Il Daily Express lancia una petizione online per "rinviare a tempo indefinito l’ingresso di rumeni e bulgari" nel Paese. Firmano quasi 30mila persone. Intanto però uno studio dell’University College London spiega: "Gli stranieri ricevono meno benefit rispetto a quanto versano in contributi"
“Con una disoccupazione così galoppante, far entrare nel Regno Unito tutti questi nuovi immigrati sarebbe un tradimento nei confronti dei giovani britannici. Firma anche tu per spingere il governo a rinviare a tempo indefinito l’ingresso di rumeni e bulgari in questo Paese”. Questo è l’appello che il Daily Express, noto giornale tabloid con più di cento anni di storia, ha lanciato alcuni giorni fa. Ricevendo il supporto, in cinque giorni, di oltre 15mila persone al giorno, che hanno firmato online oppure hanno addirittura inviato un coupon, ritagliato dal giornale, in redazione.
L’obiettivo della campagna è semplice ma alquanto preoccupante, soprattutto in un Paese in cui non mancano partiti, formazioni e movimenti contrari all’immigrazione: “obbligare” il governo di coalizione fra conservatori e liberaldemocratici, guidato da David Cameron, a rivedere l’apertura, dal primo gennaio del 2014, a Romania e Bulgaria, Paesi dai quali, al momento, l’immigrazione è limitata. “Rischiamo 70mila nuovi ingressi all’anno da ognuno di questi due Paesi – dice ora chi ha pensato la campagna del Daily Express – e questo non è tollerabile”. Così, sul sito Internet, a corredo dell’annuncio, fotografie di rumeni che d’estate dormono e stazionano vicino a Hyde Park, l’enorme parco londinese. La zona di Marble Arch è infatti entrata più volte al centro delle cronache della stampa locale che ha documentato il fenomeno di chi è costretto ad avere come tetto il – spesso – grigio cielo londinese.
Chiaramente, le comunità rumene e bulgare sono già presenti nel Regno Unito e, spesso, sono ben integrate. Nella Capitale, soprattutto quei cittadini di origine rumena arrivati negli anni più recenti trovano occupazione nella ristorazione, nei bar e negli hotel, come tante altre comunità, quella italiana di recente immigrazione inclusa. Ma è già da mesi che la stampa britannica, non solo il Daily Express, lanciano lo “spauracchio” di una paventata “invasione di massa”. La disoccupazione nel Regno Unito è al 7,7% al momento, ma l’appello del Daily Express non punta solo sul lavoro: “Il loro arrivo metterebbe a repentaglio l’edilizia popolare, il welfare, il sistema di aiuti di Stato e persino la coesione sociale”.
Un appello che ora inizia a destare preoccupazione, anche in coloro che hanno spesso deriso la stampa tabloid – che comunque ha pur sempre un grandissimo seguito, con milioni di copie vendute ogni giorno – ma anche a essere supportato da una parte della politica. Come il parlamentare conservatore Douglas Carswell, fortemente euroscettico, che al Daily Express ha espresso il suo supporto: “Penso sia giusto che il giornale stia facendo quello che la classe politica finora non è ruscita a fare, cioè parlare seguendo il senso comune per conto del Paese”. Peccato che il premier David Cameron, alla fine, stia solo rispettando le leggi europee che impongono l’allentamento delle restrizioni dal primo gennaio. Ma spesso, qui nel Regno Unito, l’Ue è vista solamente come un insieme di lacci e lacciuoli.
Intanto, però, un nuovo studio dell’University College London lancia segnali ben diversi. Secondo la ricerca, gli immigrati arrivati nel Regno Unito dal 2000 in poi beneficiano di aiuti di Stato o di edilizia popolare molto meno di quanto faccia chi già vive nel Paese da tempo. Ma c’è di più. Secondo lo studio, sempre dal 2000 a oggi, gli immigrati di recente arrivo hanno contribuito alle entrate fiscali del Paese per almeno 25 miliardi di sterline, quasi 30 miliardi di euro. Così, soprattutto per quanto riguarda chi è arrivato dai Paesi dell’Unione europea, gli stranieri hanno pagato in tasse il 34% in più rispetto a quanto abbiano ricevuto in welfare, benefit (così sono chiamati gli aiuti di Stato come il sussidio di disoccupazione e di integrazione al reddito), ed edilizia sociale. Immigrati che, fra l’altro, sono molto più attivi nel mercato del lavoro rispetto a quanto lo fossero negli anni Novanta, studiano molto di più all’università – raggiungendo lo stesso tasso di iscrizione dei britannici – e contribuiscono sempre di più al fisco del Regno Unito. “Chi accusa gli immigrati di praticare il ‘turismo dei benefit’ è assolutamente disconnesso dalla realtà”, hanno commentato gli estensori dello studio. La campagna del Daily Express andrà comunque avanti per settimane.