Niente mensa se papà non paga. E ai bambini di Vigevano che vogliono restare a scuola non resta che portare un panino, da mangiare in un’aula diversa dalla sala pranzo dei figli di chi salda al Comune il servizio.
La vicenda si trascina da qualche mese nella cittadina in provincia di Pavia. Anche ieri sera in consiglio comunale all’ordine del giorno c’erano due mozioni: una della maggioranza e una delle opposizioni. Nei prossimi giorni il direttore dell’ufficio scolastico provinciale, Giuseppe Bonelli, incontrerà i dirigenti per capire come affrontare il problema.
Da una parte, l’amministrazione leghista che a fronte di migliaia di euro di insoluti oltre a predisporre procedure esecutive nei confronti delle famiglie ha scelto di escludere il minore dalle mense e ha eliminato la fascia di esenzione per i redditi inferiori a 22.000 euro annui. Dall’altra, la scuola con i dirigenti che pur di difendere il tempo pieno hanno scelto la soluzione, che si sperava transitoria, di consentire agli alunni che ne fanno domanda di consumare un pranzo al sacco. In mezzo, gli insegnanti che ora si stanno ribellando perché non ne vogliono sapere di negare ai loro alunni l’accesso alla mensa, senza che i genitori siano informati con largo anticipo dall’ente.
A darsi da fare in maniera concreta, per mettere una toppa alla situazione, ancora una volta, l’associazionismo. Genitori, insegnanti, associazioni di volontariato presenti sul territorio si sono messe in rete e hanno dato vita a “L’articolo 3 vale anche per me” . “Abbiamo lanciato – spiega Elisabetta Parea, insegnante e membro del gruppo – la campagna “Adotta un bambino in mensa”. Abbiamo raccolto circa dieci mila euro che sono serviti a sostenere le famiglie: grazie alla solidarietà dei cittadini di Vigevano e non solo, siamo riusciti ad assicurare il pasto per un anno a trenta bambini”. Sulla pagina Facebook dell’associazione si trova l’elenco di tutte le offerte.
Intanto a Vigevano la mensa scolastica sembra essere diventata un caso esplosivo: secondo i dati forniti dalla Parea a settembre i bambini estromessi per morosità erano 228 cui sono da aggiungere almeno altri 200 le cui famiglie hanno deciso di non avvalersi del servizio mensa.
L’associazione ha provato a dialogare con l’amministrazione: “Ad oggi nessuno ha voluto parlare con noi”. Chiedono di reintrodurre le fasce esenti con tutti i controlli del caso e di riammettere i bambini senza far cadere su di loro le responsabilità dei genitori.
Il modello Vigevano, che in provincia di Pavia sembra sia stato replicato anche altri comuni di centro sinistra, solleva una questione che dobbiamo affrontare senza ipocrisia.
Di fronte ai tagli che subiscono le amministrazioni comunali quali sono i servizi che non si possono toccare? Perché se la mensa è un diritto fondamentale e fa parte dell’istruzione, il Ministero dell’istruzione non interviene con chiarezza? La mensa scolastica rientra tra i diritti fondamentali di un bambino?
L’introduzione del pranzo a scuola era stato definito come educativo e dovrebbe continuare ad esserlo. Secondo il documento “Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica” elaborato nel 2010 dal Ministero della Salute “la ristorazione scolastica non deve essere vista esclusivamente come semplice soddisfacimento dei fabbisogni nutrizionali, ma deve essere considerata un importante e continuo momento di educazione e di promozione della salute diretto ai bambini, che coinvolge anche docenti e genitori”.
Se così fosse anche per l’amministrazione di Vigevano, non avrebbe senso escludere i bambini. Va detto con schiettezza che oggi le mense non sono vissute come tali dagli insegnanti costretti a pranzare con i ragazzi in luoghi spesso poco idonei e tristi. E nemmeno dai bambini che mangiano senza entusiasmo, senza avere spiegazioni su ciò che ingoiano.
Il documento sottolinea che “docenti e addetti al servizio, adeguatamente formati (sui principi dell’alimentazione, sulla importanza dei sensi nella scelta alimentare, sulle metodologie di comunicazione idonee a condurre i bambini ad un consumo variato di alimenti, sull’importanza della corretta preparazione e porzionatura dei pasti), giocano un ruolo di rilievo”. Formati? Quando mai!
Ma il caso Vigevano rischia di mettere a repentaglio anche una grande conquista della scuola italiana: il tempo pieno. Non possiamo permettere di mettere in discussione questa preziosa opportunità per i bambini. Un comune dovrebbe essere in grado di sostenere l’organizzazione di un servizio di refezione, nell’ottica del tempo pieno, pur in previsione delle possibili morosità.