Clima teso nella sede in viale Aldo Moro in attesa del momento in cui i capigruppo dei nove partiti eletti, tutti indagati nell'ambito dell'inchiesta sulle spese dei gruppi consiliari della procura di Bologna saranno ascoltati
Nervosismo, sguardi bassi e poca voglia di rispondere alle domande. In viale Aldo Moro, sede della Regione Emilia Romagna, ormai si attende il momento in cui i capigruppo dei nove partiti eletti, tutti indagati nell’ambito dell’inchiesta sulle spese dei gruppi consiliari della procura di Bologna saranno ascoltati, così che si chiariscano le singole responsabilità. Perché se c’è chi avrà di che rispondere al procuratore Roberto Alfonso, come il capogruppo del Partito Democratico Marco Monari, recentemente al centro delle polemiche per essersi fatto rimborsare dalla Regione, non solo i 30.000 euro spesi in cene in appena 19 mesi, ma anche la partecipazione a serate di beneficenza organizzate dall’Ant, o come Luigi Giuseppe Villani, ex presidente del Popolo della libertà in consiglio, decaduto per le inchieste sulla giunta Vignali a Parma, che ha speso 43 mila euro per pranzi e cene e si è fatto pagare un gioiello Tiffany, c’è anche chi si sente “tranquillo”. E “fiducioso” aspetta che si facciano i nomi e i cognomi di chi ha trasgredito per prendere le distanze.
Gian Guido Naldi, capogruppo di Sinistra, Ecologia e Libertà, è convinto di non avere nulla da nascondere, o da giustificare, se non “qualche pranzo di lavoro, ma in una dimensione molto contenuta” o “una corona di fiori comprata per il funerale di una personalità, un’istituzione molto importante”. “Sono contento di essere sentito e di poter dire come sono andate le cose – dichiara infatti Naldi che, parlando con la stampa, ha paragonato la situazione dei capigruppo alla persecuzione subita dagli ebrei – ormai siamo trattati, non dalla magistratura, ma dagli organi di informazione come se fossimo tutti colpevoli. Ma io non mi sento colpevole“. Tra gli indagati anche il capogruppo del Movimento 5 Stelle che però, alle domande del fattoqutidiano.it, risponde chiedendo più trasparenza. “Da tempo”, ha dichiarato Andrea Defranceschi, “chiedo più trasparenza nella pubblicazione di bilanci e rendiconti perché se so che devo pubblicare la ricevuta di un ristorante che è costato 70 euro a testa ci sto più attento”.
Passeggiando tra gli uffici della Regione travolta dagli scandali, a saltare all’occhio sono i corridoi deserti e le porte che si chiudono in fretta. La litania che si ripete in viale Aldo Moro ad ogni notizia che trapela in seguito alle indagini sulle 39.000 voci di spesa al vaglio degli inquirenti – si va dalle cene ai mazzi di fiori, dalle consulenze multiple all’asciugacapelli, al divano letto, alle bottiglie di vino da oltre 100 euro l’una, alle penne di lusso, alle caramelle, ai gioielli di Tiffany- è quella del “no comment”. E tutt’al più, chi lo fa, come la FdS Monica Donini, parla delle indagini: ci si impegna a “collaborare” con la magistratura o si professa “fiducia” nel lavoro “scrupoloso” degli investigatori.
“Non ho nulla da dire”, è il commento frettoloso del leghista Mauro Manfredini, pronunciato poco prima di chiudersi alle spalle la porta della scala antincendio. “Parlerò più tardi” rimanda Monari, la cui lista di “spese pazze” si è sensibilmente allungata dopo la notizia relativa ai rimborsi richiesti per aver partecipato a cene di beneficenza dell’Ant, l’associazione che offre assistenza ai malati di tumore. Oltre a quelle organizzate, anche più volte la stessa sera, a distanza di poche ore, in ristoranti del calibro di Rodrigo, a Bologna, il San Domenico a Imola, L’Ostrica o La Rosetta a Roma, con conti da 300 o da 600 euro pagati dalla Regione, cioè con i soldi pubblici.
Il momento per i responsabili dei gruppi Pdl (Luigi Giuseppe Villani), Pd (Marco Monari), Lega nord (Mauro Manfredini), Idv (Liana Barbati), M5S (Andrea Defranceschi), Udc (Silvia Noé), Gruppo Misto (Matteo Riva), Fds (Roberto Sconciaforni) e Sel-Verdi (Gianguido Naldi), di rendere conto di quelle spese alle pm Antonella Scandellari e Morena Plazzi, che nel 2012 hanno avviato l’indagine con la supervisione del procuratore Roberto Alfonso e Valter Giovannini, e delega alla Gdf, potrebbe arrivare presto. Almeno stando alle parole del procuratore Alfonso, che ha dichiarato di non poter indicare date precise, ma “dobbiamo chiudere al più presto questa parte di indagine“. Anche perché resta sempre la legislatura 2005 – 2012 da analizzare, i cui documenti sono stati sequestrati dalla guardia di finanza per poi essere momentaneamente accantonati causa mancanza di risorse a disposizione della procura.
Entro poche settimane, comunque, la Finanza dovrebbe aver ultimato di conteggiare e verificare le carte acquisite durante l’ultimo blitz in Regione, e a quel punto arriveranno gli inviti a comparire, cioè le convocazioni per gli interrogatori. Nel frattempo c’è chi ha colto l’occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Come L’ex sindaco di Bologna Flavio Delbono, che a Repubblica ha ricordato: “Mi hanno trattato come Al Capone” ma “io per meno mi sono dimesso, senza aspettare il rinvio a giudizio”.