Segreto di Stato. Il luogo della sepoltura di Erik Priebke non deve essere reso noto. Motivi di ordine pubblico, si spiega: c’è il timore dei pellegrinaggi di nostalgici neonazisti, di manifestazioni di protesta e persino il rischio di profanazione della fossa che ospita il capitano delle Ss responsabile dell’eccidio delle Fosse ardeatine. Così, se il passato non passa bisogna mettergli il sigillo affinché nessuno sappia mai. Da ieri tuttavia sappiamo che, da fine ottobre, riposa nel cimitero all’interno di un carcere. Dove, per non correre il rischio di essere arrestati, possiamo solo ipotizzarlo.
Ricostruendo passo dopo passo il percorso raccontato dal direttore di Repubblica, Ezio Mauro, sul giornale in edicola ieri, possiamo pensare che la destinazione sia stata la Sardegna. Una terra tristemente abituata a raccogliere quello che il Continente non vuole. Basi e servitù militari, supercarceri di massima sicurezza, lo spettro delle centrali nucleari. E ora, nell’unica regione che non ha conosciuto l’occupazione nazista, potrebbe essere arrivato il feretro che nessuno vuole. A portare fin sulle sponde dell’isola sono gli indizi nella ricostruzione di Mauro. La bara, ha scritto, si muove dalla base militare di Pratica di Mare alle 3.45 di una domenica, dopo essere rimasta in un hangar dal 16 ottobre. Dopo circa due ore trasborda e viene caricata su un altro mezzo. Arriverà a destinazione, scrive Mauro, “in piena domenica”. Difficile non pensare che il carro funebre sia arrivato in gran segreto a Civitavecchia (poco più di un’ora da Pratica di Mare) per poi giungere a Cagliari, o a Olbia, dopo una decina di ore di navigazione. Da qui il tragitto verso il piccolo cimitero riprodotto nelle foto del quotidiano. Scrive Mauro: “Strade prima comode” – la Carlo Felice? – “poi di mezza montagna”. E la Sardegna è piena di montagne. Non solo: uno dei simboli dell’isola sono i tanti “alberi che si piegano”, come scrive Mauro, al soffio del Maestrale. Inoltre, storicamente, nella terra dei nuraghi non mancano carceri, colonie penali (nell’articolo si parla di “giorno di lavoro”), spesso isolate dalle città, dai centri abitati e difficili da raggiungere da possibili pellegrinaggi in stile Predappio.
Se l’ipotesi sarà mai confermata (ieri il legale di Priebke ha smentito Repubblica), più di questo gli italiani non dovranno sapere. Né lo sanno i sindaci e il presidente della Regione. Lo ha chiesto anche la comunità ebraica romana: “Non c’è altro da aggiungere ormai sul boia delle Fosse Ardeatine ora che siamo arrivati alla fine di questa tormentata vicenda. Ci auguriamo che l’oblio lo avvolga per sempre e che resti perpetua la memoria delle vittime da lui causate”, ha scritto il presidente Riccardo Pacifici. “Resti per sempre ignoto il luogo della sua sepoltura. Oggi lui ha da morto un numero sulla sua lapide, mentre i nostri fratelli ebrei avevano un numero da vivi sul braccio”.
di Silvia D’Onghia e David Marceddu
da Il Fatto Quotidiano dell’8 novembre 2013