Il mio scontro verbale con Matteo Renzi durante la puntata di “Servizio Pubblico” di Giovedì 7 Novembre merita a mio avviso qualche approfondimento e chiarimento. Al netto della verbosità che contraddistingue Renzi e me stesso, mi piacerebbe che la controversia potesse essere ridotta a una analisi dei contenuti e sottratta a giudizi ideologici o a tifo da stadio, per qualunque delle parti si manifesti; credo che occorra sempre avere la lucidità di confrontarsi nel merito e ammetto che talvolta sono io stesso a cadere in una qualche rissosità. Credo anche che nessuno dovrebbe mai sottrarsi alle domande che vengono poste o alle critiche che si ricevono e mi pare che questo sia tanto più importante quanto più una persona intende candidarsi a rappresentare e amministrare altri cittadini.
Entrando nel merito della trasmissione, il motivo del contendere era l’argomento assai scabroso delle pensioni “d’oro” e, al di là della vaghezza della definizione se non meglio precisata, credo che l’incomunicabilità tra me e Renzi sia stata soprattutto dovuta a due diversi paradigmi nell’ambito dei quali ragionavamo. Per ricapitolare, la mia obiezione ai tagli indiscriminati alle pensioni più alte (precisando tuttavia che secondo me definire alta e da de-indicizzare una pensione di 3.000 euro lordi mese è non solo demagogico ma anche surrealista) era fatta dal punto di vista squisitamente previdenziale; stando in questo ambito, il fattore dirimente per decidere se una pensione sia regalata o privilegiata può essere unicamente il raffronto con i contributi che, versati durante la vita lavorativa, la hanno generata. Ove si trovi che la rendita pensionistica sia superiore a quanto genererebbero i contributi versati, essa rappresenta un privilegio che qualcun altro sta pagando, se viceversa la rendita corrisponde ai contributi, è semplicemente corretta e se è inferiore a quanto versato, è sottostimata e certamente una parte dei suoi contributi viene elargita ad altri. Mi pare un ragionamento di logica ineccepibile, ma sono aperto a spiegazioni sul perché no; a ogni buon conto, la mia domanda da un milione di euro a Matteo Renzi era se non fosse necessario, anziché definire semplicemente d’oro tutte le pensioni di un certo importo, così accomunandole in un demagogico additamento di ricchezza da decurtare, analizzarle in base appunto alla contribuzione e magari differenziare gli interventi sulla base delle risultanze, che altrimenti si persevera nell’errore.
La risposta di Matteo Renzi o meglio, l’intervento di Matteo Renzi, dato che alla mia domanda non ha risposto, era articolata invece in un paradigma di distribuzione della ricchezza e infatti, adottando un metodo che ho definito “quantitativo”, ha affermato che una pensione di 7000 euro può essere tagliata a 6500 senza che il pensionato ne soffra e che bisogna occuparsi delle pensioni da 700 euro. Su questo punto io mantengo alcune obiezioni, che si richiamano tutte alla uguaglianza dei cittadini di fronte allo Stato. Vedo di essere preciso: la distribuzione della ricchezza è il primo principio sul quale si differenziano le diverse visioni della società; si può passare da una distribuzione assai scarsa, quale quella teorizzata da una visione capitalistica esasperata, a una distribuzione pressoché totale (di solito esclude i notabili che sono gli unici a staccarsi dal resto della popolazione) che è teorizzata dai fautori del socialismo reale, passando attraverso una serie di diversi gradi di distribuzione. Ciascuno di noi avrà le sue idee su quale sia la misura corretta di distribuzione e possiamo discuterne possibilmente in modo pacato, ma credo che tutti comunque siamo d’accordo sul fatto che, a parità di reddito, la quota di ricchezza che viene distribuita ad altri deve essere la stessa. Questo era il senso della sentenza della Corte Costituzionale che bocciò il prelievo di solidarietà sulle pensioni e che probabilmente lo boccerà ancora se verrà reintrodotto: a parità di reddito, ai fini del prelievo sulla sua ricchezza, un pensionato deve essere uguale a un altro cittadino che produca reddito.
Approcciando quindi il problema dal punto di vista che ha usato Renzi, si dovrebbero semplicemente aumentare le aliquote fiscali dei redditi alti, da qualsiasi fonte provengano e su questo si può ragionare senza pregiudizi. Ove invece ci si mantenga nell’ambito delle sole pensioni, come insiste a fare Renzi con le sue proposte e come nuovamente il Pd ri-propone (non peraltro differentemente dai governi precedenti, di diverse composizioni e colori) cade la motivazione re-distributiva equanime, che infatti la Corte Costituzionale non ha trovato. Ma allora bisogna riportarsi al quadro previdenziale e dunque proporre un prelievo che sia a valle di considerazioni previdenziali e non di distribuzione della ricchezza. Sono assai convinto che ove le de-indicizzazioni e i prelievi venissero giustificati nell’ambito del sistema previdenziale, indicando che hanno lo scopo di equilibrare le pensioni verso i contributi versati e facendo salve quelle più basse e quelle, di qualsivoglia entità siano, che sono inferiori ai contributi, neppure la Corte Costituzionale obietterebbe. Tutto qui; penso che gli insulti e le minacce che ho ricevuto siano dovute all’errata convinzione, innescata dalla evasiva risposta di Renzi, che io appoggi una delle due seguenti teorie: non va re-distribuita la ricchezza. Oppure: non vanno aprioristicamente toccate le pensioni più elevate.Nessuna di queste due posizioni mi appartiene; ritengo che lo Stato debba provvedere a distribuire la ricchezza per scopi socialmente utili e che ciò debba essere fatto in maniera equanime chiamando tutti a contribuire in base al proprio reddito e non alla natura dello stesso e ritengo anche che ci siano pensioni privilegiate da toccare, ma rispettando quelle che privilegiate non lo sono o, anzi, sono sottostimate. E si badi bene: l’una cosa non esclude l’altra. La terza via, che non vuole “sporcarsi le mani” con analisi dei dettagli e scelte e cerca la via facile della definizione quantitativa e demagogica, soprattutto tenendosi strette le risorse di proprietà dei lavoratori che hanno versato i contributi, è approssimativa e priva di coraggio, per non dire di peggio.
Michele Carugi
Ingegnere
Economia & Lobby - 9 Novembre 2013
Renzi, veniamo al punto sulle pensioni
Il mio scontro verbale con Matteo Renzi durante la puntata di “Servizio Pubblico” di Giovedì 7 Novembre merita a mio avviso qualche approfondimento e chiarimento. Al netto della verbosità che contraddistingue Renzi e me stesso, mi piacerebbe che la controversia potesse essere ridotta a una analisi dei contenuti e sottratta a giudizi ideologici o a tifo da stadio, per qualunque delle parti si manifesti; credo che occorra sempre avere la lucidità di confrontarsi nel merito e ammetto che talvolta sono io stesso a cadere in una qualche rissosità. Credo anche che nessuno dovrebbe mai sottrarsi alle domande che vengono poste o alle critiche che si ricevono e mi pare che questo sia tanto più importante quanto più una persona intende candidarsi a rappresentare e amministrare altri cittadini.
Entrando nel merito della trasmissione, il motivo del contendere era l’argomento assai scabroso delle pensioni “d’oro” e, al di là della vaghezza della definizione se non meglio precisata, credo che l’incomunicabilità tra me e Renzi sia stata soprattutto dovuta a due diversi paradigmi nell’ambito dei quali ragionavamo. Per ricapitolare, la mia obiezione ai tagli indiscriminati alle pensioni più alte (precisando tuttavia che secondo me definire alta e da de-indicizzare una pensione di 3.000 euro lordi mese è non solo demagogico ma anche surrealista) era fatta dal punto di vista squisitamente previdenziale; stando in questo ambito, il fattore dirimente per decidere se una pensione sia regalata o privilegiata può essere unicamente il raffronto con i contributi che, versati durante la vita lavorativa, la hanno generata. Ove si trovi che la rendita pensionistica sia superiore a quanto genererebbero i contributi versati, essa rappresenta un privilegio che qualcun altro sta pagando, se viceversa la rendita corrisponde ai contributi, è semplicemente corretta e se è inferiore a quanto versato, è sottostimata e certamente una parte dei suoi contributi viene elargita ad altri. Mi pare un ragionamento di logica ineccepibile, ma sono aperto a spiegazioni sul perché no; a ogni buon conto, la mia domanda da un milione di euro a Matteo Renzi era se non fosse necessario, anziché definire semplicemente d’oro tutte le pensioni di un certo importo, così accomunandole in un demagogico additamento di ricchezza da decurtare, analizzarle in base appunto alla contribuzione e magari differenziare gli interventi sulla base delle risultanze, che altrimenti si persevera nell’errore.
La risposta di Matteo Renzi o meglio, l’intervento di Matteo Renzi, dato che alla mia domanda non ha risposto, era articolata invece in un paradigma di distribuzione della ricchezza e infatti, adottando un metodo che ho definito “quantitativo”, ha affermato che una pensione di 7000 euro può essere tagliata a 6500 senza che il pensionato ne soffra e che bisogna occuparsi delle pensioni da 700 euro. Su questo punto io mantengo alcune obiezioni, che si richiamano tutte alla uguaglianza dei cittadini di fronte allo Stato. Vedo di essere preciso: la distribuzione della ricchezza è il primo principio sul quale si differenziano le diverse visioni della società; si può passare da una distribuzione assai scarsa, quale quella teorizzata da una visione capitalistica esasperata, a una distribuzione pressoché totale (di solito esclude i notabili che sono gli unici a staccarsi dal resto della popolazione) che è teorizzata dai fautori del socialismo reale, passando attraverso una serie di diversi gradi di distribuzione. Ciascuno di noi avrà le sue idee su quale sia la misura corretta di distribuzione e possiamo discuterne possibilmente in modo pacato, ma credo che tutti comunque siamo d’accordo sul fatto che, a parità di reddito, la quota di ricchezza che viene distribuita ad altri deve essere la stessa. Questo era il senso della sentenza della Corte Costituzionale che bocciò il prelievo di solidarietà sulle pensioni e che probabilmente lo boccerà ancora se verrà reintrodotto: a parità di reddito, ai fini del prelievo sulla sua ricchezza, un pensionato deve essere uguale a un altro cittadino che produca reddito.
Approcciando quindi il problema dal punto di vista che ha usato Renzi, si dovrebbero semplicemente aumentare le aliquote fiscali dei redditi alti, da qualsiasi fonte provengano e su questo si può ragionare senza pregiudizi. Ove invece ci si mantenga nell’ambito delle sole pensioni, come insiste a fare Renzi con le sue proposte e come nuovamente il Pd ri-propone (non peraltro differentemente dai governi precedenti, di diverse composizioni e colori) cade la motivazione re-distributiva equanime, che infatti la Corte Costituzionale non ha trovato. Ma allora bisogna riportarsi al quadro previdenziale e dunque proporre un prelievo che sia a valle di considerazioni previdenziali e non di distribuzione della ricchezza. Sono assai convinto che ove le de-indicizzazioni e i prelievi venissero giustificati nell’ambito del sistema previdenziale, indicando che hanno lo scopo di equilibrare le pensioni verso i contributi versati e facendo salve quelle più basse e quelle, di qualsivoglia entità siano, che sono inferiori ai contributi, neppure la Corte Costituzionale obietterebbe. Tutto qui; penso che gli insulti e le minacce che ho ricevuto siano dovute all’errata convinzione, innescata dalla evasiva risposta di Renzi, che io appoggi una delle due seguenti teorie: non va re-distribuita la ricchezza. Oppure: non vanno aprioristicamente toccate le pensioni più elevate.Nessuna di queste due posizioni mi appartiene; ritengo che lo Stato debba provvedere a distribuire la ricchezza per scopi socialmente utili e che ciò debba essere fatto in maniera equanime chiamando tutti a contribuire in base al proprio reddito e non alla natura dello stesso e ritengo anche che ci siano pensioni privilegiate da toccare, ma rispettando quelle che privilegiate non lo sono o, anzi, sono sottostimate. E si badi bene: l’una cosa non esclude l’altra. La terza via, che non vuole “sporcarsi le mani” con analisi dei dettagli e scelte e cerca la via facile della definizione quantitativa e demagogica, soprattutto tenendosi strette le risorse di proprietà dei lavoratori che hanno versato i contributi, è approssimativa e priva di coraggio, per non dire di peggio.
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Islamabad, 21 dic. (Adnkronos/Afp) - Sedici soldati sono stati uccisi e cinque gravemente feriti in un attacco a una base militare pachistana vicino al confine con l'Afghanistan. Lo hanno riferito fonti di intelligence all'Afp. Nella notte tra ieri e oggi, “più di 30 combattenti hanno attaccato una postazione militare” nella regione di Makeen, nella provincia di Khyber-Pakhtunkhwa”, ha dichiarato un alto funzionario dell'intelligence.
L'attacco, durato due ore, è avvenuto in una zona montuosa a circa 40 chilometri dal confine afghano, secondo la fonte, che ha detto che i combattenti hanno bruciato documenti, apparecchiature di comunicazione e altri oggetti. I talebani pachistani hanno rivendicato l'attacco, affermando in un comunicato che si trattava di "una ritorsione per il martirio degli alti comandanti".
Palermo, 21 dic. (Adnkronos) - La Gazzetta del Sud avrà un nuovo direttore, Nino Rizzo Nervo. Subentrerà, dal 30 dicembre, ad Alessandro Notarstefano che lascia la direzione del quotidiano edito dalla Società Editrice Sud Spa dopo 12 anni e mezzo di intenso proficuo lavoro. Si tratta di un ritorno per Rizzo Nervo, che proprio alla Gazzetta del Sud ebbe il suo primo contratto, da praticante giornalista. Laureato in Scienze politiche all’Università di Messina, nella sua lunga carriera giornalistica è stato direttore della Testata Giornalistica Regionale della Rai, del Tg3, del TgLa7 e del quotidiano Europa. E’ stato membro del Consiglio di amministrazione della Rai per 7 anni, per poi diventare presidente della Scuola di Giornalismo radiotelevisivo di Perugia. Nel biennio 2017/2018 ha ricoperto, durante il governo Gentiloni, il ruolo di Vice segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri con delega sull’area della comunicazione e dell’informazione. Il presidente e direttore editoriale della SES Spa (che edita anche il Giornale di Sicilia), Lino Morgante, ha espresso profonda gratitudine al direttore Notarstefano per il lavoro svolto e augurato buon lavoro a Nino Rizzo Nervo.
Mosca, 21 dic. (Adnkronos) - Le difese aeree russe hanno abbattuto nella notte 19 droni nei cieli di quattro regioni russe. Lo ha riferito il ministero della Difesa di Mosca, precisando che "i tentativi del 'regime' di Kiev di condurre attacchi terroristici contro strutture sul suolo russo utilizzando Uav ad ala fissa sono stati sventati. Le forze di difesa aerea in servizio hanno distrutto 19 veicoli aerei senza pilota ucraini, tra cui nove sulla regione di Belgorod, cinque sulla regione di Voronezh, tre sul Mar Nero, uno sulla regione di Kursk e uno sulla regione di Krasnodar".
Berlino, 21 dic. (Adnkronos) - Il sospettato saudita dell'attentato di ieri sera contro un mercatino di Natale a Magdeburgo, in Germania, è un attivista anti-Islam che aveva condiviso contenuti pro-Israele sui social media in seguito agli attacchi del 7 ottobre. Lo riporta il Wall Street Journal.
Secondo il quotidiano, l'uomo gestiva un sito web e canali di social media in cui metteva in guardia contro l'Islam e discuteva dei diritti delle donne. Avrebbe inoltre mostrato sostegno al partito tedesco di estrema destra anti-immigrazione Afd.
Palermo, 21 dic. (Adnkronos) - Una donna di 40 anni è morta in un incidente stradale avvenuto la notte scorsa tra gli svincoli autostradali di Giostra e Boccetta, sull'autostrada A20 Palermo-Messina. L'incidente è avvenuto all'altezza del Torrente Trapani, al chilometro 10+800. L'auto sarebbe uscita all'improvviso fuori strada e si sarebbe ribaltata finendo su un terrapieno accanto al guardrail. A bordo c'erano altre due persone rimaste ferite. La donna è morta sul colpo.
Palermo, 21 dic. (Adnkronos) - “Le sentenze di assoluzione di Renzi e Salvini sono la riprova, semmai ce ne fosse bisogno considerando i quotidiani esiti dei processi in tutti i tribunali d’Italia, che le decisioni dei giudici non sono influenzate dalla comunanza di carriera coi pubblici ministeri”. Così il magistrato Gaetano Bono, sostituito procuratore generale a Caltanissetta. “Un buon auspicio natalizio mi porterebbe a sperare che tali decisioni inducessero il legislatore a rivedere l’impianto della riforma sulla separazione delle carriere che, nella sua attuale formulazione in discussione alla Camera, non risolverebbe alcun problema della giustizia, men che meno l’asserita mancanza di terzietà del giudice. Purtroppo, però – continua il Pg Bono – che nel libro “Meglio separate” edito da Le lettere, ha indicato quelle che, a suo avviso, sarebbero le condizioni imprescindibili per potere realizzare una separazione delle carriere rispettosa dell’indipendenza della magistratura, oltre che utile per un miglioramento del sistema giudiziario – è speranza vana, visto che finora il legislatore si è dimostrato indifferente ai rilievi critici, provenienti in special modo dalla magistratura, proseguendo su un percorso che porterà a una riforma non solo inutile, ma dannosa in quanto indebolirà l’azione della magistratura requirente e giudicante e altererà l’equilibrio tra i poteri dello Stato in favore di quello esecutivo, senza nemmeno apportare alcun beneficio in termini di efficienza delle indagini, garanzie difensive, durata dei processi e accertamento della verità processuale".
"Eppure ci sarebbe il modo per raggiungere tali risultati, ma occorrerebbe intervenire non solo e non tanto sulla separazione delle carriere, che in quest’ottica diverrebbe un mero tassello di un ben più completo e generale intervento di riforma, quanto piuttosto sull’ammodernamento del sistema penale – sostanziale e processuale – che dovrebbe portare a meno reati e meno processi, a una maggiore specializzazione professionale dei magistrati, a una migliore esplicazione del ruolo della difesa di imputati e parti civili, alla revisione della geografia giudiziaria con la chiusura dei tribunali e delle procure di piccole dimensioni, alla velocizzazione dei giudizi, eccetera. Epperò sarebbe imprescindibile che siffatta riforma avvenisse preservando tutte le garanzie di autonomia e indipendenza che i padri costituenti hanno ritenuto di assicurare alla magistratura e che non servono a tutelare i magistrati, ma la funzione giudiziaria e dunque i diritti delle persone”.
Kiev, 21 dic. (Adnkronos) - La Russia ha perso 772.280 soldati in Ucraina dall'inizio della guerra, il 24 febbraio 2022. Lo ha riferito lo Stato maggiore delle forze armate ucraine, aggiungendo che nella cifra sono incluse le 1.860 vittime subite dalle forze russe nell'ultimo giorno.
Secondo il rapporto, la Russia ha perso anche 9.594 carri armati, 19.841 veicoli corazzati da combattimento, 31.891 veicoli e serbatoi di carburante, 21.252 sistemi di artiglieria, 1.256 sistemi di lancio di razzi multipli, 1.027 sistemi di difesa aerea, 369 aerei, 329 elicotteri, 20.685 droni, 28 imbarcazioni e un sottomarino.