Sono oramai quasi settant’anni che, con qualche rara parentesi, la politica, sia interna che estera, dell’Italia è completamente assoggettata ai controlli e ai placet degli Stati Uniti. I servizi segreti della superpotenza occidentale sono del resto coinvolti fino al collo negli episodi ancora, non a caso, non chiariti fino in fondo, della nostra storia più recente.
Tanto per fare qualche esempio: Portella della Ginestra e il bandito Giuliano, la morte di Enrico Mattei, il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro. Ma molti altri potrebbero essere aggiunti. A proposito di Moro, è passata praticamente inosservata l’intervista rilasciata a Minoli da un consulente della CIA, Steve Pieczenik, inviato in Italia proprio per seguire gli sviluppi del caso in questione. Afferma testualmente Pieczenik: “Se i comunisti fossero arrivati al potere ci sarebbe stato un effetto valanga. Gli italiani non avrebbero più controllato la situazione. Cercavamo un centro di gravità per stabilizzare l’Italia e a mio avviso il centro di gravità si sarebbe creato sacrificando Aldo Moro”.
Non si tratta di un personaggio di secondo piano, ma di un funzionario che ha ricoperto ruoli di rilievo in varie amministrazioni statunitensi, da Ford a Bush I. Circostanza inquietante, rilevata dallo storico e senatore Pd Miguel Gotor, è che Pieczenik in quei giorni soggiornò all’Excelsior di Roma, dove aveva una suite Licio Gelli. Un caso? Si è propensi a non crederlo, dato il ruolo decisivo svolto dal Venerabile e dalla P2 in quella vicenda.
Le rivelazioni di Pieczenik confermano che, in un frangente drammatico e decisivo della politica italiana, poteri di condizionamento determinanti furono esercitati dall’amministrazione statunitense. All’epoca tutto veniva giustificato con la politica dei blocchi e la contrapposizione all’Unione sovietica, motivazioni ovviamente insufficienti e tendenziose.
E oggi? Di fronte alla scandalosa vicenda dello spionaggio denunciata dalle dichiarazioni di Snowden, tutto il mondo insorge e protesta contro le indebite ingerenze di Washington, maldestramente mascherate dalla necessità di lottare contro il terrorismo. Varie caratteristiche di tali operazioni di spionaggio dimostrano la pretestuosità di tali scuse: ad esempio il fatto che lo spionaggio si riducesse fortemente in concomitanza con le vacanze natalizie e si intensificasse in occasione di crisi politiche come quella che si è verificata di recente nel nostro Paese e che è stata provvisoriamente ed inadeguatamente risolta con il varo del governo bipartisan presieduto da Letta.
Mentre tutto il mondo insorge contro questa inammissibile violazione della sovranità degli Stati e Brasile e Germania presentano congiuntamente alle Nazioni Unite un importante progetto di risoluzione sulla tutela della privacy digitale, l’Italia, come sempre, tiene un basso profilo, caratterizzato dall’approccio “morbido” di Letta junior nei confronti del Segretario di Stato Kerry.
Il direttore dell”Espresso, Bruno Manfellotto, ha ricostruito in modo particolareggiato, nell’ultimo numero della rivista, le varie tappe dello scandalo giungendo alla conclusione che dall’inizio dello stesso “sono passati quattro mesi durante i quali siamo riusciti a non protestare con gli Usa né, a quanto pare, a sapere una verità ufficiale”. In prima fila nell’opera di disinformazione i servizi segreti che continuano ad assicurare che non sarebbe stata violata la privacy degli Italiani.
E’ chiaro che i servizi mentono, comportandosi alla stregua di appendici dell’amministrazione statunitense e non di organi di uno Stato indipendente e sovrano addetti a compiti estremamente delicati e importanti. E il governo copre e tollera tutto ciò, limitandosi a patetiche ed ipocrite richieste che sia fatta luce, naturalmente a porte chiuse, anzi sprangate. Non è del resto casuale che ciò avvenga nel clima di revival democristiano che si respira oggi. La Dc è sempre stata estremamente ligia alle direttive di Washington. Solo un democristiano provò a distaccarsene e fece la fine che fece. Si chiamava Aldo Moro e la Cia, a quanto pare, ebbe un ruolo determinante nella sua fine.