L'Arpa del Lazio ha monitorato gli inquinanti di Borgo Montello, seconda discarica del Lazio circondata da aree agricole, e ha inviato i dati a Comune, Provincia e Regione. Che li tengono per sé
L’area della seconda discarica del Lazio – Borgo Montello, alle porte di Latina – è una bomba ecologica, pronta ad esplodere. Gli ultimi dati del monitoraggio dell’Arpa Lazio sulla falda acquifera – pronti dallo scorso maggio, ma mai divulgati – dimostrano che l’inquinamento già riscontrato nei precedenti studi non è diminuito. Anzi. Secondo alcune indiscrezioni provenienti da fonti autorevoli dell’ente ambientale, le analisi mostrerebbero una contaminazione delle zone agricole confinanti con l’area della discarica. Decine di ettari coltivati ancora oggi con frutteti e campi, i cui prodotti sono distribuiti nell’intera regione Lazio.
Le analisi sono state effettuate dall’Arpa tra il 2010 e il 2012. Il primo report – con i dati definiti “preoccupanti” – è stato inviato sei mesi fa al Comune e alla Provincia di Latina e ai due assessorati competenti della Regione Lazio, Fabio Refrigeri e Michele Civita. Nessuno di questi enti ha fino a oggi pubblicato i dati e nessuna allerta particolare è stata inviata – da quanto risulta a ilfattoquotidiano.it – alle popolazioni residenti nell’area della discarica o alle aziende agricole della zona, che hanno continuato ad utilizzare le acque dei pozzi per l’irrigazione. L’Arpa Lazio ha spiegato che è in attesa del report dell’Ispra per poter pubblicare la versione finale dello studio, senza però fornire una previsione dei tempi necessari.
I dati allarmanti sono, in ogni caso, confermati: “Manca solo un’ultima valutazione d’insieme”. Per capire il tipo di inquinamento presente nella discarica di Borgo Montello occorre leggere l’ultima relazione pubblica, che risale al 2009. Qui l’analisi è chiara: in diversi punti della zona i valori di metalli pesanti e di alcuni solventi superano i limiti massimi previsti dalla legge. Tra le sostanze incriminate ci sono due solventi di chiara origine industriale, il 1,4 diclorobenzene e il 1,2 dicloroetano, utilizzati, tra l’altro, nell’industria chimica e farmaceutica. Nel rapporto del 2009 – i cui dati sono stati sostanzialmente confermati dalle ultime analisi non ancora divulgate – sono indicati superamenti di solfati, di metalli, del cloruro di vinile e del Triclorometano.
Questo insieme di dati dimostra che in quegli invasi in passato sono entrate scorie di origine industriale, confermando il racconto – e le preoccupazioni – della popolazione. Lo stesso Carmine Schiavone, fin dalle sue deposizioni del 1996, aveva ricordato il traffico di rifiuti pericolosi dalla Toscana verso l’area di Borgo Montello, gestito – secondo il collaboratore – da esponenti del clan dei casalesi. E proprio oggi dalla procura di Roma è trapelata la notizia dell’apertura di un’inchiesta della Dda sul traffico di rifiuti nell’area di Latina ricostruito da Carmine Schiavone nelle sue recenti interviste.
Fin dai primi anni ’90 a Latina si parla dei fusti tossici smaltiti all’interno della discarica, oggi gestita da due società. Nel 1992 la procura di Latina aveva aperto la prima indagine sulla presenza dei rifiuti pericolosi, senza arrivare ad un risultato concreto. Solo recentemente il pm Giuseppe Miliano è riuscito a concludere le indagini su uno dei due gestori, Ecoambiente, chiedendo il rinvio a giudizio dell’amministratore delegato Bruno Landi, ipotizzando la contaminazione delle acque. In questo caso l’accusa è di non aver bonificato adeguatamente l’area, prima di abbancare nuovi rifiuti. Durante l’interrogatorio davanti al Gup, lo stesso Landi ha ammesso la contaminazione dell’area della discarica, negando solo la responsabilità della sua società.
Mentre i nuovi dati rimangono chiusi nei cassetti, la regione Lazio ha deciso nei giorni scorsi di rinnovare l’autorizzazione per la realizzazione di un nuovo impianto a Borgo Montello, proprio nell’area indicata dall’Arpa come contaminata, a pochi metri dalle case. A beneficiarne è la stessa società sotto inchiesta per avvelenamento delle acque, Ecoambiente, partecipata per il 49% dal gruppo Cerroni. E in quello stesso processo la Regione ha annunciato di voler chiedere la costituzione come parte civile.