Secondo il giudice per le indagini preliminari il primo cittadino "manifesta nella gestione della 'res publica' una disinvoltura che trasmoda nel totale disprezzo per le garanzie di imparzialità imposte dalla legge"
Non per soldi, ma per la politica. O qualcosa del genere. E così il primo sindaco sceriffo ha architettato l’imbroglio – “una collusione con le ditte appaltatrici” – che lo ha portato a finire agli arresti domiciliari solo per creare consenso, per aver il potere. Disprezzando di fatto la legge. In combutta con mezzo comune di Adro.”Tra i diversi indagati si staglia la figura di Lancini Danilo Oscar, il quale, regista delle diverse operazioni collusive con gli aggiudicatari dei lavori pubblici, manifesta – scrive il giudice per le indagini preliminari di Brescia Cesare Bonamartini – nella gestione della “res publica” una disinvoltura che trasmoda nel totale disprezzo per le garanzie di imparzialità imposte dalla legge”. Movente dei falsi e della turbativa d’asta non il denaro, ma “la ricerca del consenso elettorale e nella gestione delle clientele di area politica”.
Un disprezzo che può essere letto nell’intercettazione tra il primo cittadino e il segretario comunale quando c’è da dover fabbricare la delibera che manca e che i carabinieri richiedono. Lancini mette pressione al funzionario; è il 10 aprile del 2013: “Ehh. .. perché c’è una urgenza Segretario, non voglio disturbare…” e l’altro si rende ben conto dell’emergenza: “Lo so, l’urgenza, l’urgenza … incomprensibile … quelli della Procura della Repubblica… Ma c’è, o non c’è il fascicolo?” come se l’interlocutore si chiedesse se c’è un’indagine in corso. Ma la linea cade l’argomento di conversazioni, una volta ristabiliti i contatti, è la delibera: “…Per una delibera che manca questi qua probabilmente vogliono farmi chiudere… omissis … per quella delibera che manca, che abbiamo lasciato in dietro, che non è stata ancora pubblicata … mi vogliono far chiudere il cantiere”.
E’ lo stesso Lancini a spiegare anche un altro meccanismo illecito quello di per vendere un’area a una ditta vicina. Prima di bandire l’asta avrebbe dovuto adottare una procedura per renderla alienabile, necessitante di apposita delibera consiliare, ma anche in questo caso tutto sarebbe stato “pilotato e condizionato dalla certezza” di avere la conferma preventiva dall’imprenditore interessato: “Non faccio l’asta se non ho chi compra, cosafaccio l’asta per che cosa? … Se lui mi dice ‘si ci sono, mi interessa’, e vado avanti, altrimenti cosa faccio che cosa?'”.
Per il gip non ci può essere altro che una misura cautelare perché Lancini, il responsabile dell’area tecnica e il segretario non hanno “non hanno esitato a redigere ex post le delibere della giunta comunale autorizzative dei lavori” dopo la richiesta di esibizione atti dei militari dell’Arma. ”L’assenza di remore evidenziata da tali condotte, con la formazione di delibere mai adottate al solo fine di dare regolarità formale ad affidamenti di opere già eseguiti – annota ancora il giudice nell’ordinanza chiesta dal pm Silvia Bonardi – esclude che si tratti di soggetti che versano solo accidentalmente nell’illecito e vale a delineare chiaramente la sussistenza di pericolo di recidiva.