Rottamare la Lega Nord e tornare agli stati nazione che esistevano prima dell’Unità d’Italia. La pensa così Elena Bianchini Braglia, da molti già definita la nuova pasionaria leghista alla testa dei Comitati Confederati. Riuniscono i leghisti delusi, e non solo, e tenteranno di influenzare i prossimi cinque candidati del Carroccio in cerca di firme per diventare segretari. “E’ un’esperienza che parte dal basso, aperta a tutti, sia interna che esterna alla Lega, una realtà politica che vuole affiancare il partito ma non farne parte”, spiega al fattoquotidiano.it Bianchini, 40 anni, autrice di saggi storici. “Se non cambiamo subito, in fretta e in modo radicale – prosegue – ci attesteremo a percentuali irrisorie. Abbiamo bisogno di un rinnovamento generazionale totale e di un ritorno alle origini del leghismo”.
Dieci i punti dei Comitati, riassumibili in almeno due priorità: “In primo luogo il segretario federale non deve più andare a Roma”, dice. “Chi finisce là, invece che combattere il sistema, ne fa lentamente parte. Più di dieci anni di governo con il Pdl lo dimostrano. Secondo, al massimo gli eletti devono fare due mandati. Bisogna smetterla con questa cultura di voler far parte a tutti i costi della classe politica che governa”. Ma non c’è più bisogno di federalismo o devolution, né tantomeno di Padania: “A titolo personale penso che debba cambiare l’assetto istituzionale del paese. Dobbiamo tornare alle formazioni statutarie pre Risorgimento con il Gran Ducato di Toscana, il Ducato di Parma e Piacenza, Modena assieme a Reggio, forse Lombardia e Veneto non insieme, ma questo è da valutare. Immagino una seria confederazione simile al modello elvetico. Questa è la vera Italia pluralista. I primi a guadagnarci sarebbero proprio gli abitanti del Meridione, fregati da un’Unità d’Italia violenta e sopraffattrice da parte di Cavour e dei piemontesi che li ha distrutti corrompendone le classi dirigenti”.
Il segreto della conoscenza storica e della ricetta politica del cambiamento sta nella pubblicazione nel 2011 del volume Le origini della casta – Il Risorgimento del malaffare che in copertina ha pure la Banda Bassotti: “Se si guarda bene i Bassotti oltre a rubare fanno cadere dalle mani una scia di dobloni per terra. Volevo simboleggiare le ruberie, ma anche lo sperpero dell’Italia risorgimentale e dell’accentramento romano. Spero che la Walt Disney non mi quereli per l’uso di un loro personaggio”. La rottamatrice della Lega, risoluta e diretta, attacca gli ex alleati di destra (“più che ad allearmi col Pdl, guardo con simpatia ai movimenti autonomisti baschi e catalani”) e guarda al futuro della Lega: “Bossi? E’ stato un grande, ma il suo tempo è finito. Maroni? Con la scopa si leva via giusto la polvere, non ha fatto per niente pulizia nella Lega”. Su Grillo, invece, dice: “Mi piace, dà voce al disagio ma i programmi vanno concretizzati”. Infine Renzi che “verrà schiacciato dal suo stesso carro pieno di tutti quelli che in poche settimane ci sono inaspettatamente saliti sopra”.
L’obiettivo di Bianchini e dei suoi Comitati è influenzare il futuro segretario del Carroccio (“non sto con nessuno, se non con chi accetta i punti del nostro decalogo”) cercando perfino di ristabilire un po’ di cultura di genere: “Dare dell’orango al ministro Kyenge (modenese come lei, ndr) è maleducato oltre che controproducente. Va rispettata come persona, anche se la sua politica sull’immigrazione non ci rappresenta. L’accesso dei clandestini in Italia va regolato altrimenti diventa un fenomeno dannoso prima di tutto per loro che vengono sfruttati”. Tra una battaglia e l’altra per modernizzare la Lega, Bianchini si concede anche una digressione su un saggio da lei scritto ed edito per Mursia, Donna Rachele: “Per carità non è un libro su Mussolini, un fascista ne rimarrebbe deluso. E’ semplicemente un saggio storico su una donna protagonista della storia, una vita umanamente incredibile: amò suo marito alla follia, fu gelosa solo di due amanti del Duce – Sarfatti e Petacci – ma mise il valore della famiglia al di sopra di tutto”.