Sette isolati nella periferia nord. Mille famiglie, cinquanta decessi per cancro in un solo caseggiato, negli ultimi 30 anni. Dopo l'inizio dei traslochi la devastazione dei ladri ha portato alla luce l'asbesto. Ma lì ci vivono ancora quindici famiglie e il Comune non ha i soldi per le bonifiche
Un intero rione di case popolari fatte di eternit. Sette isolati gemelli, tra via Giovanni Antonio Campano, via Cupa Spinelli e via Nuova Toscanella, a Piscinola-Marianella, nella periferia nord di Napoli. Mille famiglie, cinquanta decessi per cancro in un solo caseggiato, negli ultimi 30 anni. Quattro quest’anno. E anche tra i bambini sono frequenti i casi di leucemia e di linfoma.
La scoperta dell’amianto “grazie” agli sciacalli. La scoperta dell’amianto, nell’isolato 3 di via Campano, è avvenuta dopo i primi traslochi degli inquilini nei nuovi alloggi di edilizia sostitutiva. Ma gli sciacalli penetrano negli appartamenti deserti, aprono le pareti a caccia di rame e piombo e trovano l’asbesto. Non si fermano, sradicano le lastre, le spaccano, incuranti dei rischi, e le lasciano sul pavimento. Poi, si portano via i materiali di valore, comprese le finestre e le porte d’ingresso, i marmi, e i motori degli ascensori (costringendo le famiglie rimaste a salire a piedi); non si sono salvati nemmeno i tombini, al pian terreno, proprio vicino ad una casa abitata dove giocano i bambini. I genitori, per non farli cadere nel pozzo, hanno coperto il buco con dei tavoli capovolti. Un saccheggio che va avanti ancora oggi. Il resto viene devastato. Alle spalle lasciano solo macerie e detriti.
L’intero condominio sfollato, al momento, è un’immensa discarica da bonificare. Dentro ci vivono ancora quindici famiglie che attendono l’assegnazione, barricate in casa e spaventate dai continui raid di ladri e vandali, in condizioni insostenibili.
Case popolari costruite con i fondi post-terremoto. L’ecomostro è lì dagli anni ’80 e aspetta solo di essere abbattuto. Sette piani di altezza per sette scale, con due o tre appartamenti su ogni livello, che si reggono su uno scheletro interamente di eternit. Case popolari di proprietà comunale, costruite con i fondi del post-terremoto. Per 30 anni centinaia di famiglie hanno vissuto stipate tra quelle quattro mura, ignare di tutto. Ogni parete un sandwich di cartongesso e amianto.
Fino allo scorso dicembre, quando il Comune ha avviato gli sgomberi per trasferire gli inquilini negli alloggi di nuova costruzione e procedere all’abbattimento dello stabile, nel blocco c’erano 126 famiglie, in parte assegnatari, in parte occupanti abusivi delle case pubbliche che hanno aderito all’ultima sanatoria. Poi, sono partiti i traslochi, Palazzo San Giacomo ha consegnato 98 nuovi alloggi e il casermone si è svuotato. È stato allora che è uscito fuori l’amianto.
Il Comune, intanto, non ha i soldi per le bonifiche. E la situazione sembra destinata a proseguire ancora a lungo. Nelle intenzioni dell’amministrazione comunale, l’Isolato 3 di via Giovanni Antonio Campano, ex legge 219, dovrebbe essere abbattuto e ricostruito. Così come gli altri blocchi gemelli di via Cupa Spinelli, dove ci sono gli Isolati 6 e 7, e via Nuova Toscanella, con gli Isolati 1,2,4 e 5, che sono ancora abitati.
Nel caso dell’Isolato 3, sei anni fa, il municipio ha avviato i lavori di costruzione di tre nuovi caseggiati, collocati nelle adiacenze. I nuovi appartamenti sono stati consegnati dalla ditta costruttrice a dicembre ed assegnati agli inquilini delle scale dalla A alla E. Resta da costruire un’altra palazzina, che dovrebbe ospitare le restanti famiglie delle scale F e G e coloro che, per diversi motivi – perché, ad esempio, con famiglia numerosa e in attesa di una casa più grande -, non hanno accettato il trasloco e sono rimasti nelle ali sgomberate. Un’operazione dal valore complessivo di 10.206.454,67 euro, finanziati con fondi regionali. Ma i lavori si sono improvvisamente fermati: sospesi al 60%. Tra il Comune e la ditta Brancaccio Costruzioni spa, che ha in appalto il cantiere, è sorto un contenzioso. L’ente non paga e i cantieri non vanno avanti.
“Di notte i muri della casa tremano”. Carlo Annunziata vive dal 1998 con la moglie e i figli nella scala G, una di quelle destinate a restare in piedi ancora per un po’: sei persone in un appartamento di 43 metri quadri. “Di notte – racconta Carlo del comitato degli inquilini – sentiamo rumori nelle pareti e nei pavimenti. I muri della casa tremano. Per impedire le occupazioni abusive e fermare le vandalismi – spiega – il Comune ha istituito un presidio della polizia municipale, con una camionetta e due agenti. Ma la vigilanza non è assicurata nei fine settimana e nei festivi, o in occasione delle partite del Napoli, quando sono chiamati di servizio al San Paolo. Il condominio è abbandonato al più totale degrado, il sistema fognario è guasto, le finestre spaccate, i tubi perdono e siamo invasi dai ratti. Qui, la pulizia la facciamo noi, non vuole venire nessuno”.
I nuovi inquilini vendono la casa come fosse loro proprietà. Anche nelle case nuove non tutto funziona. C’è, poi, un’ultima questione che denunciano i residenti: la vendita degli alloggi comunali da parte di alcuni assegnatari. “Sono gli inquilini che vengono da altri rioni – affermano -. Appena hanno avuto la casa comunale qui, l’hanno rivenduta, come fosse una loro proprietà e non un bene del Comune”.
di Pierluigi Frattasi