Trovano impiego in settori differenti, con tipi di contratto diversi, la loro retribuzione spesso è inferiore, mentre superiore è la quantità di tempo che dedicano al lavoro non retribuito: faccende domestiche e cura dei familiari. Per non parlare della crisi economica che sembra averle colpite maggiormente. Parliamo di donne e mondo del lavoro. Perché a quanto pare, nonostante i passi avanti raggiunti negli ultimi 40 anni in campo legislativo per favorire la parità tra uomini e donne, c’è ancora molta strada da fare per colmare il divario di genere e arginare quei fattori che tuttora ostacolano l’occupazione femminile e ne condizionano i livelli retributivi.
La denuncia arriva dal report di ‘Eurofound’ “Women, men and working conditions in Europe“ che offre una panoramica sulle condizioni lavorative di uomini e donne in 34 paesi europei. Il report, appena pubblicato, è stato realizzato sulla base dei risultati della quinta indagine europea sulle condizioni di lavoro in Europa condotta nel 2010, che ha coinvolto circa 44.000 lavoratrici e lavoratori.
Ebbene, in Europa ancora si assiste a una sorta di “segregazione di genere”: ambiti professionali spiccatamente femminili, quelli per esempio relativi ad assistenza, istruzione e pulizie, mentre solo cinque gruppi professionali (dei venti considerati numericamente più rilevanti) sono caratterizzati da una distribuzione più equilibrata della forza lavoro tra uomini e donne: nel campo della ristorazione, dell’industria del legno e dell’abbigliamento; tra gli impiegati nel campo della contabilità e tra gli operatori in ambito giuridico, socio-culturale e nei servizi alla persona.
In ogni caso, tuttora le donne continuano a farsi maggiormente carico dei lavori domestici: se le donne vi dedicano in media 26 ore settimanali, gli uomini solo 9 ore, sono più attivi invece fuori casa, sul fronte del lavoro retribuito (vi dedicano 41 ore rispetto alle 34 delle donne). Anche se, in fin dei conti, tra ore di lavoro pagate, quelle impiegate per andare e tornare dall’ufficio e il tempo di lavoro non remunerato, secondo ‘l’European working conditions data‘ le donne lavorano in media 64 ore a settimana rispetto alle 53 degli uomini. In ogni caso, per scelta, obbligo o necessità, sono per lo più le donne a lavorare in regime di part-time: lo fa per esempio in Italia il 38% delle lavoratrici mamme con figli con meno di sette anni, il 31% delle donne con figli di 7-12 anni e l’81% delle donne anziane.
Sul fronte retribuzione Eurofound conferma l’esistenza di un gap salariale tra uomini e donne: gli stipendi mensili medi degli uomini sono più alti in tutte le attività lavorative, anche se il divario è maggiore in quelle a prevalenza maschile, come per esempio tra i colletti bianchi, e man mano che si avanza a livello gerarchico. Ciononostante, in generale le donne si dichiarano più soddisfatte del proprio lavoro rispetto agli uomini che, però, riferiscono di avere migliori prospettive per il futuro.
Del resto, nascere maschio o femmina tuttora condiziona le opportunità economiche e di carriera, e a quanto pare nel nostro Paese più che altrove, visto che l’ultimo Global gender gap report del World economic forum colloca l’Italia al 124° posto per quanto riguarda la parità di stipendi tra uomini e donne su 136 Paesi (siamo al 71esimo posto nella classifica generale).
Infine l’indagine “Women, men and working conditions in Europe” sottolinea come la crisi economica in corso rischia di accentuare ancor di più le disparità di genere a medio e lungo termine. In particolare – denunciano gli autori – è possibile che le misure di austerità annullino i progressi raggiunti grazie a politiche sociali di sostegno all’infanzia, finalizzate proprio ad agevolare la partecipazione femminile nel mondo del lavoro. Nel complesso, quindi, sottolineano l’utilità di un monitoraggio continuo del mercato di lavoro, per valutare i cambiamenti, anche in relazione al genere, associati all’ormai prolungata crisi che pesa sull’Europa, di cui il report ha potuto valutare solo l’impatto iniziale.