L’ex capo dell’area Finanza della banca toscana, accusato di aver occultato l'accordo con l'istituto giapponese Nomura per truccare i conti, ne racconta i retroscena in un interrogatorio. Il mandate agreement per la ristrutturazione del derivato Alexandria, che ha provocato le perdite da centinaia milioni di euro, non era nascosto nella cassaforte, ma addirittura protocollato
Non era stato nascosto ma più semplicemente “custodito in cassaforte”: il contratto tra Nomura e Monte dei Paschi di Siena è stato protocollato da Sandra Bartolommei, ex segretaria della direzione generale, come ogni altro atto, il 3 agosto 2009, il giorno stesso in cui è stato inviato controfirmato dalla banca giapponese all’allora direttore generale di Rocca Salimbeni, Antonio Vigni. Il documento era dunque stato inserito nell’archivio informatico della banca. Il file di protocollo è allegato agli atti del giudizio immediato a carico di Gianluca Baldassarri, all’epoca capo area Finanza, e degli ex vertici dell’istituto di credito, Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, per il reato di ostacolo alla vigilanza: i tre, con altri, sono accusati proprio di aver occultato il contratto stipulato con Nomura per ristrutturare il derivato Alexandria provocando un buco da centinaia di milioni di euro. Secondo l’accusa dei pm senesi Giuseppe Grosso, Antonio Nastasi e Aldo Natalini, nascondendo il mandate agreement si camuffava il collegamento tra due operazioni del 2009: la ristrutturazione di Alexandria, in perdita di 220 milioni, e l’acquisto di 3 miliardi di Btp finanziato da Nomura. Questo ha permesso di occultare le perdite nel bilancio 2009 chiuso in attivo per permettere di incassare la cedola del fresh (un prestito che permetteva alla fondazione Monte Paschi di mantenere il controlla sulla banca).
Tra i vari stralci all’indagine iniziale sull’acquisto di Antonveneta, del resto, uno è espressamente dedicato alla falsificazione del bilancio. Ma questa è un’altra storia. L’accusa di ostacolo alla vigilanza è invece legata al mandate agreement. Dagli atti non solo emerge che era stato protocollato, ma anche che l’evidenza del collegamento tra le due operazioni era già stata sottolineata, tra gli altri, dagli ispettori di Banca d’Italia che tra il 2010 e il 2012 trascorrono ben 12 mesi nelle mura di Rocca Salimbeni. Lo scrivono i tecnici di via Nazionale nella relazione e lo conferma il Tribunale del Riesame lo scorso 13 luglio, bocciando il maxi-sequestro di 1, 8 miliardi di euro ai danni di Nomura chiesto dai pm senesi: “Tale collegamento è chiaro” prima ancora del rinvenimento del contratto, scrive il Riesame.
“Era facile capire il ‘ regalo’, bastava volerlo fare”
Ci sono poi i verbali d’interrogatorio. Giovanni Conti, capo dell’unità risk control di Mps, parlando della ristrutturazione Alexandria, ai pm dice di essersi preoccupato “della inopportunità e pericolosità di arricchire ulteriormente con titoli di Stato il portafoglio della banca già ricco in tal senso”. Quindi Conti collega, pur non avendo visto il mandate, le due operazioni. Anche Baldassarri spiega l’evidenza. Lo fa nell’interrogatorio di garanzia a San Vittore, dopo l’arresto il 16 febbraio 2012: “Nessuno può immaginare che Nomura regali a Monte dei Paschi 250 milioni e tutti capiscono, se ovviamente lo vogliono capire, ma senza essere particolarmente, diciamo, dotati, che il contratto di pronti contro termine compensa il regalo che Nomura mi ha fatto per la ristrutturazione di Alexandria”, dice l’ex capo dell’area Finanza di Mps. E aggiunge: “Perché le operazioni sono contestuali e sono state trasmesse contestualmente anche alla società di revisione”.
L’sms: “Tra un po ’ la banca verrà ceduta o nazionalizzata”
Di regalo parla anche Daniele Bigi, capo dell’area Amministrazione e Bilancio, nonché dirigente preposto ai rapporti con le autorità di vigilanza. Il 7 febbraio 2013 ricostruisce ai pm senesi le fasi dell’operazione con Nomura. Lui non solo riceve le mail preparatorie alla conference call del 7 luglio 2009, ma è fisicamente presente alla telefonata tra Mussari e il presidente della banca giapponese, Sadeq Sayeed oltre ai dirigenti Giancarlo Saronne, Raffaele Ricci e Kieran Higgins, Piers Le Marchant, Mark Learner. Bigi dice, tra l’altro, ai pm: “Mi venne il dubbio che le ‘ altre operazioni ’ (di cui parlò Baldassarri, ndr) potessero nascondere effetti negativi per la banca senese”. Ma non effettuò verifiche. Un mandate agreement (come risulta dagli atti dell’inchiesta per truffa e usura a carico sempre di Baldassarri, Vigni, Mussari e altri) Bigi lo aveva avuto nel maggio 2009, pochi mesi prima che venisse stipulato il contratto con Nomura: era il mandate che gli allora vertici di Mps tentarono di chiudere con Jp Morgan a cui venne proposta l’operazione poi andata a buon fine con la banca giapponese.
E ancora, come riportato dal Corriere della Sera e da La Stampa lo scorso 15 ottobre, una mail dimostra come i nuovi vertici abbiano avuto contezza dell’esistenza del mandate agreement già il 20 settembre 2012 e non il 10 ottobre, giorno in cui Fabrizio Viola, attuale amministratore delegato di Mps, presenta un esposto in Procura dichiarando di aver ritrovato il contratto con Nomura “nascosto nella cassaforte di Vigni”. Contratto poi inviato a Banca d’Italia il 15 ottobre e a cui però, secondo quanto scritto dagli ispettori di via Nazionale e riportato nella relazione Consob il 21 marzo 2013, “manca altra documentazione”.
Oggi ci sarà udienza del processo per l’ostacolo alla vigilanza, la prima dopo l’annullamento da parte della Cassazione, giovedì scorso, dell’arresto di Baldassarri. A Rocca Salimbeni, Viola e Alessandro Profumo, continuano a fare i conti per la ricapitalizzazione necessaria a restituire i 4 miliardi di Monti bond dallo Stato. “Tra un po ’ la banca verrà ceduta o nazionalizzata”, si scrivevano ancora lo scorso gennaio via sms gli ex vertici, tra cui Contena, Baldassarri e Paolo Perego dell’area finanza.
Da Il Fatto Quotidiano del 23 ottobre 2013