Nonostante i proclami i soldi messi a disposizione dagli ultimi tre governi non sono mai arrivati nelle tasche degli aspiranti mutuatari. E ora andrà peggio
Lasciate ogni speranza, o voi giovani che cercate di comprare casa. Per gli italiani under 35 alle prese con la realizzazione del sogno di una vita, l’investimento nel mattone grazie all’accensione di un mutuo resta un sogno proibito. Diverse le cause che, tra l’altro, si avvitano l’una con l’altra: la crisi, il credit crunch e l’immancabile sfiducia del sistema bancario nel concedere soldi ai “non bancabili”. Coloro, cioè, che non hanno sufficienti garanzie di rimborso delle rate e potrebbero restare senza lavoro. Tanto che varcare le soglie di un istituto di credito senza garanzie reddituali e patrimoniali, equivale all’impossibilità di ottenere un prestito.
Eppure i governi italiani, dall’ultimo di Berlusconi a quello di Letta passando per Monti, hanno cercato di mettere una pezza a questo annoso blocco del credito, stanziando fondi per giovani e precari. Soldi che, tuttavia, non sono mai arrivati nelle tasche degli aspiranti giovani mutuatari. Tutto inizia nel febbraio 2011, quando l’ex ministro alla Gioventù, Giorgia Meloni, presenta in una pomposa conferenza stampa congiunta con l’allora presidente dell’Associazione bancaria italiana, Giuseppe Mussari, un’iniziativa per l’accesso al credito per l’acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o dei single con figli minori che hanno un contratto a tempo determinato.
Lo Stato, in pratica, garantisce con un fondo di 50 milioni di euro l’accesso al loro mutuo. Ma, dopo due anni, questo finanziamento risulta erogato a 96 coppie. Tanto che, comunica la Consap (società del Tesoro che gestisce il fondo) al Sole 24 Ore, dei 50 milioni ad aprile 2013 ne risultava impegnato appena uno. Il motivo? Lo ha spiegato la stessa Meloni a Report in una puntata andata in onda pochi giorni fa: “Quando i ragazzi si presentano agli sportelli, le banche rispondono che questo fondo non esiste”. È, infatti, prassi comune che gli addetti allo sportello pubblicizzino i loro mutui senza agevolazioni chiedendo, invece, garanzie su garanzie.
Quanti vantano, allora, i requisiti per accedervi? Decisamente pochi, visti i paletti imposti. Il finanziamento può essere richiesto solo dagli under 35 sposati (il requisito dell’età deve essere soddisfatto da entrambi i richiedenti) con reddito Isee (l’indicatore della situazione economica equivalente) non superiore a 35mila euro e almeno il 50% del reddito complessivo derivante da un contratto di lavoro atipico. Mentre il mutuo massimo previsto è di 200mila euro.
Così lo scorso giugno, per dare un po’ di ossigeno allo stagnante mattone, il premier Enrico Letta non solo rifinanzia il fondo per i mutui dedicati ai giovani con un plafond di 60 milioni di euro, ma soprattutto decide di allentare i requisiti di accesso un po’ troppo restrittivi. Il Piano Casa – approvato poi dal governo a settembre – eleva, infatti, a 40mila euro il reddito massimo per accedere al mutuo garantito dallo Stato, aumenta fino a 95 metri quadrati la metratura della casa oggetto di acquisto e abolisce il requisito di almeno il 50% da contratto di lavoro atipico.
Tuttavia, nella sforbiciata, cade un punto importante a favore dei mutuatari che apparteneva al provvedimento della Meloni: viene tolto il tetto dell’1,5% sul tasso di interesse. Il piano originale prevedeva infatti la concessione di mutui a tasso agevolato con l’Eurirs o l’Euribor (rispettivamente gli indici del prestito a tasso fisso e variabile), più uno spread di 120 punti base (se la durata del finanziamento è inferiore ai 20 anni) o 150 punti base (con durata uguale o superiore a 20 anni). Ora, invece, il tasso d’interesse è lo stesso che le banche applicano indipendente ai precari o ai normali clienti. Con la differenza che per i primi gli istituti di credito hanno una garanzia statale in caso il mutuatario non sia in grado di ripagare le rate.
Con quali soldi dare sostegno ai lavoratori atipici under 35? Attraverso la Cassa depositi e prestiti. L’ente che raccoglie il risparmio di milioni di italiani tramite i libretti di risparmio postali e che ha messo, a disposizione delle banche oltre 2 miliardi di euro per l’erogazione di nuovi prestiti a tutti, ha stanziato anche 60 milioni per le giovani coppie per il biennio 2014-15. La norma è nel decreto legge Imu, in via di definitiva conversione. Con un’importante novità: il finanziamento è aperto a tutte le categorie di immobili, come le seconde case, in classe energetica A, B o C. Ad avere la priorità sono tre categorie di soggetti: le giovani coppie, le famiglie numerose e i nuclei di cui fa parte almeno un soggetto disabile.
Ora, per capirne i dettagli, bisogna aspettare la convenzione tra la CdP e l’Abi, dove si metterà nero su bianco come i tassi agevolati a favore delle banche andranno a scaricarsi in maniera vantaggiosa sui mutuatari. Cassa e banche dovranno, infatti, indicare “le modalità con cui i minori differenziali sui tassi di interesse in favore delle banche si trasferiscono sul costo del mutuo”. Intanto il governo continua a ricordare che se tra il 2006 e il 2011 il volume dei mutui ipotecari era di 55 miliardi di euro annui, nel 2012 è sceso a 26 miliardi di euro, principalmente a causa della debolezza delle prospettive occupazionali e del reddito degli aspiranti proprietari di casa.