Fuggire, scappare, oppure semplicemente cambiare vita, possono anche essere il frutto di una ricerca meticolosa, durata anni. Una piccola odissea per scovare, nel mondo, il posto che più ci aggrada. Questo è successo a Francesco Bove, farmacista lombardo, che ora vive e fa il suo lavoro a Guadalupa, nel mar delle Antille, insieme a quello che, per la legge di molti Paesi del mondo, è suo marito. Ma non per l’Italia. “Nel 2006 l’ho visitata per la prima volta assieme a quello che sarebbe diventato in seguito il mio attuale marito, per poi tornarci altre due volte. Gli anni passarono e noi continuammo a viaggiare – continua Francesco – un po’ in tutto il mondo, fino a sposarci in Canada. È stato sufficiente presentarci in municipio, con i documenti di identità, due testimoni, compilare i moduli, pagare le tasse, ricevere i complimenti e le felicitazioni da tutti gli impiegati comunali, per poi scegliere la data della cerimonia. Noi ci siamo sposati il giorno successivo e i nostri testimoni canadesi ci hanno accompagnato, durante la settimana che ci rimaneva, per un indimenticabile tour del Québec”.
Poi, appunto, la scelta: Guadalupa. “E qui, essendo territorio francese, il nostro matrimonio è riconosciuto. Così come la mia laurea, quindi non ho dovuto fare interminabili trafile burocratiche come nei paesi al di fuori dell’Unione europea. Anche il mio consorte continua a fare il suo lavoro, il web designer: segue i suoi clienti italiani e ogni tanto, infatti, lo trovo al telefono alle quattro di mattina a causa del fuso orario”, dice Francesco, sorridendo. Dopo aver lavorato per dieci anni in una farmacia comunale di una città dell’hinterland milanese, quindi, per lui e per suo marito ecco la scelta di un’isola da cartolina, con le palme e il mare cristallino. “E persino un vulcano – aggiunge – che spero rimanga tranquillo il più a lungo possibile”. Non che a Francesco stesse stretta l’Italia: “Ho sempre pensato di abitare in un Paese meraviglioso – continua – seppur con tutti i suoi difetti. Credo che al mondo non esistano luoghi tanto affascinanti come l’Italia, sotto tutti i punti di vista: culturale, territoriale, enogastronomico, linguistico. Sono fermamente convinto che vivere in Italia sia un privilegio che pochi hanno la capacità di apprezzare. Ed è anche per questo che ci ho vissuto quarant’anni”, scherza. “Eppure – riprende – me ne sono andato per prima cosa perché penso sia sbagliato fossilizzarsi in un posto. In linea generale, la natura non premia quasi mai l’immobilità e men che meno la stanzialità. Viaggiare è affascinante e ti aiuta ad aprire la mente, a capire come la gente ragiona, a diventare più tollerante, a far funzionare i neuroni atrofizzati dopo mesi di lavoro più o meno ripetitivo, ti arricchisce. Tuttavia può capitare che arrivi a un certo punto della tua esistenza in cui ti rendi conto che stai vivendo i tuoi viaggi da turista e non da protagonista. E di conseguenza incomincia a venirti la voglia di cambiare”.
Ecco, appunto, il progetto meticoloso. “Non ho deciso di punto in bianco, a quarant’anni suonati, di trasferirmi dall’altra parte del pianeta. E’ stato il risultato di un lungo lavoro di ricerca e di studio sui possibili luoghi dove spostarsi. Molti sono infatti capaci di dire ‘mollo tutto e me ne vado’, ma un conto è affermarlo e un conto è metterlo in pratica. Poi è arrivato il grande momento – continua – con un biglietto di sola andata, una valigia con il minimo indispensabile e siamo partiti”. Per Francesco, la ricerca del lavoro è stata facile: “Ho inviato il mio curriculum alle farmacie dell’isola e, nel giro di qualche mese, ho ricevuto le prime risposte. Ho superato alcuni colloqui e così è andata”. Scelta consapevole, quindi, che forse nulla ha a che fare con il viaggio della speranza a cui molti italiani devono andare incontro. “Mi sento di dire che la nostra non è stata una vera e propria fuga, anche se eravamo obiettivamente stanchi di stare dove eravamo. Abbiamo semplicemente deciso di andare a vivere altrove, in un bel posto, magari solo per qualche anno, chissà. Magari per tutta la vita. Vedremo. Ma, francamente, non mi è mai passato per la testa di tornare in Italia: ci abbiamo impiegato quarant’anni per andarcene, otto dei quali per organizzarci, e non pensiamo minimamente di tornare sui nostri passi”.