La leggenda non si discosta neanche troppo dalla verità, è solamente la storia che meriterebbe una messa a punto. A quanto pare, però, la prima volta che il menestrello di Duluth attraversa l’Oceano Atlantico, tra la fine del 1962 e gli inizi del ’63, dopo un periodo trascorso in Inghilterra, fa tappa in Italia, trascorrendo qualche giorno a Roma. E sempre secondo la leggenda, è in una ex cantina umida e puzzolente di via Garibaldi, nel quartiere romano di Trastevere, a quel tempo trasformato in circolo culturale e passato alla storia come Folkstudio, che un giovanissimo Bob Dylan en passant, fa la sua prima apparizione – peraltro non memorabile – davanti al pubblico romano. Ubriaco, ovviamente non è ancora il santone che di lì a poco avrebbe trasformato la musica pop in una nuova ed emozionante forma d’arte.
A cinquant’anni di distanza da quei giorni, tutt’altra accoglienza viene tributata a questo mito vivente della musica. Il pubblico è quello delle grandi occasioni all’Atlantico di Roma, dove Robert Zimmerman prosegue il suo “Never Ending Tour”, iniziato nel 1988, quando sulle cartine geografiche c’era ancora l’Urss, la città di Berlino era attraversata da un muro che la divideva in due, e le ideologie avevano ancora un senso. Oggi i tempi sono cambiati, e il cantastorie oramai gestisce con disinvoltura quel fardello, che poi sarebbe la sua storia. E poco importa se cantando si allontana sempre più da Woody Guthrie, quanto più si avvicina a Tom Waits, anche se con meno grazia.
Bob Dylan, oggi settantaduenne, si presenta con una formazione composta da sei uomini, lui compreso. Sul palco lo affiancano Stu Kimball alla chitarra acustica, Tony Garnier al basso e al contrabbasso, George Receli alla batteria, Charlie Sexston alla chitarra elettrica e Donnie Herron alla chitarra orizzontale slide, al violino e al banjo. È la stessa formazione con la quale Dylan ha registrato i suoi dischi più recenti, da Love and Theft del 2001 all’ultimo Tempest del 2012. La scenografia è minimal, un telo da teatro bordeaux fa da sfondo alla band, e le luci soffuse creano un’atmosfera molto avvolgente. Il caldo all’interno dell’Atlantico è al limite della sopportazione. Ma con quei cinque sul palco e con un po’ di immaginazione pare di essere in un teatro di Chicago.
Finalmente, dopo tanta attesa e trepidazione, Don’t think twice rompe gli indugi, per un concerto di quasi due ore, durante le quali fra lo stupore generale, su 17 canzoni eseguite ben nove sono quelle ripescate dal lontano passato. In molti tra il pubblico iniziano a rendersi conto di star assistendo a un concerto-evento, “diverso” da tutti gli altri, che avrebbe fatto la storia. Almeno quella della comunità dylaniana. Perché dopo mesi che presentava sempre la stessa scaletta, Bob Dylan ha spezzato gli equilibri, cantando brani storici. Ogni fan sa che il menestrello di Duluth dosa come un medicinale i capolavori da esibire. E invece Dylan sorprende tutti: apre lo scrigno da dove estrae tra le altre, perle come Make you fell my love, Highway 61 Revisited, Most Likely you go your way (and I’ll go mine), Boots of Spanish Leather e Every grain of sand, perfino Queen Jane Appoximately. Tutte riarrangiate in base al sound degli ultimi lavori di Dylan, tra il blues, lo swing e il folk.
Durante l’intero concerto, gli unici strumenti che Bob Dylan suona sono il pianoforte a coda e l’armonica a bocca. Se ne sta seduto, anche se appare molto ispirato, divertito. Le uniche parole che pronuncia, in italiano, sono “Ciao amici”. Non imbraccia mai la chitarra, canta solo un brano in piedi, e cosa importante, in oltre due ore non stona mai, raggiungendo l’apice quando esegue Like a Rolling Stone, anche se ne stravolge l’arrangiamento. E’ a questo punto che finalmente il pubblico, rimasto in estasi e in religioso silenzio – infatti più di qualcuno gli urla “tu sei Dio”, in inglese – inizia a cantare il ritornello di una delle canzoni che hanno fatto la storia. E quando il concerto pare esser giunto alla conclusione riparte con All Along The Watchtower fra lo stupore generale. La leggenda, del resto, ha bisogno di essere alimentata.
Questa la scaletta della serata:
1. Don’t Think Twice
2. Leopard-Skin Pill-Box Hat
3. Watching The River Flow
4. Blind Willie McTell
5. Honest With Me
6. Make You Feel My Love
7. Tweedle Dee & Tweedle Dum
8. Queen Jane approximately
9. Highway 61 Revisited
Intervallo
10. Just Like Tom Thumbs Blues
11. Ain’t Talkin’
12. Most Likely You Go Your Way And I’ll Go mine
13. Boots Of Spanish Leather
14. The Levee Gonna Break
15. Every Grain Of Sand
16. Like A Rolling Stone
17. All Along The Watchtower