Impronte digitali obbligatorie per fermare i parlamentari pianisti. Ma non tutti le depositano: una ventina di irriducibili “obiettori di coscienza” (del Pdl e Fratelli d’Italia) si sono rifiutati di consegnare le proprie “minuzie” – termine tecnico che indica le impronte dei polpastrelli – alla Camera. Ieri Sergio Boccadutri (Sel) ha chiesto che il sistema di voto, basato sul riconoscimento delle impronte digitali, diventi obbligatorio: la sua proposta è stata accolta a Montecitorio. Per “piegare” gli irriducibili, però, sarà necessario che il regolamento sia formalmente cambiato dall’ufficio di presidenza.

Soltanto allora alla Camera si interromperà il malcostume dei pianisti: quei parlamentari che inseriscono una mano nella propria buca e l’altra in quella del collega vicino di banco – in quel momento assente – per votare al suo posto. Nel migliore dei casi si tratta di un voto doppio. Ma non è raro trovare parlamentari acrobati che, con scatti felini, riescono a votare anche in tre o quattro postazioni deserte. “Anche se la proposta è stata accolta dalla presidenza – dice il deputato di Sel – ho chiesto che fosse votata dall’aula: era necessario un pronunciamento chiaro”. Il suo ordine del giorno è passato con 424 voti favorevoli, 37 contrari e 9 astenuti. Gli obiettori sono rimasti pochi: “Alcuni deputati – dice il tesoriere di Sel, guardando la parte destra dell’emiciclo – si sono rifiutati di consegnare le loro impronte”. Il riferimento è a una ventina di parlamentari del Pdl e Fratelli d’Italia che si definiscono obiettori di coscienza e – fino a quando non interverrà il nuovo regolamento – potranno votare con le vecchie procedure. E c’è un dettaglio da non sottovalutare: il voto in aula è un attestato di partecipazione, quindi vale come “gettone” di presenza, rimborsato dallo Stato.

Il sistema delle impronte digitali, introdotto del 2009, è stato testato dall’ex presidente della Camera, Gianfranco Fini. Fu presto sabotato: mentre la Camera approvava il decreto Milleproroghe, un pianista è sfuggito al controllo. Da allora questi sponsor del voto plurimo non hanno dato segni di cedimento. “L’ultimo episodio – racconta il deputato di Sel – è di pochi giorni fa: la Camera ha annullato una votazione perché alcuni colleghi sono stati sorpresi a votare per sé e per altri”. A giugno è stato Roberto Formigoni a essere sorpreso dal senatore del M5S Vincenzo Santangelo mentre votava in un’altra postazione. L’ex presidente della Lombardia, imbarazzato, ha ammesso di aver fatto uno scambio di tessere: “Il collega ha ragione. Avevo messo la mia tessera nel posto sbagliato”. Nella stessa giornata è stato scoperto un altro pianista: il senatore Pdl Franco Carraro, accusato da Marino Mastrangeli, collega del Gruppo Misto, di aver votato al posto di Carlo Giovanardi, suo compagno di banco. “Non siamo all’asilo”, ha protestato Giovanardi che si è giustificato così: “Non è possibile che una persona resti seduta al suo posto, per tre ore, senza allontanarsi di un metro”. Anche la senatrice Eva Longo, Pdl, ha la passione del pianismo: è stata denunciata per tre volte dalla sua collega pentastellata Sara Paglini, che ha commentato: “Dopo la terza volta dovrebbe scattare il cartellino rosso e l’espulsione”.

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