A giugno la storica mensa universitaria di Torino situata accanto a Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche, ha chiuso i battenti. I tagli della Regione hanno fatto lievitare il costo del pasto, 7.5 euro per primo e secondo, e sempre più studenti hanno preferito rivolgersi alla ristorazione privata per risparmiare qualcosa. Oggi la mensa è stata riaperta in autogestione con prezzi popolari in aperta sfida al governatore Roberto Cota e al sindaco Piero Fassino: due euro e mezzo per un piatto caldo e un’insalata. “Due anni fa il nostro sindaco è stato eletto – spiega uno studente – anche grazie a un disegno di città universitaria, peccato che oggi però stia cacciando gli studenti”. A Torino ci sono circa 100mila universitari, quasi un abitante ogni 9. Le amministrazioni, su cui gravano i tagli dello Stato centrale, hanno ridotto i servizi legati all’istruzione ed esternalizzato il più possibile. “La mensa era gestita da una ditta – racconta uno degli occupanti – che vuole fare profitto e questo è difficilmente conciliabile con il diritto allo studio” di Cosimo Caridi
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