Film d’apertura fuori concorso dell’8° Festival internazionale del film di Roma. Attraverso il filtro della commedia ripercorre l’avventurosa vita dell’Uomo Qualunque a partire dalla fine degli anni ’60 fino ad oggi, passando per l’omicidio Moro ai sorrisi di Berlusconi in occasione della fatidica “discesa in campo”
“Perché in Italia dobbiamo raccontare la storia solo di quelli che non pagano le tasse?”. Giovanni Veronesi invoca l’inversione di rotta, “parliamo di onesti”. Ernesto Marchetti, suo fedelissimo autista, è un uomo perbene. A una sosta in un autogrill gli ha casualmente raccontato la sua storia e ne è nato L’ultima ruota del carro, film d’apertura fuori concorso dell’8° Festival internazionale del film di Roma. Attraverso il filtro della commedia (“da cui noi italiani non dobbiamo mai staccarci, perché non abbiamo altro nella nostra tradizione”) ripercorre l’avventurosa vita dell’Uomo Qualunque a partire dalla fine degli anni ’60 fino ad oggi, passando per l’omicidio Moro ai sorrisi di Berlusconi stampati sui manifesti seriali di Forza Italia in occasione della fatidica “discesa in campo”.
Anche Ernesto, a cui dà corpo e volto un magnifico Elio Germano, fu a modo suo affascinato da quel sorriso rassicurante, “un modo per avvicinare la gente semplice, ignorante, non certo gli intellettuali.. e ci riuscì”, chiosa il regista toscano che si è sentito in dovere di fare questo film “prima che mio fratello ne facesse un romanzo”. Ernesto, sposato da sempre con la serafica Angelina, vive ancora a Borgo Pio nell’appartamento ceduto dai suoceri quando “abitare in centro era ancora popolare” ed era amico intimo di un famoso pittore (forse Schifano, ma non è dato a sapersi) che nella pellicola è specchiato dalla visceralità di Alessandro Haber. “Abbiamo chiamato Mimmo Paladino per una consulenza: ci ha aiutato gratuitamente, mettendoci a disposizione le sue opere degli anni ’80 e persino dipingendocene una per il set. Un artista e uomo straordinario”. Fanatico tifoso della Maggica, Ernesto Marchetti è una sorta di Candìd tricolore, quello che “se la pija in der culo” che mai ha perso dignità e buonsenso “basico”.
Progetto encomiabile, forse il miglior film di Veronesi – “che De Laurentiis probabilmente non mi avrebbe fatto fare mentre con Domenico Procacci ci siamo intesi alla perfezione” – ma dal punto di vista del valore cinematografico appare come una commedia poco graffiante, troppo lieve nei toni e superficiale per paragonarsi anche lontanamente alla leggendaria “commedia all’Italiana” dal regista continuamente evocata. L’appartenenza è quella a un cinema medio di compiaciuta fattura che vuole piacere un poco a tutti piuttosto che molto a pochi. Salva l’interpretazione di Germano e Haber che superano di spanne il valore del film. 350 saranno le copie dal 14 novembre lungo il Belpaese.
Mentre si attendono i film del concorso ufficiale, l’atmosfera all’Auditorium Parco della Musica è in fase di riscaldamento: se è troppo presto per sapere e capire se questa sarà un’edizione vincente, già da ora si possono lodare le migliorie alle infrastrutture.