Lo scorso anno, nei giorni della Conferenza delle Parti (COP), eravamo a Doha e rimanemmo tutti colpiti dall’umanità dell’intervento del negoziatore filippino durante la plenaria: in quelle ore il suo paese era colpito dal Tifone Bopha. Uno dei più grandi mai visti, una specie di fratello più piccolo di Sandy, che si era abbattuto solo qualche settimana prima sulle coste orientali degli Stati Uniti. Sono passati meno di 12 mesi da allora: la COP è alle porte, inizierà formalmente lunedì 11 – e useremo questo spazio per raccontarvela, e ancora una volta le Filippine si trovano a fronteggiare una grandissima catastrofe naturale. Il suo nome? Haiyan.
Non possiamo permetterci di ignorare gli effetti che eventi meteorologici di questa intensità hanno sulle collettività solo perché questa volta accade a qualche decina di migliaia di chilometri di distanza e non sulla costa dell’Oceano a noi più vicina. Non si può dire che è certamente il cambiamento climatico la causa di Haiyan, ma l’incremento della frequenza con cui fenomeni come i sopracitati Sandy, Bopha e ora Haiyan si stanno verificando si. E per renderci conto della gravità di questo fatto non dobbiamo aspettare che un evento catastrofico si abbatta sul nostro Paese. La costruzione di una coscienza collettiva di prevenzione e pianificazione si costruisce giorno dopo giorno, e non solo come risposta una tantum per la ricostruzione di una distruzione.