Gli agenti del commissariato di Rho hanno smantellato un'organizzazione di quattro fratelli che controllava lo spaccio nel paese di Passirana. L'intera zona era controllata e i residenti vivevano nella paura
Quattro fratelli e un regno. Piccolo piccolo, ma controllatissimo. Una corte trasformata in piazza di spaccio. Chi ci abita vive terrorizzato. Intrappolato nella paura di quei ragazzi; milanesi, giovani, palestrati. Violenti anche. Esperti di boxe e arti marziali. Allenati a tirar pugni con quel sacco appeso fuori in balcone. E quando le botte non bastano, ci sono i cani. Animali addestrati per il combattimento. Un pit bull e un rottweiller da aizzare per intimorire e per farsi pagare la dose di roba. Erba soprattutto. Gli affari andavano avanti da mesi. Indisturbati, ma solo apparentemente, perché in via Casati 56 a Passirana, una piccola frazione di Rho, comune a nord di Milano, da settimane c’era un convitato di pietra: la polizia. Qui gli agenti del commissariato Rho-Pero coordinati dal dottor Carmine Gallo avevano piazzato telecamere e non solo. Si erano appostati, avevano visto, registrato, annotato lo spaccio. Un chilo di marijuana alla settimana. Tanto riuscivano a fare i fratelli Vasta (Salvatore, Mattia, Simone, Cristian. Tutti tra i 22 e i 26 anni), arrestati ieri per concorso in spaccio e trasferiti nel carcere di Busto Arsizio. Il loro business era goloso. Poi il blitz. Con due volanti che arrivano e chiudono la strada. Gli agenti in divisa entrano nella corte e suonano alla porta. Ma non è facile. Simone Vasta non ci pensa proprio a farli entrare. “Ci avete rotto i coglioni – dice agli agenti – con questi controlli. Ora vado a svegliare i miei fratelli”. Parole di minaccia che vengono fedelmente riportate nel verbale di perquisizione. Poco più di due pagine di annotazione che riassumono il senso e la dinamica dell’arresto. E così dopo Simone, tocca a Mattia Vasta che, sentita la polizia, si piazza davanti alla porta e urla: “Venite a dettare legge a casa mia?”
A quel punto agli agenti in divisa si affianca il gruppo degli ispettori. E’ in quel momento che i fratelli Vasta decidono di aprire la porta. Ma ancora oppongono resistenza. Hanno fatto palestra. Per anni. Sanno attaccare e difendersi. Non hanno paura e “si oppongono fisicamente – annota la polizia – cercando di intimorire gli operatori con atteggiamento minaccioso e provocatorio chiaramente finalizzato alla ricerca del contatto fisico”. Non è finita. Ci sono i cani. Da combattimento, robusti, cattivi. Un pit bull e un rottweiller. I Vasta li aizzano contro gli agenti.
Insomma, sembra la scena di un film e invece è un blitz anti-droga alle porte di Milano, la capitale italiana dello spaccio, dove ogni settimana atterrano circa tre tonnellate di cocaina. Spacciarla, poi, non è difficile. Basta un po’ di decisione. I boss, poi, non si oppongono. A loro basta essere pagati con una tangente e chiunque può vendere.
E vendono anche i fratelli Vasta. Gente non alle prime armi. Tutti hanno decine di precedenti alle spalle. Il blitz prosegue. E così mentre due fratelli alzano la voce con “gli sbirri”, gli altri prendono un borsone sportivo e lo cacciano sotto al letto. Dopodiché, neutralizzati i cani, gli agenti entrano. La prima cosa che si nota è “un fortissimo odore di marijuana che pervadeva tutto l’abitato”. L’appartamento è su due piani. Al secondo, gli agenti trovano il borsone. Dentro scoprono cento grammi di erba, diciannove dosi di droga già confezionate per lo spaccio al dettaglio e un bilancino di precisione.
Questa la storia. Piccola e violenta come il regno dei fratelli Vasta. Che dopo due ore al commissariato crollano e chiamano la madre. Solo il tempo di un saluto e vengono portati in carcere. Celle separate e “il divieto di parlare tra loro”.