Il 14 novembre la Camera, con tutta probabilità, sceglierà il successore di Maurizio Decina alla carica di Commissario Agcom. Nonostante siano giunti 56 curriculum, secondo gli addetti ai lavori, la tenzone sembra ridursi a quattro candidati. Si tratta di Antonio Sassano, Giovanna De Minico, Antonio Nicita e Annalisa D’Orazio.
Si tratta (soprattutto le prime tre) di candidature di alto profilo.
Sia il prof. Antonio Sassano, Professore Ordinario di Ricerca Operativa della Sapienza considerato il miglior studioso europeo della frequenze, sia Giovanna De Minico, ordinario di diritto costituzionale, considerata tra le migliori (e più indipendenti) costituzionaliste italiane, nonché probabilmente la più addentro i temi nazionali ed internazionali in tema di comunicazione elettroniche, appaiono in grado di rivestire quel ruolo. Lo stesso Antonio Nicita, Professore di Politica economica presso la Sapienza Università di Roma ed apprezzato blogger del fatto quotidiano, appare in grado di poter comprendere le dinamiche economiche sottese al complesso tema delle comunicazioni elettroniche.
L’ultima papabile (Annalisa D’Orazio) è l’attuale capo di gabinetto del Presidente Agcom Cardani, che se l’è portata dietro dalla Bocconi. Scorrendo il curriculum di quest’ultima ci rendiamo conto di alcuni elementi su cui occorre soffermare l’attenzione. Innanzitutto la competenza specifica. Il futuro possibile Commissario appare avere una competenza in ambito energetico (sempre stando al curriculum) che però non sembra conciliarsi con le caratteristiche di profonda conoscenza del mercato delle telecomunicazioni e dei media che sarà fondamentale per le sfide del prossimo futuro. Lo specifico ruolo di Advisor del gruppo Sorgenia espresso nel cv del candidato, sembrerebbe però il motivo più forte per una possibile esclusione.
La società Sorgenia spa fa parte di un Gruppo facente capo al maggior editore italiano. La competenza di Agcom in settore editoriale potrebbe creare qualche imbarazzo al futuro Commissario laddove si dovessero prendere decisioni “sgradite” al settore editoriale o al gruppo del quale è stata Advisor.
Un ulteriore elemento sembrerebbe sconsigliare la “pista interna”. L’upgrade da capo di gabinetto a commissario di fatto renderebbe inoltre ancor di più scevra di controlli e di la stessa autorità, che già in questi ultimi tempi ha dimostrato di non avere alcuna remora a regolare, in difformità in alcuni casi da quanto alcuni settori del Parlamento stavano regolamentando, temi molto delicati come quello del copyright.
Staremo a vedere.