Ci sono due ragazze. Una è italiana. L’altra è peruviana.
I loro nomi: Catherine e Catherine.
Tutte e due si fanno chiamare Kate.
Una vive a Roma. L’altra in una piccola città sul lago Michigan, negli Stati Uniti.
Una è arrivata in Italia a cinque anni. Il Perù non se lo ricorda proprio. Sa quello che le raccontano i genitori e un po’ le basta. Parla lo spagnolo, ovviamente. E un italiano con un evidente accento romano. Ha sempre lavorato da quando è qui. Perlopiù facendo la tata. Ma si è arrangiata come poteva. Ha anche lavorato per un grande negozio di scarpe del centro (una maison) da cui è andata via perché era sottopagata e non le riconoscevano gli straordinari. La cucina è la sua passione. Sa fare di tutto. Dalla pasta alla carbonara alle specialità sudamericane.
Anche Catherine ha a che fare con i fornelli. Non lei, il papà.
Viene da un piccolo paese della Basilicata. Ha aperto un “Italian Restaurant”.
“Ho dovuto modificare i nostri piatti tipici. Qui mica siamo a New York o Boston… la gente di queste parti li vuole un po’ più americanizzati…”.
Infatti. Mi pareva strano. Guardando il menù avevo notato il Typical Italian Pollo (Chiken) Scarpariello. Non ne avevo mai sentito parlare.
“Anche sulla pizza ho dovuto mediare. Però, tranquillo: a te la faccio normale”.
“E a tua figlia piace la cucina italiana? Intendo quella vera?”.
“Non tanto. Lei è nata qui. Di italiano ha ben poco“. Lo dice con rammarico, il papà.
“Sei mai stata in Italia?” domando.
“Sì! Ma solo pochi giorni… ho visto Roma – di corsa – e poi il paese originario di mamma e papà. Speravo ci fosse il mare. Pensavo che in Italia il mare fosse un po’ ovunque”.
Anche l’altra di Catherine parla spesso del mare. Ma sono cinque anni che non riesce ad andarci perché lavora ogni giorno che Dio manda in terra.
A una Kate piace Lady Gaga. All’altra Eros Ramazzoti.
Una non sa nulla di calcio (“Baggio? Giusto? Gioca ancora?”) l’altra è tifosissima del Milan.
La Kate americana, che però sarebbe anche italiana, ancora non guadagna. Ma quando lo farà, avrà uno stipendio in dollari. E – come è giusto che sia – pagherà le tasse negli Stati Uniti.
La Kate italiana, che però sarebbe anche peruviana, paga le tasse – come è giusto che sia – in Italia.
L’unica differenza riguarda il voto.
La Kate americana, che sarebbe anche italiana, vota per il Parlamento italiano. O meglio, dovrebbe. “Mi vergogno a votare per un Paese di cui non so nulla. L’Italia is a Democracy, right?“.
Giusto. Però potrebbe.
Non sei nata in Italia, pagherai le tasse all’estero, sei venuta solo una volta per cinque giorni: ok, puoi votare.
La Kate italiana, che sarebbe anche peruviana, non può votare in Italia.
Deve (pena una multa salata) votare alle elezioni peruviane, di cui poco sa e poco le importa.
Qualcuno mi spiega, serenamente, che senso ha?