Una denuncia per collocamento fittizio di azioni che potrebbe portare a una multa da 124 milioni di dollari, un’offerta pubblica iniziale “segreta” per sfuggire ai riflettori della stampa e 20 milioni di utenti falsi che incidono sul valore della società. Mentre tutto è pronto per lo sbarco in Borsa di Twitter non mancano le ombre sulla quotazione del social network, che ha fissato il prezzo delle proprie azioni a 26 dollari, una cifra superiore alle forchetta di prezzo di 23-25 dollari individuata in precedenza. L’azienda punta così a raccogliere 1,82 miliardi di dollari, facendo schizzare il suo valore a 18 miliardi.

La denuncia per collocamento fittizio di azioni
Twitter è stata denunciata nei giorni scorsi da due fondi americani, che la accusano di avere progettato nel 2012 un collocamento fittizio di titoli per gonfiare la valutazione della società e creare interesse degli investitori nei confronti dell’operazione (una Initial public offering, Ipo). Precedo Capital e Continental Advisors, che si ritengono defraudate per la possibilità di acquisto poi sfumata, hanno citato in giudizio la società presso il tribunale federale di Manhattan, a New York, dicendo di essere state danneggiate “in termini di perdite di commissioni e spese così come reputazione”. Una denuncia che potrebbe costare al social network 24,2 milioni di dollari di risarcimento e altri 100 milioni di dollari di multa.

Un’Ipo “segreta” per nascondere i dettagli finanziari
L’avvicinamento di Twitter ai mercati finanziari ha fatto discutere fin dall’inizio. L’azienda di San Francisco ha presentato una domanda “confidenziale” di Ipo, che le ha permesso di procedere verso la quotazione senza svelare al pubblico i dettagli della propria situazione finanziaria. Una prassi legale, individuata dal Jobs Act firmato dal presidente americano Barack Obama in aprile per andare incontro alle start-up emergenti con ricavi inferiori a 1 miliardo l’anno. L’Ipo “segreta” permette infatti alla società di evitare l’attenzione della stampa sulla propria situazione finanziaria in un momento particolarmente delicato, mentre ha addosso i riflettori del governo, degli investitori e delle autorità di controllo.

I vantaggi, secondo gli esperti, sono evidenti. La via “confidenziale” scelta da Twitter le permetterà di mantenere i dati finanziari nascosti ai concorrenti nel momento che precede la quotazione e di evitare il boom di anticipazioni che ha messo i bastoni tra le ruote a Facebook alla vigilia del disastroso sbarco in Borsa dell’anno scorso. Ma i più critici fanno notare che un’azienda come Twitter, che ha fatto la sua fortuna puntando sulla trasparenza e sulla comunicazione istantanea, avrebbe dovuto scegliere una strada più limpida per avvicinarsi a Wall Street.

Oltre 20 milioni di profili fake, un business da 360 milioni
C’è poi il problema dei profili fake, ovvero finti, che fanno aumentare in modo non giustificato il valore della società. Twitter ha dichiarato nei documenti presentati per l’Ipo di avere 215 milioni di utenti attivi su base mensile, sottolineando che “non più del 5%” di questi sono fasulli, anche se si tratta di una “stima su base statistica e non di un calcolo completo, attualmente irrealizzabile”. Ma i numeri rischiano di essere ben maggiori. Il magazine PRWeek ha denunciato in primavera che almeno 20 milioni di profili del social network non corrispondono ad altrettanti utenti reali. Spesso sono generati da spambot, finalizzati alla raccolta di una serie di dati personali allo scopo di realizzare liste di indirizzi per la trasmissione di messaggi di posta indesiderata.

Ma nella maggior parte dei casi i profili fasulli sono creati da aziende private che incassano milioni di dollari di profitti vendendo follower, ovvero coloro che seguono altri utenti, ad agenzie pubblicitarie o a celebrità e politici che puntano così ad aumentare la loro credibilità. I follower vengono venduti a blocchi di mille o un milione, portando gli esperti a stimare un business di circa 360 milioni l’anno.

Rischio di una quotazione flop come Facebook?
Le ombre sulla quotazione, quindi, non mancano. Quello che Twitter si augura è di non fare la fine di Facebook. La quotazione del social network di Mark Zuckerberg, a maggio del 2012, fu un vero flop. L’azienda di Palo Alto, California, aumentò drasticamente sia il prezzo che le dimensioni del collocamento alla vigilia dello sbarco in Borsa, dove era approdata con una valutazione superiore ai 104 miliardi di dollari. Peccato però che nel secondo giorno di scambi il titolo sia crollato dell’11%, complici polemiche sulla trasparenza dei suoi conti e incidenti tecnici sulla piazza del Nasdaq nel giorno di collocamento. Il leader dei social network continuò a scivolare fino a più che dimezzare il valore in pochi mesi. E soltanto un anno dopo è riuscito a risalire al prezzo di collocamento. Intanto, però, l’apertura ai mercati che non ha di certo fatto guadagnare soldi ai fan di Facebook, ha permesso a Zuckerberg di incassare oltre un miliardo di dollari per la vendita di 30,2 milioni di azioni.

Le differenze tra i due social network, tuttavia, sono molte. A partire dai bilanci. Rispetto a Facebook, Twitter non ha mai portato a casa utili che, secondo gli analisti, non arriveranno prima del 2015 o 2016. E sta registrando un fatturato in continua crescita anche se ancora modesto, appena 422 milioni di dollari nei primi nove mesi del 2013 (un decimo rispetto a Facebook), che – secondo le previsioni di eMarketer – sfiorerà un miliardo l’anno prossimo grazie alla pubblicità sui dispositivi mobile.

Un’unica certezza: affari d’oro per le banche
Resta quindi l’interrogativo su come andrà a finire l’esordio del social network sui mercati finanziari. Una cosa, per ora, è certa. Le banche d’affari che stanno orchestrando l’Ipo hanno già fatto un ottimo affare. Il bottino più ricco sarà incassato da Goldman Sachs, che porterà a casa il 38,5% delle commissioni, ovvero fino a 20 milioni di dollari. Segue Morgan Stanley con il 18% delle commissioni, Jp Morgan con il 15% e Bank of America e Deutsche Bank con l’8% ciascuna.

E l’interesse del mercato sembra non mancare. All’inizio di ottobre, pochi giorni dopo che Twitter aveva scelto il ticker TWTR come sigla di negoziazione in Borsa, alcuni investitori presi dalla fretta di puntare sul social network si sono confusi iniziando ad acquistare le azioni di un’azienda chiamata Tweeter Home Entertainment, con una sigla (TWTRQ) simile a quella di Twitter. Al punto che il titolo è arrivato a guadagnare il 1.500%, chiudendo la giornata in rialzo del 684 per cento.

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