Ventiquattro ore dopo il sangue non si è ancora seccato. Sta ovunque in questa boscaglia al confine tra Quarto Oggiaro e Novate, periferia nord di Milano. Circa dieci metri oltre rovi, rifiuti, ossa di animali, bottiglie, carcasse d’auto, la chiazza rossa forma un semicerchio. Si confonde tra fango ed erba marcia. Altre macchie evidenti colorano i rami e le foglie. Una canottiera bianca sta buttata vicino a un materasso. Accanto i fogli dell’Istituto di medicina legale, guanti e centimetri per i rilievi della polizia scientifica. Un passo ancora e spunta un caricatore monofilare. Proprio qui, dove ieri pomeriggio, è stato ucciso Emanuele Tatone, balordo di periferia, violento e sbruffone, fratello dei boss che comandano gli affari criminali di Quarto Oggiaro. Ucciso con due colpi alla testa. Trovato supino nella boscaglia. E disarmato. Fuori dai rami, lungo il viottolo che porta agli orti di via Vialba, accanto alla sua auto, sempre ieri, è stato ucciso Paolo Simone. Pregiudicato e tossicodipendente, Simone viveva alla Comasina e da tempo faceva da autista a Tatone. Non stava bene Simone, tanto da dover girare con la bombola dell’ossigeno. I due sono stati uccisi verso le 12 e 30 di ieri. L’allarme viene dato alle 15 da un anziano che portando a spasso il cane ha notato il cadavere di Simone. Solo in un secondo momento, gli agenti hanno scoperto il corpo di Tatone.

UN CARICATORE SUL LUOGO DEL DELITTO
Il giorno dopo, qui, agli orti, da oltre dieci anni luogo prediletto dalla ‘ndrangheta per pianificare sequestri, omicidi e affari, c’è ancora molto da vedere e da analizzare. La scientifica, infatti, ritorna verso le 11 del mattino per recuperare quel caricatore e farlo analizzare. Non si lascia nulla al caso, anche se, va detto, la polizia non ha trovato bossoli sul luogo del delitto. Il caricatore, quindi, può essere vecchio. L’arma utilizzata potrebbe, invece, essere un revolver. Certezze e conferme si avranno mercoledì pomeriggio dopo l’autopsia disposta dal pm Daniela Cento.

NUOVE MACCHIE DI SANGUE
Gli investigatori setacciano l’area. Partono da via Lessona. La strada si apre in un campo. Da qui girano a destra seguendo il viottolo che lo costeggia. Una curva a sinistra immette sul rettilineo che porta alla boscaglia. C’è sangue non individuato ieri. A trovarlo è il proprietario di un orto. “Quello è sangue – dice – sa io sono cacciatore, qui molti sono cacciatori e quello è sangue”. Il signore lo indica agli agenti. Le prime macchie vengono scoperte sulla sella abbandonata di uno scooter, proseguano sul fango segnando un ideale percorso di fuga, oltre un cancello e proprio davanti a una scuola per l’infanzia gestita da un gruppo di suore.

IL TESTIMONE: “HO SENTITO GLI SPARI”
Ci si arriva costeggiando le baracche. L’ultima, prima della strada, è quella del signor Nicola. Capelli radi, giacca-gilet, jeans e scarpe da lavoro, alle 12 e 30 di ieri Nicola era nel suo orto. E’ stato l’unico a udire gli spari. Lo ha riferito alla polizia che lo ha interrogato per ore negli uffici del commissariato di Quarto Oggiaro. “Sì ero qui – racconta – dovevo preparare la castagnata per i ragazzi delle classi”. Di fronte al suo orto, infatti, c’è l’ingresso di una scuola che nel pomeriggio di ieri era aperta e piena di bambini. Il portone è controllato da due telecamere che puntano verso la boscaglia. Un particolare importante sul quale sta lavorando la squadra Mobile. “Gli spari – prosegue Nicola – saranno stati almeno otto, tutti in sequenza, erano le 12 e 30. Stavo ripulendo la stalla del cavallo. Appena ho sentito i colpi, ho pensato a qualche cacciatore”. Peccato, però, che le doppiette, in questa zona, non possano sparare. “Sono uscito e guardando verso la boscaglia ho visto un gruppo di uccelli volare”. L’auto di Simone è oltre gli alberi e Nicola non la vede. Prosegue: “Non ho sentito urlare e nessuno scappare”. Non vede uomini, né auto o scooter fuggire. Sente solo gli spari. Sono passati pochi minuti e il signor Nicola rientra nell’orto come nulla fosse successo. “Poi ho sentito le volanti e sono uscito di nuovo, ho percorso la strada verso la boscaglia, sono stato fermato da un poliziotto”. Sono già passate le tre del pomeriggio.

“SI RISCHIA UNA FAIDA”. LA NUOVA MAPPA CRIMINALE A QUARTO OGGIARO
Da quel momento partono le indagini. Si fanno i rilievi sui cadaveri e si perquisisce l’auto. Vengono catalogati i primi oggetti. I due cellulari delle vittime, ad esempio. Ci si concentra sui telefoni per ricostruire le ultime ore delle vittime. Dove sono state? Con chi hanno parlato? Chiamate, sms e analisi delle celle saranno decisivi per capire un duplice omicidio che pur in assenza di un movente ancora da chiarire viene inquadrato in una lotta di potere tra bande. Anche per questo la squadra Mobile in collaborazione con gli investigatori del commissariato di Quarto Oggiaro sta riprendendo le fila degli assetti criminali del quartiere.

L’ultima operazione che ha fotografato gli equilibri della cocaina risale al 2009. In quel frangente viene arrestato Nicola Tatone, fratello di Emanuele. In carcere finiscono boss, luogotenenti, cavalli e cavallini della droga. Un traffico ingente gestito tra via Pascarella, via Lopez e via Traversi. Due anni dopo, l’operazione Pavone coordinata dal pm Marcello Musso, ritorna a Quarto Oggiaro rispolverando personaggi legati al boss della ‘ndrangheta Biagio Crisafulli. Su tutti, il broker della droga Francesco Castriotta attualmente latitante. Nel giugno 2008 finisce in carcere Mario Carvelli, calabrese di Petilia Policastro. Soprannominato il Poma, Carvelli, scarcerato solo un anno prima, torna in quartiere e riprende il traffico della droga. La sua zona è quella di via Capuana. Arrestato, sarà condannato a 25 anni. Eppure altri membri influenti del suo clan, scarcerati da qualche mese, sono tornati a Quarto Oggiaro. Tra loro anche alcuni ragazzi che all’epoca degli arresti (2008) erano minorenni.

“I TATONE AGIVANO IN CONCORRENZA”
Questo il quadro attuale dopo due anni di vuoto di potere. Al quale va aggiunta la storica alleanza tra Carvelli e Crisafulli. Dall’altra parte c’è, invece, il gruppo storico dei Tatone. In mezzo le parole di un luogotenente di Castriotta che spiegano i cattivi rapporti con i boss casertani: “Sempre G.F, durante il nostro periodo di detenzione nella stessa cella, mi ha parlato dei fratelli Tatone di Quarto Oggiaro, uno dei quali è stato arrestato il 3 agosto 2006. Mi diceva che questi fratelli Tatone, anche loro spacciatori della zona di Quarto Oggiaro, non andavano d’accordo con Castriotta, per quanto riguarda il traffico della cocaina perché i Tatone non si rifornivano da loro e agivano in concorrenza. In pratica litigavano per il controllo della zona (…) . Sui fratelli Tatone aggiungo che non li ho mai conosciuti personalmente ma di loro ne avevo sentito parlare in precedenza, quando ero libero, per esempio da Castriotta che mi diceva proprio che questi Tatone vendevano in concorrenza con loro”

“LA PAGHERANNO”, VOCI DAI BAR DEL CRIMINE
Intanto tra via Lopez e via Pascarella, nei bar-ufficio dei Tatone, c’è un gran via vai. Chi sa o dice di sapere qualcosa sulla morte di Emanuele viene e riferisce. Sono ipotesi, a volte suggestioni, in alcuni casi dritte buone. Il quartiere torna ad agitarsi e non è mai una buona cosa. Accadde lo stesso nell’agosto del 2007, quando fu ucciso Francesco Carvelli, nipote di Mario. Per quell’omicidio fu condannato a 20 anni Leonardo Roberto Casati. Fu lui a sequestrare e uccidere Carvelli in concorso con altri che però non sono mai stati individuati. Alle udienze parteciparono il padre Angelo Carvelli (condannato all’ergastolo per omicidio, soppressione del cadavere e associazione a delinquere) assieme a Mario Carvelli. Nessuno dei due si costituì mai parte civile.

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