In sedici hanno subito misure cautelari, divieto di dimora e interdizione dalla professione, in 400 sono indagati a vario titolo per associazione a delinquere finalizzata alla truffa, corruzione, falsa testimonianza, frode assicurativa. Sotto sigillo sono finiti beni, tra cui una villa ad Ischia, del valore di quasi 4 milioni di euro. Sono i numeri dell’inchiesta, durata 4 anni, condotta dai carabinieri, guidati dal capitano Michele Capurso, e dalla guardia di finanza di Nola, agli ordini del comandante Luca Gelormino, coordinati dalla Procura di Nola, procuratore aggiunto Maria Antonietta Troncone.
Le misure cautelari hanno colpito diversi professionisti a capo dell’organizzazione che in Campania truffava le compagnie assicurative e anche lo stato accedendo in modo illegittimo al fondo unico per le vittime della strada. La giostra dei falsi sinistri era ben collaudata per un totale accertato di un milione e mezzo di euro di indennizzi per incidenti inventati. Al vertice della piramide c’erano gli avvocati: il gip ha riconosciuto l’impianto accusatorio che individuava 4 organizzazioni dedite alla truffa orbitanti attorno a diversi studi legali. Il primo è lo studio Muto, per gli avvocati Antonio e Massimo, foro di Avellino, è scattata l’interdizione dall’esercizio dell’attività forense, stesso dicasi per lo studio Cerciello, Nunzio e la moglie Maria Cristina De Vivo. Medesima misura per il legale Marco Coppola, Rossella Ranieri e Giuseppe Iervolino, questi ultimi del foro di Nola.
“Sono proprio i legali – scrive la Procura nella richiesta cautelare – a ideare, programmare ed attuare le singole richieste”. Coinvolti anche altri legali, in tutto 12, in forma non associata, che procacciavano falsi certificati medici. Era il secondo e fondamentale livello della piramide, la compiacenza dei medici, coinvolti in 62, che dovevano, in cambio di denaro, fornire nell’ordine referti, documentazione e certificati falsi per sinistri mai avvenuti. Tra i medici, interdizione, per Salvatore Duraccio, in servizio presso il Loreto Mare di Napoli, così per Felice Peluso, che lavora presso il nosocomio Santa Maria della Pietà di Nola. Stesso ospedale di Francesco Coppola sottoposto all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, stessa misura per Maria Capasso, medico presso l’Asl Napoli 3. Oltre ai medici, coinvolti anche periti assicurativi, impiegati bancari.
Alla base della piramide, attraverso intermediari e procacciatori che li assoldavano, persone comuni che venivano pagati come falsi testimoni, compenso 50 euro, o nel ruolo di danneggiato/danneggiante, compenso dai 500 ai 1000 euro. Dall’avvocato al disoccupato e la truffa interclassista era servita. Perfino i bolli usati dagli avvocati erano falsi per risparmiare sui costi frodando l’erario. L’inchiesta parte dalla denuncia di un cittadino che aveva subito minacce da Angelo Amoroso, sottoposto a divieto di dimora. Dalle intercettazioni disposte sull’utenza di quest’ultimo si è allargata l’inchiesta fino a scoprire la rete illecita della quale Amoroso è ritenuto uno degli organizzatori attraverso la sua agenzia assicurativa.
Dentro la richiesta cautelare firmata dalla Procura c’è un quadro di illeciti sistemico. Si parte dal linguaggio criptico. E’ Cesare Di Palma, uno dei medici privati indagati, a raccontare, nell’interrogatorio nel 2011, il significato di parole incomprensibili al centro dei colloqui tra gli associati: “Con il termine “hotel” indicano con ogni probabilità i presidi ospedalieri; con “rappezzo” e “guaina” si indica senza ombra di dubbio la documentazione medica”. E spunta anche ‘zio Silvio’ l’appellativo con il quale si indicava uno dei medici coinvolti nell’inchiesta, Felice Peluso. E poi, con buona pace di Ippocrate, ci sono i falsi certificati firmati dai medici. Tra i tanti casi quello relativo ad alcuni soggetti che Amoroso aveva procacciato per inscenare un falso incidente e ai falsi referti medici elaborati dal medico Salvatore Duraccio. Si raggiunge il colmo visto che i finti danneggiati in sede di interrogatorio indicavano come parti del corpo ferite quelle destre mentre nel referto l’indicazione recitava: “gomito sx, ginocchio sx, caviglia sx”. Il tariffario dei medici era il seguente: “ I compensi variavano – si legge nella misura cautelare – dai 5-10 euro (per una relazione medica), a 30-100 euro (per gli esami strumentali o esami strumentali+relazione) a 100-150 euro (per i referti ospedalieri)”.