Trentotto domande su famiglia, unioni di fatto, contraccezione, legami omosessuali… rivolte al basso, alle famiglie, al popolo dei credenti. La rivoluzione di Francesco compie un altro passo in avanti. Semplice come l’uovo di Colombo, audace come il passaggio dalla monarchia assolutista a un governo in cui il “capo” ascolta il suo popolo. Da 50 anni, da quando Paolo VI tolse al Concilio la facoltà di occuparsi della contraccezione e volle risolverlo con l’enciclica Humanae Vitae (persino contro il parere della maggioranza delle commissione da lui creata, che riteneva possibile l’uso dei contraccettivi in certi casi), la Chiesa gerarchica dei celibi ha sempre spiegato dall’alto qual è la “verità”, quali sono i dettami della “natura”, qual è il “giusto” modo di rapportarsi sul piano sessuale senza mai attingere all’esperienza delle centinaia di milioni di uomini e donne che vivono questi legami. Per secoli il popolo dei credenti è stato trattato da gregge specialmente in questo campo, ora Francesco gli restituisce la parola. Lo fa senza mettere in discussione la dottrina, ma ponendosi come un prete che vuole confrontarsi con l’esistenza dei suoi fedeli, i loro problemi, i loro interrogativi e bisogni.
Il tenore delle domande – che il Vaticano ha pubblicato ieri – è di una disarmante concretezza e rende visibile l’approccio strategico così ben descritto da Francesco nella sua intervista-manifesto alla rivista dei gesuiti Civiltà Cattolica: “Chi oggi cerca sempre soluzioni disciplinari, chi tende in maniera esagerata alla ‘sicurezza’ dottrinale, chi cerca ostinatamente di recuperare il passato perduto, ha una visione statica e involutiva. E in questo modo la fede diventa una ideologia tra le tante”. Ed ecco che le domande sono una sincera richiesta ai vescovi e al popolo credente di esprimere la realtà così com’è. Perché non ha senso decidere in base a schemi e dettami astratti. Ad esempio, come si pongono le Chiese locali “nei confronti della gente coinvolta in unioni dello stesso sesso? Qual è l’attenzione pastorale rivolta a queste persone?”. E – ancora più importante – nel caso che una coppia gay “abbia adottato figli, cosa è possibile fare pastoralmente alla luce della trasmissione della fede?”. E ancora “… i genitori (delle coppie omosessuali) come si rapportano alla Chiesa?”. Di colpo intere categorie trattate in passato come lebbrosi e in tempi recenti come i samaritani al tempo di Gesù (quelli condannati per un modo di vivere sbagliato, non come i giusti farisei!) diventano persone a cui rivolgersi con attenzione umana inscindibile da quella pastorale. Alla Chiesa wojtyliana e ratzingeriana che già sapeva cosa dire ai divorziati risposati un “no” secco alla richiesta di poter fare la comunione – Francesco contrappone la semplicità del questionario: “Che domande pongono i divorziati risposati alla Chiesa riguardo ai sacramenti dell’eucaristia e della riconciliazione? Tra quelle persone, che si trovano in questa situazione, quanti chiedono questi sacramenti? Una semplificazione dei procedimenti canonici nel riconoscere la dichiarazione di nullità del legame matrimoniale potrebbe favorire un contributo positivo alla soluzione dei problemi delle persone coinvolte?”. La prima lezione che si trae da questo evento è che per la prima volta un papa vuole ascoltare ciò che le Chiese locali dicono dal basso, in ogni parte del mondo. Ma c’è un secondo aspetto significativo che riguarda le difficoltà che la rivoluzione di Bergoglio incontra e incontrerà. Il questionario è stato mandato alle conferenze episcopali tempo addietro. Soltanto i vescovi d’Inghilterra e del Galles hanno colto lo spirito della svolta di Francesco e hanno messo immediatamente in Internet il questionario, chiedendo esplicitamente ai fedeli di rispondere. Con una trasparenza totale, stimolando gli interlocutori nella loro precisa esperienza di vita. A uno a uno: laici, genitori, catechisti, membri di associazioni, preti, cappellani ecc.
La maggioranza degli episcopati, dall’Italia agli Stati Uniti, si è tenuta invece per sé il questionario: nell’ottica tradizionale di elaborare dall’alto – o con prudenti consultazioni ben guidate – le risposte da mandare al papa (formalmente alla segreteria del Sinodo dei vescovi), che le chiede entro tre mesi. È stato per questo che Francesco ha dato l’ordine di rendere pubblico al mondo l’intero il contenuto del questionario. E in questa linea il segretario del Sinodo, mons. Lorenzo Baldisseri, ha comunicato alla stampa che ciascun fedele può mandare direttamente le sue risposte in Vaticano. Francesco può pure incontrarsi regolarmente con il pontefice emerito Benedetto e intrattenere con lui rapporti cordiali di stima e di affetto sincero. Ma niente come l’iniziativa del questionario caratterizza meglio il rovesciamento di prospettiva e di azione del governo di Bergoglio rispetto ai metodi del pontificato di Wojtyla e di Ratzinger. La Chiesa sta vivendo una rivoluzione. “Purtroppo”, pensano molti prelati.
Da Il Fatto Quotidiano, 6 novembre 2013