L’attacco di Barbara Berlusconi ad Adriano Galliani non è stato una dichiarazione di guerra. Piuttosto, per i modi, i contenuti e la tempistica, è stato il colpo finale di una guerra cominciata nell’aprile del 2011, non appena Barbara, circondata da fidati collaboratori, ha messo piede nel Milan con l’intenzione di restarci a lungo. E di farne una cosa sua. Una battaglia condotta nel nome del padre, Silvio Berlusconi, all’inizio titubante nei confronti del fedelissimo compagno di scorribande Galliani (insieme nei primi ani ’80 piantavano antenne e ripetitori per tutta Lombardia, piantando i semi del futuro impero televisivo) e poi sempre più convinto che la gestione del Milan non potesse proseguire in questo modo.

L’Ansa ha riportato di “varie telefonate intercorse tra padre e figlia”. Non si tratta quindi di un cherchez la femme, ma della rottura dell’ultratrentennale sodalizio tra Silvio e Adriano. “La figlia Barbara ha chiesto al padre un deciso cambio di rotta nella gestione della società – si legge nell’agenzia del tre novembre – notando che nelle ultime due campagne acquisti il Milan non ha speso poco, ma male”. Questo è il punto. Per la stagione 2012-13, il Milan spende 56 milioni (con un passivo di 36) e in quella successiva 27 (11) per portare a casa Mario Balotelli, ma anche molti nomi dispendiosi che hanno reso poco, come Matri (per 11 milioni. Tevez alla Juve è costato 9) e Pazzini. Poi Barbara, sussurrano a Milanello, vuole spiegazioni sugli affari con il Genoa dell’amico (di Galliani) Preziosi: da Constant (8 milioni) a El Shaarawy (16) da Amelia (5) a Sokratis (6) e Boateng, tra prestito e riscatto costato molto più di quanto sia stato poi venduto.

Nonostante Berlusconi si sia sempre vantato di essere l’eminenza grigia dietro i successi rossoneri, e Galliani lo abbia lasciato fare, è risaputo come fin dagli anni ’80 sia stato l’ex antennista e dirigente televisivo a costruire i vari Milan che hanno dominato il mondo. Grazie alla disponibilità economica del padrone che ha sempre usato il calcio per fini prima imprenditoriali e poi politici, si è potuto permettere i grandi nomi. Ma qualcosa è cambiato ultimamente, Galliani ha cominciato a frequentare troppo personaggi come Raiola, capace di dettare il ritmo nelle casse rossonere, e alcuni procuratori spagnoli di sua fiducia – forse all’insaputa dello stesso Berlusconi – portando a casa troppi giocatori inutili alla causa rossonera senza mostrare il tocco magico di un tempo.

Lo stesso arroccamento di Galliani sulla questione dei diritti televisivi in compagnia dei soliti Preziosi, Lotito e Cellino, che ha attirato le ire funeste del gotha del capitalismo italiano (la Juve degli Agnelli, l’Inter di Moratti e Tronchetti, la Roma di Unicredit, la Fiorentina di Della Valle e il Napoli di De Laurentiis, ma anche la Sampdoria di Garrone e il Sassuolo di Squinzi) non deve essere piaciuto troppo a un Berlusconi, appeso al filo di un voto in Senato. E così quando quest’estate si è consumata la frattura decisiva tra il presidente e Galliani sul nome di Allegri, pur con tutte le colpe dell’allenatore, è ovvio che si è arrivati al termine di un lungo e logorante conflitto già in essere. E di cui non è certo il tecnico il casus belli.

Con i figli di primo letto Marina e Piersilvio saldamente al comando di Mondadori e Mediaset, la primogenita di secondo letto Barbara Berlusconi si affaccia nel mondo Milan al tempo della sentenza del Lodo Mondandori, che colpisce duramente il patrimonio famigliare, con un compito ben preciso: ridurre i costi. Il Milan costa circa una settantina di milioni l’anno e i soldi ultimamente non sono spesi bene. Accompagnata da consulenti d’immagine (la sua), e da revisori dei conti e da uomini di fiducia come Antonio Marchese, il suo primo compito è di tagliare teste in società, accompagnando alla porta i dipendenti superflui. Tranne Pato ovviamente, di cui fa saltare la remunerativa vendita al Psg per questioni di cuore. Contestualmente parte la guerra contro Galliani, tramite la ricerca di un sostituto: i nomi spesi nei mesi scorsi di Michele Uva (da pochi mesi alla Coni Servizi) e Claudio Fenucci (ad della Roma, ieri in crisi e oggi lanciatissima) sembrano però sfumati nella lunga attesa.

L’escalation in autunno, con una serie d’interviste rilasciate da Barbara sulla sua idea di Milan. Idea che non contempla Galliani, come ribadito domenica, nemmeno 24 ore dopo la sconfitta che lascia i rossoneri a 3 soli punti sopra la zona retrocessione, nella peggior partenza dal 1981-82, quando poi il Milan finì in Serie B. E oggi il rilancio sui nomi di Maldini e Albertini, milanisti purosangue in pessimi rapporti con Galliani sono un’altra mossa di sublime strategia militare. Probabile che presto salti la panchina di Allegri, più in là la poltrona di Galliani, che ieri ha detto: “Ho parlato con il presidente ma non commento”. Al plenipotenziario rossonero il mandato è rinnovato annualmente nell’assemblea degli azionisti di aprile: e a meno di clamorose dimissioni, la prossima per Galliani sarà l’ultima. Per Barbara invece l’avventura rossonera è già iniziata da domenica, con una congiura del sangue degna delle migliori tragedie greche.

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