissione a casa dell’ascoltatore o, ancora, la sponsorizzazione del programma.

È una sorta di rifondazione della musica via radio, quella che propone Bertallot. “L’occasione per non adeguarsi alla tirannia della mediocrità, dove vige la regola di abbassarsi allo standard peggiore possibile con la scusa di dare alla gente quello che la gente vuole” dice “mentre si dovrebbe dare alla gente quello che non sapeva di volere”. Una regola aurea che ha funzionato alla grande, ieri, per programmi televisivi come quelli di Renzo Arbore, oggi per le lezioni di musica di Stefano Bollani (ogni domenica sui Rai3). Ma che non ha mai sfondato per quella che Bertallot chiama, la mediocrazia imperante via etere o via radio.

La somma necessaria per trasmettere Casa Bertallot fino alla fine di marzo è di 17mila euro. Da metà settembre, quando è iniziata la campagna, ne sono stati raccolti, con il musicraising, 6.385, il 37% dell’obiettivo.

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