E’ stata la confusione la protagonista della prima udienza del processo a carico dell’ex presidente egiziano Mohammed Morsi e degli altri 14 imputati, quasi tutti membri dei Fratelli Musulmani. Nell’aula, in cui è stato ammesso un numero ristretto di giornalisti senza telefoni, macchine fotografiche e telecamere, l’ex presidente è apparso per la prima volta dal giorno della sua destituzione. La sua presenza è stata per tutta la mattinata la notizia del giorno e ha fatto passare in secondo piano i capi di accusa che pendono su di lui.
Morsi, infatti, è sotto processo per i fatti avvenuti lo scorso 5 dicembre di fronte al palazzo presidenziale. Allora circa una decina di persone rimasero uccise negli scontri tra la polizia e le forze di sicurezza nelle proteste contro la nuova Costituzione che era stata mandata forzatamente a referendum proprio dal governo islamista.
In particolare, tre vittime sarebbero morte in seguito alle torture perpetrate da gruppi di sostenitori dei Fratelli Musulmani fuori dal palazzo presidenziale. Diversi manifestanti erano stati catturati e tenuti ostaggio per tutta la notte del 5 dicembre, un avvenimento confermato anche da diversi testimoni oculari giunti nella zona di Ittihadeya la mattina seguente.
Di questo caso si era occupato anche il New York Times con un articolo apparso alcuni giorni dopo gli scontri che raccontava delle nuova milizie della fratellanza nate a causa di un’insicurezza da parte dell’allora presidente Morsi che non confidava completamente nel Ministero dell’Interno e nella polizia per la difesa della sua incolumità. Diversi leader dei Fratelli Musulmani avevano lanciato l’appello ai loro sostenitori a difendere il presidente, una mossa condivisa ampiamente da tutto il movimento. Gehad El Haddad, uno dei portavoce degli Ikwhan (nome in arabo dei Fratelli Musulmani) dichiarò che “Morsi non poteva fare affidamento sulla polizia perché era la stessa dei tempi di Mubarak”.
I parenti delle vittime assieme a diverse associazioni per i diritti umani sporsero denuncia ma Morsi non sollevò mai la questione e non aprì mai nessuna inchiesta.
Ora quegli avvenimenti, che sembravano ormai finiti nel dimenticatoio, tornano alla ribalta e vengono strumentalizzati in un processo che in realtà fa parte della lotta politica e della repressione dell’esercito contro il movimento islamista. Negli ultimi 4 mesi, la maggior parte dei leader è stata arrestata. Per tutti loro pendono accusa di incitamento all’omicidio o alla violenza che prevedono pene non inferiori all’ergastolo o addirittura la condanna a morte. “In questo processo per alcuni dei 14 imputati l’accusa è di aver ordinato direttamente ai gruppi di sostenitori di formare delle bande e scagliarsi contro i manifestanti – spiega al il fattoquotidiano.it Rawya Omran, avvocato che questa mattina era in aula a rappresentare le vittime. “Noi avevamo presentato denuncia già a dicembre ma sino a ora non si era mai arrivati a un processo”. La scelta su questo caso da parte della magistratura per incriminare Morsi dipenderebbe dalla ricchezza delle prove che testimoniano le violenze e le torture inferte ai manifestanti. Decine di materiali video e fotografie, infatti, spianerebbero la strada a un efficace capo di accusa contro il deposto presidente.
Dopo l’udienza di oggi, caratterizzata dal caos e dagli insulti tra accusa e difesa impegnati anche in un veloce lancio di scarpe l’uno contro l’altro, ci saranno due mesi per presentare nuove prove (l’udienza è stata rinviata all’otto gennaio). Dall’altra parte è già pronto un team di avvocati che si occuperà di difendere tutti i leader dei Fratelli Musulmani finiti in carcere. Morsi aveva inizialmente cercato di rinunciare alla difesa per dimostrare il suo dissenso ma dopo oggi è quasi certo che accetterà l’assistenza degli avvocati. “Anche se indirettamente è come riconoscere il processo, e quindi la sua deposizione, sarà costretto ad avvalersi della loro assistenza – spiega una fonte interna al team legale dei FM. “L’alternativa, secondo la giurisprudenza egiziana, sarebbe l’assegnazione di un avvocato d’ufficio e ciò complicherebbe molto le cose per lo sviluppo del processo”. Per parte sua l’ex presidente ha ostentato sicurezza. Per la prima volta in pubblico dopo l’arresto, Morsi ha risposto così all’appello della corte: “Io sono il dottor Mohammed Morsi, il presidente della Repubblica. Sono il presidente legittimo dell’Egitto”.