Martedì 12 novembre prossimo, alle ore 10.30, don Paolo Farinella sarà processato presso il Tribunale di Genova, a seguito della denuncia per diffamazione rivoltagli da Pier Luigi Vinai, ex candidato dei berluscones locali alla carica di sindaco nelle amministrative del maggio 2012. In cui si fermò a un ben misero 12,68% di consensi raccolti.
Vinai è un rampante savonese che per tutta la vita ha svolto esclusivamente attività nei corridoi di partito, militando dalla parte di quell’oltranzismo cattolico che da tempo ha trovato comodo asilo sotto le insegne di Berlusconi. Difatti, di esclusiva nomina politica sono le cariche che attualmente ricopre: segretario ligure dell’Anci e Vicepresidente della Fondazione Cassa di Risparmio (da cui si faceva finanziare fantomatici corsi di formazione tenuti a casa propria). Un bel personaggino che assomma in maniera plateale le caratteristiche salienti di quelli della sua specie: mellifluo e vendicativo al tempo stesso. Un tipo dal morso velenoso, come quando in campagna elettorale faceva le pulci a tutti i concorrenti, spiegando che non erano “popolari” quanto lui. D’altro canto le stra-remunerate vicepresidenze bancarie sono un viatico perfetto al “popolare”… Purtroppo (per lui) l’elettorato genovese non l’ha tenuto minimamente in considerazione; anche perché, prima egli scrutini, aveva annunciato il festeggiamento della sua sicura vittoria elettorale (sic!) con un banchetto a base di pesce bianco e barolo: un reato da tribunale mondiale della gastronomia…Riprova che ormai all’insegna del “popolare” si pratica soltanto l’apoteosi del cattivo gusto.
Scherzi a parte, di quale colpa si sarebbe macchiato Farinella nei suoi confronti? Quella di avergli indirizzato, prima su MicroMega, poi sulla pagina locale de la Repubblica, una semplice ovvietà: il vero cattolico non si candida in un partito di corrotti. Soprattutto se il tuo capocorrente si chiama Claudio Scajola; quello non solo della casa “all’insaputa”, ma anche del patronaggio di ogni cementificazione selvaggia con relative manette (per il costruttore Caltagirone) dalle parti di Imperia.
Il “baciapile da guerra” Vinai si è inalberato davanti a un ragionamento di tale impudenza e ora chiede giustizia: il rogo per colui che, con il lessico della sua parte, si potrebbe definire “moralista”. A cui – invece – va tutta la mia solidarietà di laico, anticlericale e ateo. Perché io sono amico non del Farinella prete della parrocchia di San Torpete ma – bensì – del cittadino Farinella, che continua a tenere in vita la tradizione democratica genovese dei lisi clergymen da strada, fustigatori delle malefatte dei potenti senza vergogna: da Burlando a Scajola, per arrivare al vendicativo clericale Vinai (ben poco cristiano, appurato che Cristo – per chi ci crede – predicava la sacralità del perdono).
Se il don Gallo del porto era un ecumenico piacione, il parroco del Centro Storico è un Savonarola inflessibile e severo.
L’incredibile vicenda non ci sta facendo mancare neppure una tonnellata di autolesionistica ipocrisia, ad opera di un altro manovratore genovese con le gonne: il cardinale arcivescovo Angelo Bagnasco, tirato in ballo da Farinella semplicemente come certificatore del principio generale, oggetto del contendere, che stabilisce l’incompatibilità tra cristianità e corruzione. Tesi or ora ribadita da Papa Francesco. Ma a Bagnasco il messaggio papale non deve essere ancora arrivato, visto che sta muovendo mari e monti per sottrarsi all’impegno di testimoniare in sede di giustizia un principio che dovrebbe risultargli indiscutibile. O forse non vuole, danneggiando Vinai, mettersi contro quegli ambienti dell’oscurantismo coniugato con l’accaparramento parossistico del potere che sono il suo naturale referente primario. Dove bazzica pure il governatore di Regione Liguria, il quale già per due volte ha rinunciato a indicare come Ente il proprio rappresentante in Fondazione Cassa di Risparmio (ossia, l’unico strumento finanziario del territorio) a vantaggio del cinguettante Bagnasco. Probabilmente gratificato di tale concessione in attesa di futuri scambi vantaggiosi in altri ambiti.
Questo il quadro che si prospetta martedì per il mio amico Paolo, che merita a pieno titolo il sostegno di quanti credono ancora che la cosa più rivoluzionaria da farsi è quella del dire la verità.