Per essere di sinistra, è di sinistra, ma chissà se all’elettorato del Pd piacerà: “Liberarsi dalle trappole asfissianti dei diritti acquisiti e delle rendite di posizione intoccabili, sarà possibile solo se tutti percepiranno un pervasivo e inequivocabile desiderio di equità”. Questo l’approccio di Yoram Gutgeld, il consigliere di Matteo Renzi per l’economia che domani manda in libreria con Più uguali, più ricchi (Rizzoli). Un libro che è l’espressione più articolata non tanto del pensiero economico di Renzi – il quale predilige lo slogan all’analisi – quanto una sintesi della visione di quel mondo di economisti, manager e intellettuali che si è coagulato attorno al sindaco di Firenze a partire dalle primarie 2012. A loro, coordinati da Gutgeld, il compito di costruire una visione dietro i “renzini”, come li chiama Maurizio Crozza, cioè le efficaci trovate comunicative di Renzi.
Gutgeld è un manager, arriva dalla società di consulenza McKinsey, oggi è parlamentare del Pd. E la sua ambizione è notevole: liberare la sinistra, o almeno il Pd, dai complessi di inferiorità degli ultimi 20 anni (da Tony Blair in poi gli ex comunisti sono in soggezione verso il mercato) e la sudditanza ai tecnici di questa lunga crisi (la politica economica non è solo un’insieme di best practice, ricette universali da applicare senza sgarrare, come quelle imposte in Grecia dalla Troika).
Gutgeld recupera nomi da tempo poco citati nel dibattito piddino, da John Maynard Keynes a William Beveridge, l’inventore del welfare state, al filosofo americano John Rawls (chissà se Renzi ha letto Una teoria della giustizia). Icone dimenticate di una sinistra liberale ma non liberista. La sintesi di Gutgeld è questa: serve più uguaglianza, solo così l’Italia può ritrovarsi, ma non si può usare la tradizionale leva amata dalla sinistra, cioè la spesa pubblica, e quindi bisogna inventarsi qualcos’altro. Il caso delle pensioni è quello che farà più discutere: “La parte della pensione non coperta da contributi, almeno per chi percepisce pensioni alte, è, difficile negarlo, un privilegio perfettamente non giustificato”.
Chi è andato in pensione con il sistema retributivo (cioè basato sugli ultimi stipendi) riceve assegni coperti solo in parte dai contributi versati, la differenza è scaricata sulle spalle dei pensionati di domani, quelli che lavorano oggi. Per Gutgeld la soluzione è questa: tagliamo le pensioni sopra i 3500 euro e usiamo la differenza per finanziare la creazione di asili nido. Con l’idea che sia necessario abbandonare il modello dello “Stato bancomat”: alle persone servono servizi, non mance, sostiene Gutgeld. Chi ha un familiare anziano a casa ha bisogno di assistenza, non di poche centinaia di euro con cui pagare in nero una badante. Tutto l’impianto dell’assistenza va riformato, inclusi gli assegni di accompagnamento per l’invalidità: “Passare da un modello di servizio basato su trasferimenti monetari a un modello basato su un servizio di assistenza vera, assegnato sulla base di un bisogno reale accertato da un assistente sociale”.
Ma se lo Stato deve erogare servizi, invece che soldi, la macchina amministrativa deve essere molto efficiente. Ma applicare riforme di cui si discute da decenni e vincere vischiosità che hanno imbrigliato perfino la furia di Renato Brunetta sembra un compito troppo arduo per la coppia Renzi-Gutgeld. Il manager ha molte idee, su come organizzare la sanità, aggregare assieme tutte le risorse per il welfare oggi divise tra Inps, Comuni e Regioni, rendere la burocrazia meno cartacea. Quasi tutto è stato già tentato, o annunciato, senza grandi risultati. E l’approccio “questa volta è diverso” di solito riserva delusioni.
L’efficienza non basta per trovare i soldi per le proposte del libro, la più nota è l’architrave della Renzinomics: 200 euro a chi ne guadagna meno di 2. 000, riducendo l’Irpef. I tagli devono partire dall’esercito (settore che Gutgeld conosce, ha aiutato a riformare quello israeliano). E poi bisogna far pagare gli evasori, primo passo per essere “più uguali, più ricchi”, come dice il titolo del libro. Gutgeld recupera un altro nome rimosso dal Pd, quello di Vincenzo Visco: quando guidava lui la lotta all’evasione fiscale, lo Stato ha incassato 23 miliardi in più, tra 2006 e 2007. Rottamare la cultura economica del Pd di questi anni, però, sarà più difficile che cambiare le facce in Parlamento.
Twitter @stefanofeltri
Il Fatto Quotidiano, 12 novembre 2013