Governi e finanza globale non solo hanno evitato che nel 2008 il fallimento della Lehman Brothers trascinasse il mondo in una nuova grande depressione grazie ai risparmi dei contribuenti (usati per salvare il settore bancario), ma hanno anche evitato che si riformasse radicalmente il sistema finanziario internazionale per correggerne il cattivo funzionamento.
A 5 anni da quella catastrofe l’immagine di Gordon Gekko, un uomo privo di principi etici che venera solo il dio denaro, continua ad essere il poster più realista di un’industria alimentata dall’avidità. Chi ha voglia di contraddire quest’analisi studi gli ultimi risvolti dello scandalo relativo alla manipolazione dei tassi di cambio o il clamoroso fiasco della regolamentazione del Libor, il tasso interbancario considerato l’indice di riferimento dei mercati finanziari.
Partiamo dal primo. Il tasso di cambio viene stabilito dalla contrattazione delle sale cambio delle maggiori banche mondiali nello spazio di 60 secondi, un minuto durante il quale si comprano e vendono elettronicamente centinaia di miliardi di banconote. Come nel film Wall Street, eserciti di traders seduti in trincee elettroniche eseguono queste compravendite sulla base delle direttive che ricevono dai loro capi, queste si riferiscono ai prezzi di vendita e di acquisto delle singole monete.
Basta che una decina di costoro in punti strategici nel mondo si metta d’accordo per “muovere il mercato”, e cioè alterare i tassi di cambio. Se poi aggiungiamo che questa è una piazza dove si smerciano ogni giorno 5.300 miliardi di dollari, è facile comprendere la gravità del reato.
Naturalmente la manipolazione dei tassi è prima di tutto un comportamento non etico, chi maneggia il denaro altrui ha una responsabilità morale nei confronti dei proprietari. Purtroppo questo principio è debole perché il rapporto tra risparmiatore e trader è diluito dalla lunghezza della catena finanziaria nella quale partecipano semplici impiegati di banca come i gestori dei fondi ed i conglomerati bancari. E’ dunque possibile che i risparmi del pensionato di Vigevano siano gestiti nelle sale cambio di Düsseldorf attraverso contratti stipulati a Singapore.
Siamo anche di fronte ad un comportamento illegale, manipolare i tassi è un reato. Ma il vero problema è come evitarlo? Esiste un sistema di controllo elettronico che intercetta qualsiasi contatto ma non basta, ed infatti secondo le indagini in corso i manipolatori avrebbero usato un sistema di instant messaging per sincronizzare le operazioni di vendita ed acquisto a tassi stabiliti.
Al momento alcuni di loro sono stati sospesi ma, come abbiamo visto in passato, chi pagherà saranno solo gli esecutori del reato lasciando il sistema intatto. Il fatto che si stia indagando in tutto il villaggio globale, da Hong Kong a Londra, da Singapore a New York e che lo si faccia nei confronti delle maggiori banche, conferma che è il sistema a far cilecca. Punire i trader coinvolti in questo scandalo non aiuta se poi questi vengono facilmente sostituiti da altri perché il sistema lo permette.
Che il nocciolo della questione sia l’impossibilità di riformare un sistema finanziario senza ridurne la flessibilità e libertà, in altre parole senza far marcia indietro con la deregulation, è chiaro quando si analizza la vicenda del Libor. Anche qui la manipolazione è avvenuta grazie ad accordi presi tra un gruppo di persone che avevano al loro seguito un esercito di soldatini finanziari.
A più di un anno dallo scoppio di quello scandalo non abbiamo una nuova regolamentazione. Perché? I motivi sono tanti: la reticenza di chi detiene contratti di lungo periodo legati al Libor, ad esempio i mutui trentennali, a rinegoziare il valore del Libor, questo potrebbe comportare perdite ingenti; il problema di trovare un indicatore migliore del Libor (che poi è anche il problema del Pil, tutti sanno che è riduttivo ma nessuno sa come riformarlo o sostituirlo). La ragione principale è però un’altra: cambiare il meccanismo del Libor senza riformare il sistema non ne blocca i tentativi di manipolazione.
Il fiasco del Libor non finisce qui. Dal giungo del 2012 la lista delle banche coinvolte si è allungata coinvolgendo anche banche considerate ‘etiche’ come la Rabobank, che nasce come cassa di risparmio degli agricoltori olandesi. Unico risultato positivo, se così si può dire, sono le multe imposte alle banche per un totale di 3,5 miliardi di dollari. Imposte che paghiamo noi clienti come ci ha spiegato bene il presidente della Royal Bank of Scotland.
Secondo lui i contribuenti che hanno versato 45 miliardi di sterline per salvare la banca dalla bancarotta non riceveranno mai un dividendo perché gran parte di quel denaro è finito nelle tasche degli avvocati o in quelle dello stato per saldare le multe finanziarie. E dato che la soluzione del dilemma della manipolazione degli indici di borsa, come il tasso di cambio ed il Libor, è imporre alle banche un fondo di riserva sempre più ricco per far fronte ai costi legali di queste azioni, anche nel prossimo futuro chi pagherà il conto saremo noi.
Agli amici neo-liberisti, che tanto osannano la deregulation finanziaria e che attaccano le tesi di chi, come me, vorrebbe mettere a questa giungla di denaro almeno qualche paletto per proteggere gli animali domestici dalle belve selvagge, vorrei porre questa domanda: in 5 anni dal crollo della Lehman Brothers cosa abbiamo noi semplici cittadini guadagnato dalla gestione cosiddetta neo-liberista della crisi?