In un'ordinanza di 40 pagine, Patrizia Todisco sottolinea come l'azienda non abbia ottemperato a quanto chiesto e che vi siano ancora “accertate violazioni in materia di tutela ambientale e sanitaria”
Se l’Ilva di Taranto non rispetta in tempi stretti le prescrizioni dell’Autorizzazione integrata ambientale, gli impianti potrebbero tornare presto sotto sequestro. E’ quanto in estrema sintesi ha spiegato il gip Patrizia Todisco nell’ultimo provvedimento con il quale ha rigettato la richiesta del commissario straordinario Enrico Bondi di sbloccare i 200mila euro bloccati dalla Guardia di finanza a maggio scorso. Nelle 40 pagine che compongono l’ordinanza il gip ha motivato la decisione ribadendo che “allo stato, non risulta ancora intervenuta l’approvazione del piano industriale” e, al contrario, sono ancora “rilevanti” le “accertate violazioni delle prescrizioni in materia di tutela ambientale e sanitaria”. Ma soprattutto nel documento il magistrato ha richiato l’ultima relazione firmata dai custodi giudiziari Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento che, al termine di un sopralluogo effettuato con i carabineri del Nucleo operativo ecologico di Lecce, hanno documentato le numerose criticità ancora presenti nella fabbrica di Taranto
Nella relazione si legge che “le attività condotte dalla Societa Ilva spa risultano in notevole ritardo rispetto ai tempi prescritti dal Provvedimento di Riesame Aia 2012” e che “sussistono le pratiche operative di gestione del processi che hanno fin’oggi determinato le violazioni delle norme”. Nell’Ilva, in sostanza, non è cambiato quasi nulla. Nella fabbrica tutte le pratiche operative che hanno portato alle emissioni nocive e quindi al disastro ambientale, secondo quanto scrivono i custodi, non sono state modificate. I livelli di alcuni inquinanti, però, sono diminuiti, ma non per merito dell’azienda, ma semplicemente per la minore produzione. “Si evidenzia – si legge infatti nella relazione dei custodi tecnici in riferimento alle polveri sottili – che lo spegnimento di alcuni impianti quali, l’altoforno 1, le batterie 3-4, 5-6, 7-8, e la fermata dell’altoforno 2 e dell’acciaieria 1, hanno comportato una riduzione dell’emissioni”.
Una situazione, quindi, in cui secondo il gip la facoltà d’uso dell’area a caldo è nuovamente a rischio e potrebbe essere revocata dal magistrato ma non senza la richiesta dei pubblici ministeri. Una sorta di ultimatum al Commissario Bondi affinché le operazioni per la messa a norma dell’impianto siano concrete. A testimoniarlo ci sono i diversi passaggi in cui il magistrato ha fatto riferimento alla decisione della Corte Costituzionale che , pur definendo legittima la legge “salva Ilva”, ne ha sottolineato la necessità per via di una “situazione grave ed eccezionale” a causa di una “emergenza ambientale, dato il pregiudizio recato all’ambiente e alla salute degli abitanti del territorio circostante, e di emergenza occupazionale, considerato che l’eventuale chiusura dell’Ilva potrebbe determinare la perdita del posto di lavoro per molte migliaia di persone”. Ed è sulla base di questo che la Corte ha sottolineato “la temporaneità delle misure adottate”. Insomma il tempo stringe e la salute dei tarantini non può attendere ancora a lungo.