L'ammissione arriva da Pasquale Di Leva durante il processo davanti al tribunale di Monza in cui è imputato anche l'ex sindaco del comune alle porte di Milano ed ex presidente della provincia Penati
E’ un’ammissione dell’esistenza delle tangenti legate al ‘sistema Sesto‘. Pasqualino Di Leva, l’ex assessore comunale di Sesto San Giovanni convocato come teste assistito al processo in corso a Monza, ha detto, dopo una serie di tentennamenti e reticenze, di aver ricevuto soldi da Giuseppe Pasini, l’imprenditore che figura tra gli imputati assieme all’ex sindaco di Sesto ed ex presidente della provincia di Milano Filippo Penati e ad altre persone.
Di Leva, che ha già patteggiato un anno e otto mesi di carcere, è stato incalzato dal pm Franca Macchia che gli ha chiesto il motivo per cui tra il 2004 e il 2010 sui suoi conti correnti siano stati effettuati dei versamenti per 115 euro in contanti. All’inizio l’ex assessore ha negato e ha risposto con dei “non ricordo” oppure “non riesco a fare mente locale”. Ma dopo che il presidente del collegio Giuseppe Airò gli ha ricordato che era sotto giuramento e che rischiava una incriminazione per falsa testimonianza, ha ammesso: “Allora se è così, dico che i soldi me li ha dati Pasini”, il costruttore in passato interessato ad alcuni progetti edili nell’area ex Marelli e tra gli accusatori di Penati.
Di Leva ha poi affermato di non aver “preso un euro” da Piero Di Caterina, l’altro imprenditore accusatore di Penati e di non avergli nemmeno mai chiesto denaro. In particolare il presidente del collegio gli ha chiesto spiegazioni sulla richiesta di un milione e mezzo di euro che Di Caterina ha detto di aver ricevuto da lui. La risposta è stata: “Magari … io non ho preso un euro”. E il giudice: “Perché non glieli ha dati….”. “No, non li ho presi – ha ribadito l’ex assessore – e non li ho neanche chiesti”. Di Leva, inoltre, ha ripercorso i suoi rapporti con Di Caterina spiegando che con il tempo sono diventati burrascosi e ha ricordato di quando l’imprenditore si è presentato nel suo ufficio con la pistola. “Mi rimproverava di avergli messo i bastoni tra le ruote. Mi diceva che non gli facevo concludere gli affari”. L’ex assessore all’edilizia ha aggiunto di aver capito solo dopo l’avvio dell’indagine che Di Caterina si presentava a coloro che intendevano sviluppare progetti edilizi “come interlocutore dell’amministrazione comunale, ma né io né l’amministrazione ci sentivamo rappresentati da lui”.
La testimonianza di Di Leva si aggiunge a quella di settimana scorsa rilasciata da Maria Giulia Limonta, segretaria di Di Caterina: “Preparavo io le buste per i politici, secondo le indicazioni di Di Caterina”, ha detto Limonta in aula. E ha aggiunto che “in circa tredici anni all’ex capo della segreteria di Pierluigi Bersani “sono stati dati almeno tre milioni di euro”. Oltre a Penati, Pasini e Di Caterina altre sette persone sono imputate a vario titolo per corruzione, concussione e finanziamento illecito.
Martedì 5 è stata anche sentita come testimone assistito Nicoletta Sostaro che ha definito “consulenze” i soldi ricevuti un nero da Pasini e dall’architetto Marco Magni, gli stessi che si rivolgevano allo sportello al Comune di Sesto di cui la donna era responsabile, ammettendo di aver quindi avuto un duplice ruolo: funzionario pubblico e consulente. Infine alcuni finanzieri hanno approfondito alcuni capitoli dell’indagine, come quello sull’ormai noto file excel sequestrato all’architetto Renato Sarno – 9 fogli nei quali sono indicati nominativi di persone fisiche e giuridiche e importi di denaro affiancati talvolta da diciture quali acconti, contanti, versati, black – e ancora sui conti di Penati. A questo proposito la difesa dell’ex presidente della Provincia di Milano ha depositato nuova documentazione per sostenere che le entrare e le uscite sui suoi conti correnti erano regolari. Il processo riprenderà il 13 novembre.