“Le opinioni secondo cui il sistema bancario italiano avrebbe oggi forti necessità di ricapitalizzazione non sono fondate”. Ora la pensa così il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, che ha parlato dal palco della Giornata Mondiale del Risparmio. Poco più di un mese fa, però, era lui a parlare insistentemente di necessità di “aumentare il grado di capitalizzazione a fronte di una concentrazione di rischi eccessivi”. Da allora sono stati pochi i cambiamenti strutturali, ma non le novità, come quelle contenute nella legge di Stabilità che benficiano a vario titolo gli istituti del Paese. E delle quali si è ricordato lo stesso Visco secondo il quale le misure ”che prevedono una riduzione dell’orizzonte temporale sui cui sono deducibili svalutazioni e perdite su crediti, rimuovono parzialmente uno svantaggio fiscale che penalizza da tempo le banche italiane rispetto ai concorrenti esteri”.
Nessun accenno, invece, alla rivalutazione delle quote in Bankitalia che porteranno notevoli guadagni in cassa a molti istituti. Ne sa qualcosa il presidente di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli, che a proposito dell’esame della Bce sulla qualità dei bilanci delle banche dell’Eurozona si è detto “fiducioso. Anche le autorità hanno riconosciuto che questo tema si può affrontare con fiducia”. Fa meno giri di parole il suo azionista Giuseppe Guzzetti che presiede la Fondazione Cariplo olre all’Acri e secondo il quale la rivalutazione delle quote della Banca d’Italia allo studio del governo porterà anche “un contributo di maggiore serenità in merito al rispetto dei parametri (di capitale ndr) di Basilea3 e dunque alla possibilità di aumentare le quote di credito alle imprese”, oltre a “vantaggi alla finanza pubblica”.
Eppure per lo stesso Guzzetti l’intervento delle fondazioni nelle operazioni di rafforzamento di capitale delle banche ha “evitato che per rafforzare i patrimoni delle banche entrasse in campo lo Stato”, come ha dichiarato evitando ogni riferimento al Monte dei Paschi di Siena. “Non si è trattato di mantenere posizioni di potere nelle banche, ma di accollarsi un impegno gravoso nell’interesse della collettività”, ha poi aggiunto affermando che non è vero che “sono di ostacolo alla patrimonializzazione” per non perdere il controllo.
Al coro si è aggiunto anche il ministro del Tesoro, Fabrizio Saccomanni che in queste ore sta gestendo proprio il dossier Bankitalia. ”Le banche italiane non avranno bisogno di ricorrere a nessuno dei meccanismi di risoluzione di cui tanto si parla” stabiliti dalla Ue e che prevedono un intervento pubblico e possibili perdite ai creditori privati in caso di crisi, ha sottolineato.
Del resto prima di lui era stato lo stesso Visco a dire che i cinque maggiori gruppi bancari italiani hanno raggiunto un capitale in linea con la media delle principali banche europee dopo un “rilevante rafforzamento patrimoniale”. Le banche italiane, ha rivendicato ancora il numero uno di Via Nazionale, “hanno retto alla crisi finanziaria mondiale, a una doppia recessione, alle tensioni sui debiti sovrani”. Il rafforzamento patrimoniale conseguito nel corso degli ultimi, “difficili” anni “è stato rilevante”. E, “a differenza che in altri Paesi, è stato realizzato pressochè per intero senza ricorrere a fondi pubblici. Per il complesso del sistema, tra la fine del 2007 e il giugno di quest’anno il patrimonio di migliore qualità (core tier 1) è aumentato di 39 miliardi, a quasi 180. Il coefficiente di solvibilità (core tier 1 ratio) è quindi cresciuto dal 7,1 al 10,9 per cento; per i cinque maggiori gruppi ha raggiunto l’11,2 per cento, “un valore in linea con quello osservato in media per le principali banche europee”.
Lascia ancora a desiderare, invece, la copertura dei crediti difficili. Le banche italiane, ha dovuto riconoscere Visco, hanno un tasso di copertura dei crediti deteriorati leggermente inferiore alla media europea, con un 39% (41% per i primi cinque gruppi) contro il 43% delle maggiori banche europee. Tuttavia in altri Paesi europei “i criteri di classificazione dei prestiti deteriorati sono meno rigorosi di quelli adottati in Italia”. In ogni caso secondo il conteggio di Visco le sofferenze bancarie in Italia, al netto delle rettifiche di valore già contabilizzate, hanno raggiunto quota 75 miliardi di euro. Somma che sarebbe “ampiamente coperta per il complesso del sistema, da garanzie reali e personali”. Le altre partite deteriorate nette (incagli, ristrutturati e scaduti) che presentano “tassi di perdita attesi significativamente più bassi delle sofferenze ammontano a circa 110 miliardi di euro”.
“Nel breve termine il recupero di redditività esige interventi decisi sui costi, inclusi quelli del lavoro che rappresentano oltre la metà di quelli complessivi”, ha però aggiunto Visco secondo il quale nello sforzo in corso per una riduzione dei costi delle banche “non potrà non essere parte qualificante una revisione, decisa, delle remunerazioni dell’alta dirigenza“. Quindi “agli eventuali fabbisogni di capitale si dovrà far fronte innanzitutto attingendo alle risorse degli intermediari, evitando di distribuire dividendi, cedendo attività non strategiche, contenendo i costi”. Le banche devono infatti “proseguire gli sforzi volti a riconquistare il pieno accesso ai mercati internazionali. Il ricorso massiccio alla liquidità della banca centrale non può costituire una modalità permanente di finanziamento”. Serve poi una maggiore collaborazione tra banche e imprese. In particolare, evidenzia il Governatore di Bankitalia le imprese “hanno una leva finanziaria elevata nel confronto internazionale” e “l’attuale congiuntura deve spingere banche e imprese a superare questa situazione”.
Due parole, infine, sul tema del giorno, il risparmio. “L’allocazione efficiente del risparmio è condizione necessaria affinchè la nostra economia possa collocarsi stabilmente su un sentiero di crescita equilibrata”, ha detto Visco sottolineando che questo “richiede un sistema finanziario vitale, in grado di sostenere l’iniziativa imprenditoriale e l’innovazione, di alimentare un circolo virtuoso tra crescita economica e risparmio”. “L’azione di vigilanza della Banca d’Italia, che condunciamo nel pieno rispetto delle responsabilità e dei poteri che l’ordinamento ci riconosce, è tesa a difendere -ha poi evidenziato il governatore – il risparmio dei depositanti e degli investitori, a garantire che il suo impeigo non sia distorto da strutture societarie inadeguate, da malintesi con il territorio di riferimento. Ma le regole e i controlli non sono sostituti di comportamenti delle aziende ispirati a principi di correttezza e di trasparenza; questi vanno anche assicurati con un’organizzazione interna adeguata”.
“I primi e incerti segnali di ripresa devono indurre a rafforzare tutte le azioni di sostegno all’economia, in uno sforzo generale al quale non può mancare l’apporto del sistema bancario e finanziario” a partire “da un adeguato sostegno dei finanziamenti alle imprese”, in particolare alle piccole e medie imprese, lo ha rieccheggiato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
A chiosare il tutto, poi, ci ha pensato il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli. “E’ ora di dire basta alla ingenerosa e preconcetta demonizzazione che cerca di scaricare ingiustamente sulle banche italiane responsabilità per una crisi economica che viene anche geograficamente da lontano e che insieme è affrontata tutti i giorni da imprese, banche e famiglie”, ha detto il successore di Giuseppe Mussari. “Le banche italiane hanno rafforzato i propri capitali ricorrendo agli azionisti, razionalizzando le partecipazioni di ogni genere, rivedendo i centri di spesa”, ha ggiunto. E “sono quasi le uniche a non aver ricevuto nemmeno un euro a fondo perduto da qualsiasi autorità pubblica, mentre sopportano gravosi carichi fiscali e numerosi vincoli legali ed amministrativi persino sui prezzi”.