La Guardasigilli comincia come capo ufficio stampa della prefettura di Milano. La sua vicinanza alla famiglia dei costruttori risale al 1987. Poi l'ascesa, come prefetto in varie città e poi commissario straordinario a Bologna e Parma. Infine, ministro con Monti e poi Letta
Il prefetto dalla carriera più brillante mai vista in Italia. Da giovane funzionaria della Prefettura di Milano (1972) a candidata presidente della Repubblica (2013). Per il Quirinale ha racimolato pochi voti, d’accordo, ma intanto Anna Maria Cancellieri è diventata ministro della Giustizia, dopo essere stata ministro dell’Interno. Ora dovrà riuscire a spiegare il suo “intervento umanitario” ad personam, a favore di Giulia Ligresti, detenuta eccellente e amica di famiglia (“Qualunque cosa, guarda… conta su di me”). Ma già trent’anni fa i suoi rapporti con la famiglia Ligresti erano strettissimi. I primi passi della sua folgorante carriera li muove all’ombra della Madonnina, negli stessi anni in cui don Salvatore diventa silenziosamente “il re del mattone” e il fratello Antonino “il re delle cliniche”.
Lei ottiene dal prefetto di allora, Vincenzo Vicari, l’incarico di capo ufficio stampa della prefettura e diventa il funzionario più visibile ed esposto con i giornali. Ligresti, che era arrivato a Milano da Paternò senza una lira, diventa invece in pochi anni l’uomo più ricco della città e uno dei più ricchi d’Italia. Ma diventa visibile soltanto nel 1986, quando è travolto dal suo primo scandalo, quello delle “aree d’oro”. Mentre è indagato, l’amica in prefettura lo assiste, tanto da fare gli onori di casa, nel 1987, a un incontro tra un cronista del Giornale e Antonino Ligresti, che protesta per come il quotidiano diretto da Indro Montanelli stava trattando lo scandalo. Nessuno rileva, allora, la stranezza di una capo ufficio stampa della prefettura che a tempo perso fa le pubbliche relazioni di un costruttore sotto inchiesta per abusi edilizi. Cancellieri anzi fa carriera. Lascia Milano nel 1993, quando viene nominata prefetto e va prima a Vicenza, poi a Bergamo, a Brescia, nel 2003 arriva a Catania, nel 2008 a Genova. Poi si specializza nel ruolo di salvatrice di amministrazioni rimaste senza guida politica in seguito a scandali: nel febbraio 2010 è mandata a Bologna come commissario straordinario, dopo la caduta della giunta guidata da Flavio Delbono. Quando arriva il momento di andare a votare, il Pdl le chiede di candidarsi sindaco di Bologna. Cancellieri rifiuta l’offerta, sostenendo di non voler venir meno al suo ruolo istituzionale super partes. Dopo un rapido passaggio come commissario a Parma, rimasta anch’essa senza sindaco, nel novembre 2011 è chiamata da Mario Monti a fare il ministro dell’Interno nel suo governo di tecnici. Poi, con Enrico Letta, nel 2013 passa alla Giustizia e da Guardasigilli chiama per mettersi a disposizione dei Ligresti, amici di una vita.
La telefonata più inquietante dell’inchiesta è quella in cui a parlare è la compagna di Salvatore Ligresti, Gabriella Fragni. È il 18 luglio 2013, il giorno dopo che il ministro l’ha chiamata per esprimere la sua “solidarietà sotto l’aspetto umano”. Durante la telefonata (intercettata), Fragni è commossa e piange. Ma il giorno dopo la racconta alla figlia in termini pesanti. Riferisce non quello che ha davvero detto, ma forse quello che pensava e che avrebbe voluto dire: “Ieri ho avuto una telefonata che poi ti dirò. Gli ho detto: ma non ti vergogni di farti vedere adesso? Ma che tu sei lì perché ti ci ha messo questa persona. Ecco, capito?”. E poi: “Ah, son dispiaciuta… No, non si è dispiaciuti! Sono stati capaci di mangiare tutti…”. Come a dire: adesso ti mostri addolorata, ma sei un’ingrata, perché non hai fatto niente per impedire che si arrivasse a questo punto. Affermazioni pesanti di una donna scossa. Ma il magistrato torinese Marco Gianoglio interroga Gabriella Fragni e prova a farle spiegare il senso delle sue affermazioni. Quando diceva al telefono che Ligresti “ha aiutato tante persone”, un aiuto potrebbe essere stato dato anche ad Anna Maria Cancellieri? E quando diceva: “Sai cos’erano, capaci di chiedere tutti… che potrei fare i nomi… hanno mangiato tutti”, a chi si riferiva? Gabriella fa retromarcia: “La mia è stata un’espressione generica e non so a chi potesse essere riferita… Era solo uno sfogo con mia figlia, non mi riferivo a persone in particolare”.
Anche Giulia Ligresti nelle sue telefonate prima dell’arresto si sfoga: contro il figlio di Anna Maria Cancellieri, Pier Giorgio Peluso, accusato di non aver protetto gli affari di famiglia. “Questo qui ha 45 anni, è un idiota. Perché veramente è venuto a distruggere una compagnia. Perché lo ha fatto proprio su mandato, la distruzione”. La sorella Jonella nei suoi interrogatori la spiega così: “Peluso era gradito anche alla mia famiglia”. E ancora: “Era un manager di Unicredit che conosceva perfettamente i conti Fondiaria. Era persona che noi conoscevamo da tempo per via dell’amicizia tra i genitori di Peluso e mio padre. Per cui siano stati proprio noi a proporgli di venire in Fonsai, sapendo che era al tempo stesso gradito a Unicredit”.
Ma il figlio sembra volersi liberare dai condizionamenti di famiglia, tanto che i magistrati torinesi che conducono l’indagine gli riconoscono di aver provocato la svolta: “L’inversione di tendenza all’interno di Fonsai, anche con riferimento alle modalità di determinazione attuariale della riserva sinistri, è stata in realtà determinata dall’assunzione, in qualità di direttore generale, di Peluso Pier Giorgio e di altri manager da lui selezionati”, e cioè Gianandrea Perco per il settore immobiliare e Claudia Motta per quello contabile. Peluso, amico di famiglia e chiamato dalla famiglia come manager, diventa dunque, agli occhi dei Ligresti, un “traditore”, anzi, “traditore” due volte. Quando la madre chiama casa Ligresti, quel 17 luglio in cui scattano gli arresti, la ministra tenta dunque di ricucire una lunga amicizia che il figlio ha incrinato. E trova un clima teso, in cui le lacrime di Gabriella Fragni coprono un risentimento nei confronti del figlio che, come dice Giulia, “è stato un anno, e ha distrutto tutto”.
da Il Fatto Quotidiano del 2 novembre 2013