Diciamo subito che chi minaccia di morte qualcuno, allo stadio, a scuola o per strada, commette un reato e va dunque perseguito secondo la Legge, senza se e senza ma. Detto questo però, sarebbe interessante capire come si è arrivati ai fatti di Salerno. Da assiduo frequentatore dello strano mondo della domenica provo a dare la mia opinione, discostandomi un po’ dallo straziante grido di dolore levatosi, forse interessato, in tutte le trasmissioni sportive e non solo.
Si cominciò con il biglietto nominativo il cui acquisto prevedeva, e prevede tutt’ora, l’esibizione di un documento di identità, l’assegnazione di un posto numerato e il divieto per i tifosi ospiti di accedere ad alcuni settori dello stadio. Nonostante queste limitazioni, unite all’istituzione di aree di pre-filtraggio fuori dagli impianti, seggiolini numerati, perquisizioni minuziose all’ingresso e altre alchimie incomprensibili, i violenti continuarono indisturbati la loro opera demolitrice.
I nostri legislatori partorirono allora la famigerata tessera del tifoso, una sorta di schedatura di massa, indispensabile per poter assistere alle partite esterne della propria squadra. Un’idea geniale. Mi è capitato di entrare allo stadio con figli al seguito e dover sfilare davanti alla telecamera della Digos, tenendo vicino al volto in una mano la carta d’identità e nell’altra la famosa tessera. Oppure ho assistito a scene esilaranti ai botteghini, dove veniva negato l’acquisto del biglietto ad un signore nato nella vicina città della squadra ospite, anche se cresciuto e vissuto da sempre in quella ospitante.
Risultato: stadi progressivamente svuotati e violenti sempre indisturbati come sopra. Ora nemmeno questo basta più. Agli irriducibili che subendo queste prevaricazioni si ostinano a voler seguire la propria squadra viene impedito tout court di farlo, punto. Si vietano trasferte, si chiudono intere curve perché cento stupidi hanno fischiato il calciatore di colore e così via.
Si tratta di veri e propri abusi, limitazioni gravi dei diritti individuali e collettivi, per carità, il Paese ha ben altri problemi, eppure fa specie che nessuna voce si sia levata in loro difesa, sorge il dubbio legittimo che altri siano gli obiettivi perseguiti da chi gestisce il circo pallonaro e sollecita certe misure.
Tutto ciò, infatti, fa male al calcio tanto, se non di più, quanto episodi come quelli accaduti domenica a Salerno. Non solo, è profondamente sbagliato e poco democratico, e rappresenta una vera e propria resa dello Stato che, incapace di individuare, giudicare e punire gli autori di reati, sanziona la maggioranza colpevole solo di non volersi rassegnare al divano e alle pantofole.
A questo punto, per eliminare in via definitiva il fenomeno della violenza, converrebbe chiudere per sempre gli stadi e accomodarsi tutti davanti al nuovo schermo piatto. Non sarebbero pochi quelli che ne gioirebbero.
di Pino Benincasa
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