Economia

Alitalia in bilico, i francesi non investono più. Crediti bancari a rischio

Air France fa melina sulla ricapitalizzazione della compagnia in attesa di una nuova crisi prevista al massimo per la prossima primavera. Istituti di credito in allarme

Se per Intesa Sanpaolo, azionista e creditore di Alitalia, il partner industriale della compagnia italiana “deve essere Air France-Klm”, per i vertici franco-olandesi, invece, è meglio che il vettore romano si organizzi diversamente. Almeno per l’imminente aumento di capitale. Proprio mentre Carlo Messina, ad di Banca Intesa, sostiene la strategicità delle relazioni con Air France-Klm, il quotidiano economico francese La Tribune conferma che la compagnia d’Oltralpe non “intende partecipare alla ricapitalizzazione” senza un serio piano di ristrutturazione con tanto di tagli al personale, ridimensionamento della flotta e del ruolo degli scali. E soprattutto senza “l’annullamento del debito” da 1,2 miliardi accumulato dopo il salvataggio del 2008 orchestrato dall’ex premier Silvio Berlusconi e dall’allora banchiere Corrado Passera, che mise insieme la cordata dei “patrioti” di Cai, la holding di controllo di Alitalia.

Tuttavia le richieste francesi difficilmente potranno essere accettate perché, oltre a pesanti ricadute occupazionali, comporterebbero nella migliore ipotesi notevoli perdite per le banche e nella peggiore un nuovo salato conto per i cittadini che già hanno sborsato circa 4,5 miliardi in occasione del piano Passera di cinque anni fa. “I progetti di Air France-Klm sono ancora una volta in contraddizione con gli interessi del governo italiano – spiega il giornale francese – o degli ambienti finanziari della Penisola o di certi gruppi industriali che domandano lo sviluppo di una rete a lungo raggio per Alitalia contrariamente a quanto voluto dal gruppo franco-olandese che predilige piuttosto lo status quo”. Il riferimento, neanche troppo velato, è appunto ai debiti bancari e alle prospettive di sviluppo di Fiumicino che fa capo ad Aeroporti di Roma, controllata dalla famiglia Benetton, socia anche di Alitalia. Per lo scalo della capitale sono ad oggi previsti dodici miliardi di investimenti di ampliamento che andrebbero rivisti al ribasso nell’ottica di un vettore nazionale solo su scala locale. Quanto ai debiti “ci sono poche chance che le banche accettino di rinunciare a una grande parte dei propri crediti non ipotecari – prosegue La Tribune – tanto più che si tratta delle stesse banche (Intesa e Unicredit) che devono partecipare all’aumento di capitale e garantire in teoria, linee di credito supplementari per altri 200 milioni di euro”.

Salvo colpi di scena, quindi, Air France-Klm, che ha il 25% del capitale della compagnia italiana, “passerà la mano” esattamente come in una “partita a poker attendendo il prossimo giro”. Quello in cui si prevede che  Alitalia si trovi di nuovo in difficoltà finanziarie, cioè “tra febbraio e marzo, al massimo in primavera”. Nulla di ufficiale naturalmente, ma ciò che filtra dalla stampa francese è un progressivo deteriorarsi della situazione in vista della scadenza del 14 novembre, data entro la quale i soci della compagnia aerea dovranno comunicare in via definitiva le proprie intenzioni sull’aumento di capitale da 300 milioni. E, a biglie ferme, Air France-Klm, le cui mosse sono nel mirino anche dei bellicosi sindacati francesi, si diluirà almeno al 10% del capitale della compagnia “perchè nel perimetro attuale, Alitalia non è fattibile”. E considerato che, secondo quanto aggiunge la testata, “le linee di credito supplementari da 200 milioni non sono finora assicurate” e non tutti i soci aderiranno all’aumento da 300 milioni, la nuova crisi è dietro l’angolo. Tanto più che le banche non sono intenzionate a fare più dello stretto dovuto: “Unicredit garantirà l’inoptato nell’aumento di capitale di Alitalia – ha spiegato l’ad, Federico Ghizzoni – ma puntiamo a creare le condizioni perché i soci lo sottoscrivano e abbia successo. Il nostro obiettivo è uscire dall’azionariato”.

La partita Alitalia, insomma, appare tutt’altro che conclusa. Tanto più che Bruxelles, su richiesta della British Airways, sta valutando se l’ingresso di Poste nel capitale Alitalia possa qualificarsi come aiuto di Stato. Se l’Unione dovesse pronunciarsi contro l’operazione, allora il salvataggio faticosamente costruito dal governo di Enrico Letta, salterebbe. In attesa che Bruxelles decida, il gruppo di Massimo Sarmi va avanti come da copione con il consiglio di amministrazione del 31 ottobre chiamato ad effettuare la modifica dello Statuto inserendo il trasporto passeggeri nel proprio oggetto sociale. Una mossa che, nelle idee del manager, renderebbe  più realistica agli occhi dell’Unione l’ipotesi delle sinergie industriali possibili fra la futura partecipata Alitalia e la controllata, cronicamente in perdita, Mistral Air.