Largo Irpinia, lungo la via Prenestina, a Roma. Tra il 1997 e il 2000 una società realizza un parcheggio interrato, lasciando in vista un’area archeologica identificata nel corso delle operazioni di scavo. Sembra un modello virtuoso. Nel quale una nuova opera, il parcheggio che risolverà i problemi dei residenti della zona, non determina l’obliterazione delle testimonianze del passato. Anzi, ne costituisce la meritoria scoperta.
Dopo tredici anni lo strumento dei parcheggi interrati ha dimostrato tutta la sua inefficacia, anche in questo settore del Municipio V. L’area archeologica, in abbandono. Tutt’altro che musealizzata.
C’è un albero di pesche e, a poca distanza, un altro, più grande, di mele. Ci sono anche diversi cespugli di ailanto. E poi diverse macchie di tarassaco che si perdono nel verde intenso di erbe spontanee. Qua e là spunta qualche bottiglia di vetro e diverse lattine, oltre a molte cartacce.
Non è un giardino in abbandono ma l’area che si trova tra largo Irpinia e via Prenestina. Tra i palazzi compatti e altissimi che definiscono l’area e l’arteria stradale che a questa altezza prevede la fermata di un autobus. Intorno un filare irregolare di pini. Ovunque automobili. Quelle parcheggiate sui lati delle strade e le altre, in veloce movimento. L’area centrale, quella a verde spontaneo, recintata in maniera non uniforme. Perlopiù a rete metallica, in un unico tratto con un muretto in cemento. C’è anche un cancello. Perennemente chiuso con una catena. Ma è facile scavalcarlo ed entrare “dentro” per chi ne ha voglia.
Ma per rendersi conto di cosa ci sia tra alberi ed erbe bisogna osservare con più attenzione. Dal terreno su almeno 600 m2, emergono i resti di alcune strutture romane, dalla cronologia e dalla funzione diversificata. In una sequenza quasi ininterrotta sono testimoniate l’età arcaica, con un edificio ad uso pubblico, forse religioso, quella repubblicana con 20 tombe e quella imperiale, con un impianto termale.
Insomma un’area archeologica, esemplare nelle stratificazioni.
“I ritrovamenti sono di grande importanza, fanno parte del comprensorio più famoso della vicina Villa dei Gordiani e ci rivelano una continuità di vita attraverso i secoli, molto precedente rispetto al nucleo monumentale della villa”, affermava con soddisfazione l’archeologa Anna Buccellato. Immediatamente avviate le indagini dalla Soprintendenza archeologica di Roma, dopo l’individuazione delle prime strutture nel dicembre 1997, nel corso dei lavori intrapresi dalla Edilpark, la società concessionaria del parcheggio interrato da realizzarsi nell’area. Uno dei tanti previsti dal Programma della legge Tognoli.
Nel luglio 2000 l’inaugurazione del complesso, parking e area archeologica. Con soddisfazione di tutte le parti in causa. Il parcheggio realizzato, nonostante la presenza dei resti antichi. I 94 box che avrebbero assicurato 110 posti auto venduti a cifre compre tra i 45 e i 40 milioni di lire. Gli oneri di concessione, pari a 500 milioni, da utilizzare per la costruzione del nuovo mercato di Centocelle, trasferito da via dei Platani a largo della Primavera. In coincidenza del parcheggio in superficie 71 posti auto gratuiti. I resti scavati e lasciati in vista. Al contrario di quanto generalmente si verifica. Con la prospettiva che gli scavi sarebbero proseguiti con le risorse messe a disposizione dal Comune e dal Municipio per verificare la reale estensione dell’area archeologica. Contando successivamente sul restauro e poi sulla valorizzazione, con percorsi per i visitatori e una copertura in plexiglass.
“Una bellissima soluzione. Prima che iniziassero i lavori qui c’era un piazzale degradato e disordinato, ora, oltre ai due piani interrati a pagamento, in superficie sono stati ricavati 71 posti auto gratuiti ed il garage è diventato un’occasione per riqualificare il territorio”, dichiarava il sindaco Rutelli, intervenendo all’inaugurazione della nuova infrastruttura.
A distanza di anni quell’operazione presentata come un modello sembra aver visto affievolirsi fino a svanire i suoi motivi fondanti. Assottigliarsi pericolosamente i benefici che prometteva. Sostanzialmente irrisolto il problema dei parcheggi che continuano a costituire un problema reale per gli abitanti della zona. Tutt’altro che riqualificato il vecchio piazzale. Nel quale al degrado del passato si è semplicemente sostituito quello del presente. L’illuminazione pubblica manca. Sui muri scritte di ogni tipo. Il cancello che permette l’accesso all’area del parcheggio, quasi del tutto divelto. L’area archeologica che avrebbe dovuto contribuire alla valorizzazione di un settore urbano alla ricerca di una sua identità, un recinto sostanzialmente anonimo. Anche perché della musealizzazione non c’è traccia. Così come di una seppur minima pannellistica che contribuisca alla conoscenza di quelle “pietre antiche”. Che senza manutenzione, hanno cominciato a collassare, a frantumarsi. A confondersi. Solo, occasionalmente, “bonifiche” dell’area a cura di alcuni rappresentanti politici del municipio.
Uno spazio che avrebbe dovuto comportare un incremento delle funzioni connesse alla mobilità e dell’identificazione culturale, rimasto marginale. Un luogo non-luogo nel quale ogni elemento sembra perdere i sui contorni. Indiziando come l’operazione sia in gran parte fallita.