Cultura

Salone editoria sociale, quinta edizione in nome dello spirito del 1945

Tema centrale nelle tavole rotonde dell'appuntamento ospitato dal 31 ottobre al 3 novembre “la grande mutazione”. "Ripartire dai diritti e dalla democrazia può essere un modo per uscire da questa crisi con un modello di civiltà addirittura più alto di quello che abbiamo conosciuto" dice il deputato Sel Giulio Marcon

di Lettera22 per il Fatto

C’è anche una copia degli scritti di Piero Calamandrei sulla Costituzione nella cartella stampa di presentazione della V edizione del Salone dell’editoria sociale. La scelta indica quel legame tra cultura e attenzione alla realtà che ci circonda e ai temi della vita quotidiana di cui si discuterà nei dibattiti, nelle presentazioni e nelle tavole rotonde dell’appuntamento ospitato dal 31 ottobre al 3 novembre negli spazi di Porta Futuro, nel quartiere Testaccio di Roma.

In un passaggio dell’introduzione all’opuscolo delle edizioni dell’Asino che raccoglie gli scritti di Calamandrei, Giulio Marcon fa un riferimento allo spirito del 1945, come si intitola l’ultimo lavoro del regista britannico Ken Loach, che ricorda la vittoria dei laburisti su Churchill e le “speranze di cambiamento e riscatto sociale” generate da quel risultato elettorale. “Parimenti lo spirito della costituzione di cui parla Piero Calamandrei è quello che ci servirebbe anche oggi per rimettere in sintonia le speranze di riscatto di un popolo con la capacità di cambiamento di una politica invece sempre di più asservita agli interessi particolari, al mercato, ai media”, scrive il deputato di Sinistra ecologia e libertà.  

L’edizione di quest’anno del Salone ha come tema centrale “la grande mutazione”. Il titolo gioca sulla “grande trasformazione” di cui scrisse l’economista ungherese Karl Polanyi nel descrivere il “passaggio – tra il XVI e il XVII secolo – da una società che incorpora l’economia a un mercato che ingloba la società”, sottolineano Marcon e Goffredo Fofi, nella presentazione dell’appuntamento.  

La mutazione di cui invece parlano gli organizzatori è quella conseguenza della crisi degli ultimi cinque anni, ma, ampliando lo sguardo, anche quella prodotta dalle politiche neoliberiste adottate nell’ultimo trentennio. Un arco di tempo durante il quale i cittadini sono diventati consumatori, l’economia “un gran casinò e un centro commerciale”, la politica “ancella” della finanza. Da qui la necessità di dedicare alcuni dei momenti del Salone ai “maestri dimenticati”, come Polanyi, di cui discuteranno il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, assieme agli studiosi Michele Cangiani e Peter Kammerer, o ancora Dossetti. E quella di incontri dedicati ai diritti negati: quelli dei migranti con il ministro Cecile Kyenge e il presidente della commissione diritti del Senato, Luigi Manconi; quelli di chi subisce abusi di cui si discuterà con Ilaria Cucchi; quelli delle vittime di guerra di paesi come l’Afghanistan e l’Iraq.  

“Stiamo assistendo alla mutazione dell’economia, della società, delle relazioni tra le persone. Riflettere su questi cambiamenti che interessano il mondo a causa della crisi è importante e questo salone può dare un contributo ad approfondire le contraddizioni del nostro tempo e capire quale può essere la via d’uscita”, ha spiegato Marcon al fattoquotidiano.it, “La costruzione del modello sociale europeo e più in generale delle democrazia nel mondo si fonda sulla centralità dei diritti delle persone, politici, civili, sociali. Riaffermare questa centralità significa anteporre a questo ruolo invasivo del mercato una società che rimette al centro le persone e non il profitto; le relazioni tra le persone e non le dinamiche mercantili. Questo è il messaggio che noi vogliamo dare. Ripartire dai diritti e dalla democrazia può essere un modo per uscire da questa crisi con un modello di civiltà addirittura più alto di quello che abbiamo conosciuto”.

 di Andrea Pira

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