Terminato a maggio il nuovo comparto operatorio del Ramazzini di Carpi, in provincia di Modena, chiuso nel 2012 a causa del sisma. E il consigliere comunale Cristian Rostovi denuncia: "Le porte non sono state aperte"
E’ stato inaugurato il 31 maggio 2013 il nuovo comparto operatorio dell’ospedale Ramazzini di Carpi in provincia di Modena, completamente rinnovato e in parte ricostruito dopo che il terremoto dell’anno precedente ne aveva paralizzato buona parte dei servizi. Eppure, “150 giorni dopo quell’inaugurazione – denuncia Cristian Rostovi, consigliere comunale di Carpi in quota Pdl – le porte sono ancora chiuse e i letti ancora vuoti”. Le quattro sale operatorie, recentemente ultimate, dotate di attrezzature tecnologiche nuove, “non sono ad oggi pronte per l’uso” e i medici “sono costretti a intervenire nel vecchio comparto operatorio”, nonostante l’intervento complessivo, tra patrimonio immobiliare e tecnologie sanitarie, sia costato 3,1 milioni. Ma, assicurano dal Ramazzini, l’inaugurazione “in pompa magna” alla presenza del commissario straordinario alla ricostruzione Vasco Errani, non è stata una “strumentalizzazione”.
Sopravvissuto alla scossa del 20 maggio, a chiudere le porte dell’ospedale da 250 posti letto fu il terremoto del 29 maggio 2012, che costrinse all’evacuazione dei pazienti e allo stop forzato della struttura, che nei mesi successivi riuscì a ripristinare esclusivamente il pronto soccorso, la radiologia tradizionale, la diagnostica ecografica e le funzioni specialistiche correlate. I lavori per ricostruire ciò che le scosse avevano distrutto, tuttavia, iniziarono subito: nel settembre dello stesso anno, per la precisione, poiché i fondi necessari vennero messi a disposizione con “solidarietà, trasparenza” e soprattutto “tempestività”.
Sia grazie alla “generosità” di chi aveva partecipato al concerto bolognese, 36573 spettatori, che riuscì a raccogliere 1.194.216,03 euro, a cui si sommano gli altri 1.918.975 euro ricavati attraverso gli sms solidali inviati dal pubblico durante la serata, suddivisi tra il Ramazzini e l’ospedale di Mirandola. Sia grazie ai fondi donati all’ospedale dalla Fondazione Cassa di risparmio di Carpi: 2 milioni e 226 mila euro per acquisire la dotazione tecnologica delle nuove sale operatorie, per l’adeguamento del pronto soccorso e per il ripristino dei reparti danneggiati.
Tuttavia, nonostante i fondi fossero stati messi a disposizione “sin da subito”, spiega Antonio Platis, capogruppo del Pdl di Mirandola e membro della commissione dell’unione comuni modenesi area nord, la “struttura innovativa che garantisce il massimo livello assistenziale ai pazienti e i migliori strumenti diagnostici e terapeutici agli operatori”, per dirla con le parole dell’Ausl di Modena, “è ancora chiusa”. “Tagliato il nastro è calato il sipario sulle nuove sale operatorie del Ramazzini” e cinque mesi dopo la cerimonia d’inaugurazione del nuovo blocco sanitario, “un servizio necessario per tutta l’area nord della provincia di Modena, quanti interventi chirurgici si sono effettuati a Carpi? – si domanda Platis – la risposta è tragicomica: zero”.
“Non è possibile – accusano i consiglieri – strumentalizzare a fini propagandistici la sanità e un territorio che ha subito un sisma così violento: per far crede che in Emilia tutto si sia ripreso si fingono inaugurazioni e tagli del nastro, ma la realtà è ben diversa. Nessuna attività operatoria, infatti, è stata svolta in queste sale, in quanto non sono ancora pronte per l’uso. E i medici di Carpi e Mirandola sono costretti ad operare nel vecchio comparto operatorio”. E chiusa è anche quell’area che doveva essere “il nuovo punto di forza del Ramazzini”, la recovery room, direttamente collegata alla Rianimazione, a cui è stato destinato un open space attrezzato con cinque posti letto, fornito di tutti gli strumenti idonei per seguire e monitorare costantemente la ripresa delle funzioni vitali e il recupero dei pazienti operati. “Anche in questo caso – conferma il Pdl – i letti sono vuoti”.
A spiegare la natura del problema che tiene ancora chiuse le porte del nuovo polo del Ramazzini è la direzione sanitaria stessa. “Purtroppo il ritardo è dovuto al fatto che una delle ditte impegnate nella realizzazione delle sale operatorie non ci ha fornito i documenti relativi al collaudo, e senza questi non possiamo autorizzare l’apertura delle sale”. E non si sa nemmeno quanto a lungo andrà avanti il “braccio di ferro” tra il Ramazzini e la ditta in questione: “speriamo si risolva tutto in tempi brevi –spiega l’ospedale – ma la verità è che non sappiamo ancora quanto tempo ci vorrà per mettere in funzione il nuovo comparto”.