Ognuno ha la sua solitudine. Non parlo dello stare da soli, ma del sentirsi soli, quel vissuto emotivo che emerge anche in mezzo alla gente. Ogni solitudine ha il suo significato e per ognuno il sentimento di solitudine prende forme diverse: per alcuni è la percezione di un mondo ostile, negativo e indifferente per altri è il non avere punti di riferimento, per alcuni è il non riuscire a esprimere le proprie idee, per altri è la percezione di un abbandono vissuto o reale, per alcuni è percepire il punto di vista degli altri come non in linea con il proprio, per altri è una percezione di vulnerabilità e fragilità.

La solitudine è l’esperienza di sentirsi separato dagli altri. E’ un senso di estraneità e non appartenenza. E’ non condivisione. Per alcuni solitudine è sinonimo di insicurezza, autosvalutazione, per altri è il recupero delle forze e momento di creatività. Ogni aumento di autonomia produce inevitabilmente un aumento del sentimento di solitudine. La solitudine è uno stato d’animo che può riguardare tutti in qualche fase della vita. Ogni età ha la sua solitudine. In tenera età è in relazione a quanto le figure di accudimento sono in grado di cogliere i bisogni del bambino e regolare in maniera coerente la presenza e la cura. E’ l’aumento di vulnerabilità ai pericoli ambientali. Nella fanciullezza può essere la paura di allontanarsi dalle figure di riferimento, o l’evitamento sociale per i più svariati motivi. In adolescenza la solitudine è un sentimento che compare quando si diventa capaci di riflettere su se stessi, di guardarsi dentro, quando si prende consapevolezza dei cambiamenti in corso, quando si abbandonano le certezze dell’infanzia e della fanciullezza senza averne ancora di nuove. La solitudine è una grande sofferenza e nello stesso tempo una grande risorsa. Ritirarsi in solitudine, chiudersi in se stessi, è un modo fisiologico di rigenerarsi.

Grazie alla scoperta o alla riscoperta di parti di sé, si trovano le risorse per ripartire. A volte può essere necessario più tempo per ricominciare oppure l’individuo non ha gli strumenti per recuperare e si trattiene nella sua solitudine. Ma la vita moderna è frenetica, segue ritmi e propone spazi e obiettivi poco naturali. Nonostante tutto ci si adatta, con qualche costo sul piano personale (e sociale), ma non c’è tempo per recuperi fisiologici e a volte non si vedono di buon occhio isolamenti che la frenesia ha generato e così un ritiro diventa una depressione da eliminare a tutti i costi. In tempi diversi si può percepire un sentimento di solitudine come una risorsa o come una sofferenza. La paura della solitudine è la paura di ritrovarsi da soli con se stessi, con le proprie emozioni, è la difficoltà di stabilire un dialogo interiore, la difficoltà di incontrarsi. E’ anche l’incapacità di coinvolgersi in relazioni importanti, che siano di amicizia o sentimentali, o l’incapacità di stabilire contatti profondi e significativi con le persone care.

La coppia e la famiglia sono i luoghi in cui si sperimentano i più forti sentimenti di solitudine. Sentirsi incompresi dal partner o dai genitori durante l’adolescenza, è tra le sensazioni più dure da sopportare. A volte presenze “assenti”, fanno sentire profondamente soli. Il più potente antidoto è la condivisione: di stati d’animo, di esperienze, di progetti. La solitudine è una condizione umana che l’individuo ricerca o subisce, anche se per le sue attitudini sociali più o meno articolate e consapevoli, egli è sempre in stretta comunicazione interiore con gli altri (significativi). La solitudine, percepita o reale, è un’esperienza necessaria, inevitabilmente presente nella condizione umana, è il bisogno di individualità, che non è inferiore a quello di appartenenza, e richiede una certa dose di solitudine, che perciò non si può evitare se non a costo di forti limiti sul piano dell’identità personale. Secondo alcuni l’uomo fa parte della natura, ma si sente diverso dagli altri organismi. Il sentimento di solitudine nascerebbe proprio da qui. In un’ottica filogenetica, questa separatezza cosmica avrebbe creato le condizioni per le origini dell’amore che nascerebbe proprio come sostegno al senso di solitudine degli esseri umani (Guidano, 1999).

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