“Non chiuderò stabilimenti per favorire il dominio dei produttori tedeschi“. Ha risposto così Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat, a chi gli chiedeva un commento sulla sovra capacità produttiva in Europa, dicendosi pronto a “investire soldi sul segmento premium dove ci sono certezze, non voglio ripetere l’errore del passato e perdere soldi”. Il numero uno del Lingotto, durante la conference call che ha seguito la pubblicazione degli utili del terzo trimestre, ha aggiunto di non vedere “motivi per essere ottimista” sul mercato europeo, ricordando che nel 2012 quattro costruttori europei, tra cui Fiat, “hanno perso 8 miliardi di dollari”.

Il bilancio dell’ultimo trimestre è stato una doppia sorpresa negativa per Marchionne. La prima sono i conti del gruppo Fiat per il terzo trimestre, che hanno fatto scattare la fuga degli investitori a Piazza Affari a causa degli utili al di sotto delle attese e della revisione al ribasso degli obiettivi per il 2013. La seconda è che Chrysler ha invece portato a casa risultati positivi nel periodo considerato. Un traguardo che, in base agli accordi del 2009, rischia di fare aumentare il prezzo che l’amministratore delegato del Lingotto dovrà pagare per comprare la quota dell’azienda di Detroit in mano al fondo sindacale americano Veba.

Il gruppo Fiat ha realizzato nel terzo trimestre 2013 un utile netto di 189 milioni di euro, in deciso calo dai 265 milioni stimati dagli analisti e dai 286 milioni dello stesso periodo 2012 (poi scesi a 171 milioni in seguito a una revisione del principio contabile). A fare crollare il titolo in Borsa, sospeso dopo avere perso oltre il 5,6%, è stato anche l’aggiornamento al ribasso degli obiettivi per il 2013. Era stato lo stesso Marchionne ad annunciare che “eventuali novità sui target” sarebbero arrivate con la terza trimestrale. E così è stato. I ricavi sono stati rivisti a 88 miliardi (da un intervallo tra 88 e 92 miliardi), l’utile netto a 0,9-1,2 miliardi (era tra 1,2 e 1,5 miliardi), l’utile della gestione ordinaria a 3,5-3,8 miliardi (era tra 4 e 4,5 miliardi) e l’indebitamento netto industriale a 7-7,5 miliardi (da circa 7 miliardi).

A pesare è stato poi il calo dell’utile della gestione ordinaria nel terzo trimestre, a 816 milioni, in flessione rispetto ai 915 milioni attesi dagli analisti e ai 901 milioni del terzo trimestre 2012 (rideterminato a seguito alla revisione del principio contabile). Cala anche la liquidità disponibile del gruppo, a 20,1 miliardi, in diminuzione di 0,8 miliardi di euro rispetto alla fine del secondo trimestre. Mentre l’indebitamento netto sale a 11,4 miliardi dai 9,4 miliardi dello stesso periodo dell’anno scorso.

Sorprende, invece, la trimestrale pubblicata da Chrysler. L’azienda americana ha chiuso il terzo trimestre 2013 con un utile netto di 464 milioni di dollari, in aumento del 22% rispetto allo stesso periodo del 2012. E con una quota di mercato scesa leggermente all’11,2% dall’11,3% dell’anno scorso. Confermati, invece, i target per il 2013: ricavi per 72-75 miliardi di dollari e utile netto tra 1,7 e 2,2 miliardi, con 2,6 milioni di consegne di veicoli nel mondo. Chrysler ha dovuto affrontare diverse difficoltà negli ultimi mesi, dai problemi al cambio del nuovo Cherokee che hanno lasciato sui piazzali 20mila auto al braccio di ferro sempre più serrato con il Veba, che detiene il 41,5% delle azioni del gruppo americano.

A tal proposito Marchionne ha avvertito durante la conference call che “non cederò nulla, non penso sia necessario farlo”, rispondendo a un analista che chiedeva se sarà necessario cedere asset per pagare la quota di Veba.

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