La bufala proviene da Ceppaloni. L’ha imbustata e spedita Clemente Mastella. Autore di una denuncia tanto grave quanto infondata. Una storia rimasta sinora sconosciuta, incartata in otto pagine di atti giudiziari che ilfattoquotidiano.it ha potuto consultare. Ne è rimasto vittima il sostituto procuratore Antonio Clemente, che a Benevento ha coordinato le indagini sull’ex ministro della Giustizia e i suoi familiari, concentrate in due diversi filoni, uno sulla costruzione di un ipermercato nella periferia di Benevento, l’altro sulle manovre economiche dell’associazione culturale presieduta e gestita da Lady Mastella e da uno dei figli. Due inchieste sfociate in due processi che sono stati sottratti ad Antonio Clemente su disposizione del procuratore capo di Benevento Giuseppe Maddalena. Si scrisse che la ragione era da ricercare a questioni di opportunità collegate a un’azione civile e a una querela avanzate da Mastella contro il padre e il fratello del pm, direttore di un quotidiano casertano.
Invece sotto la cenere covava altra brace. Mastella aveva presentato alla Procura di Roma una denuncia raccontando un tentativo di estorsione del pm Antonio Clemente ai suoi danni. I magistrati romani hanno archiviato: non c’era uno straccio di prova e di riscontro. Il pm era innocente. Un risultato, però, Mastella lo ha ottenuto: ha potuto ‘scegliersi’ il magistrato inquirente, perché nel frattempo Antonio Clemente ha perso la conduzione dei processi a carico della dinasty del Sannio e infine ha preferito chiedere e ottenere il trasferimento negli uffici della Procura della capitale.
Come da tradizione, la bufala si produce nel casertano. La denuncia di Mastella riporta infatti che un ex consigliere regionale originario della provincia di Caserta gli avrebbe riferito che il pm avrebbe prospettato un esito favorevole del processo a suo carico “come contropartita per la desistenza nelle altre sedi da parte del Mastella nei confronti dei suoi congiunti”. Detto in parole povere: se tu ritiri la denuncia contro mio padre e mio fratello, io ti faccio assolvere. Peccato che il politico casertano, indagato e interrogato sul punto il 5 aprile del 2012, abbia fatto scena muta.
Mastella poi indica un colloquio tra il pm e una cugina. La signora afferma di aver ascoltato da Antonio Clemente che questi intendeva “strumentalizzare il processo del quale era titolare nei confronti di Mastella e della consorte come ritorsione per la citazione davanti al giudice civile che Mastella aveva presentato nei confronti dei suoi due congiunti”. Ribadisce la circostanza davanti al pm di Roma Francesco Dall’Olio. Che però ne soppesa le parole, le confronta con la secca smentita del diretto interessato e la mancanza di altre conferme, e alla fine le ritiene insufficienti per un giudizio, sollecitandone l’archiviazione per i reati di abuso d’ufficio e di tentata concussione (l’estorsione del pubblico ufficiale).
Mastella, al quale la richiesta viene notificata nella sua qualità di parte offesa, non presenta opposizione. E il Gip Barbara Càllai dispone il decreto di archiviazione. Che si fonda essenzialmente su quattro ragioni. La prima è che non ci sono riscontri alle chiacchiere e ai ‘de relato’. La seconda è nelle dichiarazioni a verbale del procuratore capo Maddalena, che ha elogiato la laboriosità e la serietà del suo sostituto, ne ha condiviso le iniziative passo dopo passo e ha apposto il ‘visto’ alle richieste di rinvio a giudizio dei Mastella. La terza è riassunta in una constatazione: il Gup, il collegio giudicante e i pm beneventani che hanno ereditato i fascicoli hanno ritenuto corretto e ineccepibile l’operato di Antonio Clemente. La quarta è una questione di date: come si fa a considerare le inchieste del pm come una ritorsione alle azioni legali di Mastella se il procedimento contro l’ex ministro della Giustizia si incardina nel 2006 mentre le denunce del leader Udeur contro i familiari del magistrato sono state sporte tra il giugno 2009 e il febbraio 2010? Peraltro, Antonio Clemente dichiara di averne avuto notizia solo due anni dopo, quando le apprese dal procuratore capo. Fu in quella occasione che Maddalena prospettò di togliergli le deleghe ai fascicoli processuali. C’erano valide ragioni per astenersi? Secondo il pm no, ma alla fine acconsentì. Fu una decisione concordata. Ma non digerita del tutto.
Ci sono curiose assonanze con un’altra vicenda che però ebbe un esito diverso. E’ quella del magistrato amico di famiglia dei Mastella Assunta Cardone, che il 2 luglio 2009 avvicinò il gup di Napoli del processo alle clientele dell’Udeur, Sergio Marotta, per dirgli che in caso di proscioglimento Mastella “sarebbe stato a sua disposizione”. Marotta denunciò tutto e la dottoressa Cardone è stata condannata a un anno e quattro mesi in primo grado. Nelle motivazioni della sentenza del Tribunale di Roma, trasmessa in Procura per riaprire l’inchiesta, i giudici hanno scritto che “sono emersi gravi indizi in ordine al coinvolgimento di Mastella nel reato ascritto alla Cardone” ed è un “fatto piuttosto anomalo” che l’ex ministro non sia stato indagato.