Il Ferrara Day Surgery era stata colpito da interdittiva antimafia per pericolo di infiltrazioni della malavita organizzata. Ora il Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia Romagna respinge il ricorso dei contitolari Gligora
La sua attività era stata colpita esattamente un anno fa da interdittiva antimafia per pericolo di infiltrazioni della malavita organizzata. Il Ferrara Day Surgery, clinica convenzionata sorta nel 2009 nella periferia sud di Ferrara, aveva fatto ricorso contro quel provvedimento emesso dal Prefetto e che aveva avuto come conseguenze immediate il recesso da parte di Provincia, Asl e Regione (che aveva concesso alla struttura l’accreditamento) di ogni rapporto contrattuale.
In agosto il Tar della Calabria, chiamato a decidere su analogo provvedimento riguardante un’altra struttura dello stesso gruppo, si era espresso in maniera sfavorevole. Ora anche il tribunale amministrativo dell’Emilia Romagna respinge il ricorso dei coniugi Giuseppe Gligora e Maria Antonietta (sui quali non pende alcun provvedimento penale), contitolari della clinica attraverso la della Services Group s.a.s.. E le sedici pagine di motivazioni parlano di rapporti di parentela e operazioni sospette a corredo della “possibilità che l’attività di impresa agevoli, anche in maniera indiretta, le attività criminali, o ne sia in qualche modo condizionata”.
Già il Tar calabrese aveva parlato di “accertate violazioni delle norme sulla tracciabilità dei flussi finanziari”, di “ingenti disponibilità economiche, finanziarie ed immobiliari, che appaiono incongruenti rispetto alle apparenti fonti reddituali dei coniugi Gligora” e di “un improprio ricorso all’uso del contante, circostanza questa che mal si concilia con una lineare e trasparente gestione degli affari e delle società a lui riconducibili”.
Sulla falsariga di quelle conclusioni, e sulla base di una nota “particolarmente dettagliata” depositata dalla prefettura di Ferrara lo scorso 30 aprile, il tribunale amministrativo dell’Emilia Romagna evidenzia anche legami di parentela e frequentazioni riconducibili agli ambienti della ‘Ndrangheta. L’albero genealogico disegnato dai giudici parte dal figlio dei Gligora, genero di Francesco Scordo, ex sindaco di Africo (in provincia di Reggio Calabria) destinatario di una informativa interdittiva in relazione alla propria azienda agricola. Scordo è anche gravato da precedenti penali, oltre ad essere coniugato con la sorella di Leo Morabito, condannato a 30 anni per associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. Ma le strane amicizie non finiscono qui. Il Tar mette in risalto anche “la sussistenza di sporadiche frequentazioni di Giuseppe Gligora con soggetti segnalati per diversi reati (tra cui estorsione e usura, ndr) e che alcuni dipendenti della Services Group s.a.s. risultano avere rapporti di stretta parentela con soggetti detenuti per associazione di tipo mafioso e ritenuti contigui a cosche di ‘ndrangheta”.
Un altra relazione pericolosa è quella con Arpah, associazione per la ricerca sulla problematica degli anziani e handicappati, che fa capo sempre ai coniugi Glilora. Alcuni suoi dipendenti “risultano avere rapporti di parentela e/o affinità con soggetti gravati da precedenti penali oppure detenuti”. Ai motivi legati a parentele e frequentazioni si aggiungono quelli relativi alle violazioni amministrative accertate, che hanno visto Gligora corrispondere nel 2004, in contanti, la somma di 140.000 euro per l’acquisto di un fabbricato per conto della Services Group s.a.s., mentre Antonietta Scriva ha corrisposto, sempre in contanti, 48.000 euro alla Services Group per l’acquisto di un immobile da parte della società.
Argomenti che danno “un quadro distorto” della realtà secondo i legali che hanno firmato il ricorso, gli avvocati Ugo e Marco De Nunzio: le perdite di esercizio della Ferrara Day Surgery (2.823.598 euro, per la maggior parte dovute a disavanzi di gestione) sarebbero precedenti all’acquisto delle quote sociali da parte del ricorrente; i coniugi Gligora, operando da anni nel settore dell’imprenditoria sanitaria e avendo un reddito personale parti a circa euro 150.000, riuscirebbero a ottenere ampio credito finanziario presso gli istituti bancari; i dipendenti dell’associazione Arpah non opererebbero più presso la struttura.
Quest’ultimo aspetto, secondo i legali, dimostrerebbe la volontà dei Gligora di dissociarsi “dai tentativi di ingerenza criminale”, comportamento “dimostrato attraverso le denunce di tentativi estorsivi ed intimidatori di cui sarebbe stato vittima”. Motivi non sufficienti secondo il Tar, dal momento che “l’informativa antimafia – scrivono i giudici Giancarlo Mozzarelli, Bruno Lelli e Umberto Giovannini – non deve provare l’intervenuta infiltrazione o il condizionamento, ma solo dimostrare sufficientemente la sussistenza di elementi dai quali è deducibile il tentativo o il rischio di ingerenza ancor prima del suo concreto realizzarsi”.